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7° app. con la rubrica curata dal giudice Antonio Maralfa:''Avventure “beat” e… furti di benzina - parte 2''

7° app. con la rubrica curata dal giudice Antonio Maralfa:''Avventure “beat” e… furti di benzina - parte 2''


Avventure “beat” e… furti di benzina - 2^ parte
Era lecito attendersi dal Tribunale, postosi in contrasto con la decisione della Corte Suprema, l’approfondita disamina delle ragioni ben valide citate a sostegno della sentenza del dicembre 1964, la quale, affrontata la “vexata quaestio” della natura giuridica da assegnare ad episodi del genere, l’ha risolta decisamente con la qualifica di furto aggravato dal mezzo fraudolento.
Invece, neppure una parola a contrastare le argomentazioni della Cassazione che, ad essere franchi, sembrano del tutto ignorate.
Nessun cenno, ad esempio, al fatto che la dissimulazione del proprio stato di impotenza economica rappresenta uno degli elementi costitutivi del delitto di insolvenza fraudolenta, e che, in mancanza di prova in ordine ad esso, di insolvenza non è da parlarsi.
Nè può ritenersi, come fanno alcuni, che quest’ultima si configuri “in re ipsa” per il fatto di allontanarsi senza pagare: le deficienze istruttorie su detto elemento non possono evidentemente influire sulla qualificazione giuridica del fatto.
Non si è considerato che il caso di specie non rientra neppure nell’ambito della truffa, perchè, solitamente, chi ruba benzina a quel modo non pone in essere artifici o raggiri di sorta, dato che l’addetto al distributore concede il rifornimento a chiunque, dietro semplice richiesta.
Il Tribunale si è invece addentrato in una sottile disquisizione civilistica intorno alla natura del contratto di vendita al minuto di carburante, e, con argomentazioni di intendimento tutt’altro che agevole (almeno per lo scrivente), ha posto un’alternativa fra contratto consensuale, sottoposto a condizione risolutiva negativa, e contratto reale. Al termine del ragionamento ha concluso che si tratta di contratto consensuale, con trasferimento della proprietà e del possesso al momento della manifestazione del consenso e della specificazione, la quale si attuerebbe addirittura prima della consegna della benzina!
Il delitto di furto esulerebbe, quindi, per difetto della privazione del possesso e della violazione dell’altrui proprietà.
Una tesi siffatta mostra la sua infondatezza quando si rilevi che l’individuazione della cosa, che attua il trasferimento della proprietà nel contratto di vendita di cose generiche, non può ritenersi verificata se non con il concorso della volontà dei contraenti (art. 1378 cod. civ.). se l’alienante a tale specificazione non partecipa perchè non gli viene dato il tempo, questa che vendita è?
Appare di tutta evidenza come, ai fini dell’individuazione, sia indispensabile il concorso dell’alienante, quanto meno per conteggiare la quantità di benzina erogata e per fissarne l’importo, sia pure con l’ausilio del segnalatore automatico della colonnina.
E non si dica che la specificazione avviene con il mescolarsi della benzina a quella eventualmente presente nel serbatoio, oppure con l’avvitamento del tappo: non è la materiale posizione del liquido a determinare la proprietà od il possesso, ma la volontà, sia pure tacita, dei contraenti.
Esattamente, pertanto, le Sezioni Unite hanno ritenuto che trattasi di uno speciale contratto, nel quale deve escludersi il normale effetto traslativo della compravendita e deve riconoscersi che il trasferimento della benzina avviene soltanto con la corresponsione del prezzo. Fino a questo momento il carburante è nella disponibilità del distributore, ed allontanarsi all’improvviso senza corrisponderne l’importo costituisce furto aggravato.
Questi sono gli argomenti che il Tribunale avrebbe dovuto validamente contrastare per ribellarsi ad una decisione che faceva il punto sulla nota controversia. Siamo d’accordo che il giudice di merito non è vincolato ai pronunciati della Corte di Cassazione, anche quando decide a Sezioni Unite. È però altrettanto evidente che, nel caso di difformità di giudizio, occorra dare più che sufficiente contezza della propria decisione: contrariamente, si finisce per fare opera sterile e, alla lunga, sfavorevole alle stesse parti rimaste avvantaggiate in primo grado.
Buon per loro, in definitiva, che i tre capelloni, liberati dai fastidiosi e pesanti vincoli del carcere tranese, siano stati coattivamente rimessi sulla strada di casa, inneggiando – auguriamocelo! – alla tempestività ed alla moderatezza della giustizia italiana. Una ulteriore permanenza nel paese del sole li avrebbe precipitati sicuramente nelle noie del processo di appello (che dovrà discutersi fra breve), e, forse, di nuovo nelle nostre poco accoglienti galere, se avessero insistito nel fare “bidoni” ai poveri benzinari.


27/02/2013
Rubrica a cura del giudice Maralfa
26/10/2013
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