4° app. della rubrica ''L'importanza del saper comunicare e il linguaggio del corpo'' : ''La forza creatrice e trasformatrice delle parole''
LA FORZA CREATRICE E TRASFORMATRICE DELLE PAROLE
Parlare sembra essere l’attività principale della nostra esistenza: parliamo tanto, parliamo troppo, parliamo spesso in modo casuale e inutile, giusto per dire qualcosa e riempire con frasi banali un silenzio che ci fa paura. Quando, infatti, non riusciamo a scambiare qualche parola con chi ci sta di fronte, veniamo assaliti dall’ansia e cerchiamo di rimediare dicendo “qualcosa”, “qualunque cosa”, il più delle volte a sproposito. Viviamo immersi in un mondo votato alla comunicazione, alla chiacchiera, allo scambio di opinione sempre e dovunque: in famiglia, nella coppia, sul lavoro, in televisione, dove dominano i dibattiti e i talk show su qualunque argomento, in Internet, dove i forum di discussione e le chat lines sono sempre più affollati, sui nostri cellulari, con i quali dialoghiamo con il mondo usando il linguaggio essenziale dell’ sms. Eppure, oggi più che mai, nonostante si parli ovunque di comunicazione, sorgono sempre maggiori difficoltà in quella che invece dovrebbe essere un’attività spontanea, naturale, piacevole, gratificante: interagire con noi stessi e gli altri.
La filosofa indiana Vimala Thakar, allieva del saggio J. Krishnamurti, è molto chiara nel rivolgerci un avvertimento che dovrebbe spingerci alla riflessione: “ Chi comprende che il parlare agisce sull’intero essere, sarà molto sobrio nell’uso del linguaggio”. Come mai? Se la parola è energia, sprecarla o disperderla incautamente ci indebolisce, usarla con accuratezza e attenzione, al contrario, la conserva e ci rafforza. Se dunque è vero che parole e materia sono così strettamente collegate, al punto che le parole stesse sono ciò che genera la sostanza del corpo e del mondo, ne consegue che parole “sbagliate” possono dare origine a materia sbagliata, mentre parole “giuste” possono produrre benessere in virtù di uno scambio di energia di cui noi stessi possiamo essere soggetto attivo (comunicatore) o passivo (destinatario-ricevente). Per questo stesso motivo, parlarsi addosso, continuare a lamentarsi, autocommiserarsi, sono abitudini molto più nocive di quanto si possa credere: le parole del lamento nutrono i circoli viziosi del pensiero, creano confusione e ci incollano addosso una specie di “corazza emotiva” fatta di definizioni negative e pessimistiche, che con il tempo aderisce alla nostra pelle e ci fa vivere male.
Enorme e arcano è quindi il potere delle parole, la cui forza trasformativa può essere utilizzata per combattere quella convinzione, fin troppo radicata nel pensiero occidentale, secondo cui “qualsiasi cosa facciamo, in fondo la nostra vita non cambierà”. È questa un’ottica di predestinazione e di fatalismo contro la quale le parole possono fare molto. Tutto sta nel saperle utilizzare nella maniera giusta.
Di Vittorio Caprioglio
06/03/2013
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