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7^ puntata - ''Sulle Campagne'', prima parte

7^ puntata - ''Sulle Campagne'', prima parte


Sulle campagne - prima parte
Notizie più dettagliate sull'andamento dell'agricoltura a Molfetta, per il periodo preso in esame, si ricavano dalle Relazioni quadrimestrali, che le autorità comunali inviavano alla sottoprefettura di Barletta e che coprono, ancorchè con ampie lacune, un arco cronologico che va dal 1867 al 1915.
Sebbene il contenuto di questa documentazione presenti a volte dati contraddittori, certamente a causa del modo approssimativo di procedere al rilevamento, tuttavia risulta nel complesso una importante fonte di informazione non solo delle vicende agricole, ma anche dell'andamento meteorologico. Trascurando in questa sede quest'ultimo aspetto, sembra opportuno soffermarsi su alcuni momenti particolari e su aspetti della storia agraria molfettese che, pur essendo in buona parte noti, possono essere ricostruiti con maggiore ricchezza di dettagli, che mettono in evidenza
come essa non sia dipesa solo dalle vicende meteorologiche, bensì anche, e soprattutto, dagli orientamenti del mercato.128
La più rilevante delle contraddizioni attinenti all’attendibilità delle informazioni riguarda la superficie coltivata a vigneto e la produzione del vino; si è avuto modo già di segnalare la discrepanza tra i dati del 1867 e quelli del 1873-74. Nel 1883 si sottolinea «la più grande ristrettezza della estensione coltivata a vigne», ragion per cui non si è posta l'esigenza di creare vivai di viti americane «coltivate a scopo di commercio», anche a causa della «non molta apprensione che a Molfetta si fa della fillossera».129 Solo dell'agronomo Mauro de Iudicibus si dice che possiede 1000 piantine di Riparia, Cordifolia Mivia, Aestivalis Herbencourt per uso tutt'affatto privato. Nel 1889 Molfetta è invece considerata tra i centri «più viticoli di codesta provincia», anche se sul piano agronomico la situazione non risulta molto cambiata.130 Si riconosce, infatti, qualche anno più tardi che, per quanto concerne la varietà dei vitigni, «comecche la vite è antica, non vi è razionalità di scelta: puossi contare su di un miscuglio di 2/3 raspo, 1/3 bianco; in qualche piantagione giovane predomina il nero».131 Per comprendere le ragioni di annotazioni così diverse è necessario rifarsi a quanto è scritto nella Relazione del 22 novembre 1886:
«Imprendo con rincrescimento -afferma il sindaco- a dare a V.S. il ragguaglio dello stato delle campagne di questo Comune per la sconfortante condizione in cui si rattrovano. Una siccità prolungatissima, e che si può dire circoscritta ne' nostri dintorni, ha non solo rimpicciolita la già scarsissirna entrata delle olive, ma ha ridotto ancora gli alberi a dar poca speranza per l’anno a venire. I nostri terreni, per lo più olivetati, per varie ragioni non rendono da parecchi anni neppure le spese di coltivazione; ed i proprietari di campagne vi debbono aggiungere per sovrappiù il non scarso carico delle svariate contribuzioni. In altre città vicine del nostro Circondario si è avuto largo compenso nel prodotto delle uve. Ma nelle nostre terre, siccome la piantaggione delle viti è limitatissima, poco si è potuto trar profitto per questa via. (...) Onde la condizione finanziaria de’ possessori di terre qui dà seriamente a pensare per l'avvenire».132
E' dunque da intendersi, tenuto conto anche dei dati tratti dalla Relazione Presutti dei primi anni del Novecento, che, a fronte della limitata cultura del vigneto, la produzione enologica molfettese, legata alla produzione del circondario, risulta condizionata dalle vicende del mercato, di conseguenza la compensazione derivante dalla produzione delle uve poco può nel caso di crisi di produzione delle olive. I dati a disposizione non permettono di seguire i mutamenti degli interventi nelle scelte colturali. Un dato certo, al di là delle indicazioni contraddittorie, è quello relativo alla
limitata estensione della viticoltura, una scelta che si impone a partire dal ventennio precedente.
Quando al principio degli anni settanta si abbatte sull'olivicoltura molfettese una grave crisi, non si verifica per necessaria compensazione ulteriore sviluppo della viticoltura. Le incertezze del mercato spingono in direzione opposta.
«Sono tre anni in continuazione -puntualizza il sindaco nella Relazione del gennaio del 1871, riguardante l'anno colonico precedente- che questi proprietari si veggono sfuggire di mano la principale ricchezza delle nostre campagne: prima con una profonda gelata, che disseccò gli alberi, poi con l'apparizione di innumerevoli vermi nati dalla mosca olearia, che macerò i frutti, ed infine nel caduto anno 1870 la siccità e la neve hanno depauperato la principale risorsa di questi amministrati».133 D'altra parte l'estrema depreziazione del vino, il soverchio dazio che l'accompagna fanno sì che si riesca appena a ricavarne le spese occorrenti per la coltivazione, «onde che in ogni anno si veggono scapparsi dei poderi piantati a vigna; per cui anche per questa cagione il prodotto vinario qui diminuisce».134
Nelle Relazioni dell'anno successivo, il quadro non cambia, e non si vede come potrebbe: a dispetto della raccolta di uve «sanitose», che hanno dato mosti di buona qualità, non c'è da sperare in un proficuo ritorno finanziario per i coltivatori, poichè il prezzo dei vini è così «ostinatamente basso da scoraggiare ogni intrapresa», ragion per cui «le viti qui ogni anno diminuiscono scappate artificialmente, posciacchè il ritratto de’ vini non equipara le spese agricole e le imposte».135 Solo alla fine del 1872 si intravede una schiarita. Mentre perdura la crisi dell'olio, questa volta a causa di una produzione abbondante, che ha fatto venir meno le richieste dall' estero, «e principalmente dalla Francia, per cui questo genere rimane negletto, senzacchè possa rilevarsi dalla bassezza del prezzo in cui si giace da più tempo», al contrario per il vino si attiva una speculare dinamica di mercato, per cui a causa della scarsissima produzione, nonostante la cattiva qualità, per essere «di facile tendenza all'acidificazione», si registra una grande «estrazione per l'Estero e per il Regno, disortacchè il consumo nella città per tutto il corrente anno sarà minimo», ma, così stando le cose, con più ricche entrate per i produttori.136
La congiuntura favorevole alla viticoltura molfettese perdura anche nel 1873. La produzione del vino «è stata vantaggiosissima sì per la qualità che per quantità. La scarsità delle pioggie nella stagione estiva è stata cagione che il mosto sia riuscito molto spiritoso ed abbondante di parte zuccherina (...); la più gran parte, e la più scelta del vino prodotto è uscita fuori per incetta effettuita da commissionati francesi, svizzeri e dell'alta Italia».137 A causa delle stesse condizioni meteorologiche, la produzione dell'olio invece è stimata pari a un terzo della media standard, ma proprio la rarefazione del prodotto questa volta premia gli agricoltori con un «rincalzo di prezzi», tale da compensare le perdite subite.138 Gli anni settanta si chiudono con un raccolto di olio e vino «soddisfacentissimo», ma gli anni ottanta si aprono con un'annata negativa che, dopo qualche anno di entrate standard, si ripete per l'olio nel 1884, a causa dei danni provocati dalla comparsa della mosca olearia, mentre per quanto riguarda il vino le cose vanno decisamente meglio: da un lato «olive marcite, prodotto dell'olio superlativamente scarso, qualità pessima, prezzo assai vile, spesa enorme», dall'altro, per quanto concerne le viti, «un prodotto molto più abbondante del medio, di buonissima qualità, venduto a prezzi vantaggiosi per la ricerca venuta da’ consumatori dell'alta Italia»; ma, ciononostante, siccome a Molfetta l'entrata del vino è limitatissima, essa «non ha riparato che in minima parte l'enorme danno oleario».139
La crisi agraria, in particolare quella dell'olio, comincia a far sentire stabilmente i suoi effetti negativi, che si manifestano tanto nella «scarsa coltivazione, cagionata dalla mancanza de’ mezzi pecuniarii», quanto nell'avvilimento generale dei proprietari e fittavoli, che vedono compromesso anche il futuro, a causa delle non molto confortanti condizioni in cui si presentano gli uliveti, attaccati dalla «straordinaria e funesta» invasione della mosca.140
Certamente non sono rosee le prospettive di lavoro dei contadini nel corso dell'inverno 1884/85, «per la minore ricerca del lavoro», anche se per uno di quei paradossi che spesso si verificano nelle congiunture economiche, l'emergenza della mosca olearia, ponendo l'esigenza di affrettare i lavori, «ha fatto incarire potentemente la mano d'opera, disortacchè i contadini hanno potuto mettere in serbo delle buone sommette di risparmio».141
Il rialzo dei salari dei contadini è un aspetto che ritorna nelle relazioni successive, poichè diventa
esso stesso un elemento di crisi, in quanto scoraggia gli investimenti, penalizzati dalla mancanza dei
capitali, che si sono rarefatti a causa delle cattive annate. L' evidente contraddizione tra crisi degli
investimenti e miglioramento dei salari è risolta dall'affermazione che «i lavorieri sono molto
rincarati essendo cresciute le terre coltivate»: affermazione ambigua che evoca dei cambiamenti
negli assetti colturali non altrimenti documentabili e che potrebbero far pensare a tempestivi
dissodamenti, quantunque limitati per essere storicamente il territorio tutto coltivato , o a interventi
a favore di altre colture o della stessa viticoltura, nel senso di un ripristino delle superfici
abbandonate negli anni settanta.142
A distanza di un anno la consapevolezza di una crisi ormai grave e pressochè irreversibile si fa
strada. La situazione non è cambiata, complici la gelata dell'inverno e l'accresciuto prezzo della
manodopera; quest'ultimo fattore, in particolare, determina «la trascuratezza della coltivazione»,
giacchè i proprietari sono ormai scoraggiati e sembrano intenzionati ad abbandonare la cura degli
oliveti, poichè «da parecchi anni poco o nulla rendono»; si aggiunga lo svilimento dei prezzi,
dovuto alla scarsa richiesta degli oli di oliva in un mercato in cui si fa agguerrita «la concorrenza
de’ cresciuti olii di seme», ragion per cui il valore dei terreni risulta «grandissimamente scaduto».143
Quando nell'estate dell'86 si prende atto che la fioritura degli ulivi verificatasi nella primavera si è
disfatta, giacchè «l'atmosfera è addivenuta infesta, e le meteore le più ordinarie cagionano sempre nuovi danni», il senso irrimediabile della situazione è espresso in termini lapidari ed inequivocabili:
«è una vera crisi agraria quella che si subisce da noi».144
Negli anni successivi la crisi agraria comincia a far sentire i suoi effetti sul piano sociale. Già nella
primavera dell'87 si accenna alla diminuzione delle opportunità di lavoro determinata
dall'abbandono della coltivazione degli uliveti da parte dei proprietari, non remunerati ormai nelle
loro fatiche ed investimenti «dal mancato prodotto di varii anni», e soprattutto sfiduciati dalle
possibilità di ripresa, che risultano per il momento aleatorie, visto «l'indebolimento in cui si trovano
gli ulivi per la scarsezza dell'umore nutritizio».145 La situazione dell'agricoltura molfettese -si
ribadisce- è aggravata dal fatto che mentre «in altre città del nostro Circondario si è trovato
compenso nel prodotto delle uve, nelle nostre terre, quasi tutte olivetate, poco profitto si è potuto
ottenere dalla limitatissima piantagione delle viti».146 Queste considerazioni sono ribadite e rese con
più intensa drammaticità l'anno successivo in altra sede:
«Per brinate, per siccità, per mosca olearia il prodotto dell'olivo è mancato per otto anni. (...)
Quando il resto del Circondario vedea arricchite le sue fonti di ricchezza con le ubertose produzioni
vinicole, qui per olio mancato i fittaiuoli divenivano decotti, i fitti scadevano e la proprietà rustica
perdea sensibilmente l'antico suo valore».147
E' evidente che queste notizie non coincidono perfettamente con il quadro delineato da Gaetano
Salvemini nel suo famoso saggio su Molfetta del 1897. Non solo il periodo di floridezza (1872-84)
risulta ridimensionato e la crisi dell'olivicoltura si evidenzia più estesa nel tempo, ma rimangono
contraddittorie le indicazioni relative alla crescita della viticoltura che dai governanti locali viene
definita sempre come limitata, mentre Salvemini afferma che, a causa delle richieste di vino
provenienti dalla Francia, i cui vigneti erano stati rovinati dalla fillossera, «si misero allora a vigneti
vaste estensioni di terra, che prima erano a grano o a olivo o a bosco».148
Se si vuole prestar fede alle informazioni degli amministratori molfettesi, resta comunque da capire
perchè, dopo inequivocabili segni di crisi dell'olivicoltura, ancora scarsa rilevanza sia stata data alla
coltivazione della vite, sebbene questo tentativo, esperito nella vicina Giovinazzo, non abbia dato ai
produttori locali i risultati sperati, giacchè, «quando meglio speravasi in questa benchè non larga
trasformazione, è sopraggiunta la crisi del vino, la quale ha di molto peggiorata la nostra situazione
economica già abbastanza grave».149 Comunque stiano le cose, e per quanto limitati fossero i suoi
vigneti, Molfetta non potè sottrarsi a questa iattura e «la crisi del vino» divenne la crisi strisciante e
progressiva di un vasto settore sociale, testimoniata dai dati forniti dal Commissario regio nella sua
Relazione del 3 novembre 1920 al ricostituito Consiglio comunale della città, lì dove afferma che
fino al 1903 a Molfetta «vi era pletora di produzione di vino, tanto che in qualche anno il prezzo
oscillava fra le £.8 e le £.15 per ettolitro, ma Molfetta aveva allora oltre 2000 produttori invece dei
90 attuali», e soprattutto aveva visto ridursi considerevolmente già nel 1909 le superfici coltivate a
vigneto.150
Solo sul finire del 1889 si delinea uno spiraglio di speranza per l’agricoltura molfettese grazie alla
buona qualità dell'olio prodotto, anche se la quantità ha lasciato a desiderare, e alla buona annata
delle uve, la cui qualità ha attivato richieste dall'estero. Tuttavia, “le condizioni di queste classi
lavoratrici continuano ad essere critiche, perchè qui mancano i lavori o sono scarsi, sicchè l'inverno
si è presentato con lo stesso squallore dell'anno scorso".151
Che la prolungata siccità abbia compromesso seriamente le potenzialità agronomiche del territorio
molfettese appare chiaro in una Relazione annuale sulle condizioni morali e materiali del
Circondario, del dicembre dello stesso anno, lì dove si dice che la «siccità inarridì in modo [tale] il piccolo spessore dei nostri terreni che molti alberi perirono», ma i danni non riguardarono solo gli
ulivi e le viti, bensì anche «le piante annuali, ed in ispecie i seminati».152
L'apice della crisi agraria coincide con le ricadute della guerra doganale, anche se il 1889 ha visto
inaspettatamente una pronta ripresa del commercio del vino, «grazie alle richieste dei
corrispondenti esteri e nazionali», mentre nel 1888 esso «rimase così paralizzato che bene a ragione
poteasi chiamare la morta gora del commercio».153 La crisi commerciale del vino colpisce a cascata
non solo gli operatori direttamente interessati («i piccoli proprietari, i fittuari di vigneti, e gli
speculatori del piccolo commercio»), ma anche le altre classi sociali, per la reciprocità degli
interessi; investe pure, per una sorta di effetto domino, l'intero apparato economico e produttivo:
«Nel 1888 il commercio, le industrie passarono di fallimento in fallimento, che non risparmiò i
negozianti più ricchi ed accreditati i quali ritenevansi le colonne d'Ercole del credito. Di modo che
quando la crisi avvolse nelle sue spire inesorabili, tutti i rami della vita economica, la nostra città,
così attiva ed industriosa, assunse l'aspetto di città abbandonata. Nel 1889 si ripercossero le
conseguenze della crisi accentuata nell'anno precedente, sebbene con minor crudezza, e negli ultimi
mesi dell'anno, grazie al temporaneo rigoglio commerciale quelle conseguenze si sono in qualche
modo attutite ed in parte eliminate. Si può dire, senza tema di essere smentiti, che, meno qualche
eccezione, tutti i cittadini di qualunque gradazione sociale, economicamente, risentirono e risentono
tuttavia i brutti effetti della crisi».154


128
ACM, Cat. 7, vol. 17, fasc. 1/1. Per le notizie sull’andamento delle vicende meteorologiche cf C. PAPPAGALLO, Che
tempo fa? Notizie meteorologiche su Molfetta dalla seconda metà del Cinquecento alla fine del Novecento, «Studi
molfettesi», n. 6-8 (1998), p. 195-212.

129
ACM, Cat. 7, vol. 17, fasc. 2/1.
130
Ibidem, fasc. 4/4.
131
Ibidem, fasc. 3/2, Albo dei produttori di vino da pasto. 1893. Il principale produttore di vini fini neri è Domenico de Lago; tra i maggiori esportatori nell’ultimo quinquennio, soprattutto di rossi, sono ricordati Vito Balocco, Vincenzo Brudaglio, Maurizio Annese, Pasquale Spadavecchia, i fratelli Fontana. Destinazione: Veneto, Austria, Svizzera;
prezzo: 11-12 lire ad ettolitro.

132
Ibidem, fasc. 1/2.
133
Ibidem, fasc. 1/1.
134
Ibidem.
135
Ibidem, Relazioni dell’agosto e del dicembre 1871.
136
Ibidem, Relazione del gennaio 1873.
137
Ibidem, Relazione del dicembre 1873.
138
Ibidem.
139
Ibidem, Relazione del dicembre 1884. Va precisato che mancano le Relazioni relative agli anni 1875/79, ma da
informazioni relative all’allarme che per l’ordine pubblico suscita l’accresciuta disoccupazione nel biennio 1879-80, si può legittimamente arguire che almeno la fine del decennio non sia stata positiva: cf le note 71 e 72.

140
Ibidem.
141
Ibidem.
142
Ibidem, Relazione dell’aprile 1885.
143
Ibidem, Relazione dell’aprile 1886.
144
Ibidem, Relazione del luglio 1886.
145
Ibidem, Relazione del luglio 1887.
146
Ibidem.
147
ACM, Cat. 8, vol. 21, fasc. 3/4, minuta di lettera senza data, ma dell’ottobre 1880.
148
G. SALVEMINI, Un comune, p. 14.
149
ACM, Cat. 8, vol. 21, fasc. 3/4, Relazione sullo stato economico del Comune di Giovinazzo del 26 settembre 1888.
150
ACM, Cat. 16, vol. 1/15.
151
ACM, Cat. 7, vol. 17, fasc. 1/2, Relazione del dicembre 1889.
152
ACM, Cat. 7, vol. 17, fasc. 1/2. In questa Relazione di danno i seguenti dati relativamente alla produzione dell’olio per il 1888 e il 1889: 1888, produzione locale q. 4.440, « produzione forestiera dell’olio fabbricato a Molfetta q. 3.500», venduto q. 4.000, in deposito all’inizio del 1889 q. 3.940; 1889, produzione locale q. 8.900, «produzione forestiera dell’olio fabbricato a Molfetta q. 2.700», venduto q. 10.000, «deposito a tutt’oggi q. 1.600».
153
Ibidem. Questi i dati relativi alla produzione del vino per lo stesso biennio: «1888, produzione del vino dell’agro di Molfetta ett. 18.500, produzione forestiera di vino fabbricato a Molfetta ett. 45.000, totale ett. 63.500: venduto ett. 10.400, in deposito al principio del 1889 ett. 53.100; 1889, produzione dell’agro di Molfetta ett. 16.400, produzione forestiera di vino fabbricato a Molfetta ett. 35.000, totale ett. 51.400: venduto ett. 24.000, deposito a tutt’oggi ett. 27.400».


27/03/2013
Economia molfettese tra l'Ottocento e il Novecento a cura di Arcangelo Ficco