6^ puntata - ''Vivere nel colore''
VIVERE NEL COLORE
Il nuovo corso Mario Botta: «Per me che sono stato allevato con un rigore calvinista, il massimo era l'ocra. Ora mi sono ricreduto»
Struttura tubolare e seduta in lamiera, l'acciaio che dalla versione storica nera, grigia e bianca, diventa colorato. Così quest'anno è stato lo stesso architetto Mario Botta, autore nel 1982 della seduta La Seconda, a decidere di reinventarla attraverso la scelta di nove tinte diverse. Basta osservarle per rendersi conto che non si tratta dei toni primari, accesi e a volte persino sgargianti che si incontrano frequentemente nell'arredo ma di una tavolozza scelta in base a un pensiero. Punto di partenza, la riflessione sul suo modo di progettare, come racconta lui stesso: «Sono un architetto monocromo. Appartengo alla scuola della tradizione, dai puristi del Bauhaus ai calvinisti, per i quali il massimo era l'ocra, o gli organici dove il colore è la materia stessa. Non ho mai lavorato con i cromatismi perchè li ritengo un elemento sovrapposto». Ma poi la considerazione che la funzione degli arredi è altro: «Sono gli oggetti ad animare le architetture, assieme alle persone che si muovono al loro interno. Quindi perchè non colorarli?». Ed ecco la scelta fatta attentamente, tonalità individuate con cura, una per una: «Toni mediati, mai puri, tratti dalla palette di Le Corbusier: il suo azzurro pallido, i verdi polverosi, il giallo tenue». La struttura esile e la seduta traforata non hanno bisogno di tinte forti, sostiene: «Schiaccerebbero la forma. Se guardiamo la poltrona di Rietveld non cogliamo l'oggetto in sè ma l'insieme di colori». Una scelta concettuale, quella di Mario Botta (da cui è scaturita una collezione in serie limitata), ma basta guardare le ultime proposte di arredo per vedere che il ripensamento sul colore non è avvenuto solo qui. Turchese, cedro, verde mela, rosso corallo, arancio mango: «Mondi colore collegati a quelli vegetali, una realtà che trova la sua ragione d'essere in una vita biologica in evoluzione secondo i cicli naturali», afferma il sociologo Francesco Morace che individua la fine delle tendenze «chiuse», definite a tavolino: «Toni cangianti, mutevoli con il passare della giornata e delle stagioni. Vibrazioni, niente è netto e definito: come sono oggi le nostre vite». Ciclicità, cambiamenti cromatici in linea con il trascorrere del tempo: c'è persino chi riesce a raccontarlo in un unico arredo. Come la creativa Hella Jongerius che ha riletto il celebre attaccapanni Hang it all degli Eames modificando le sfere, da multicolor a "cangianti" in gradazione. Tre versioni, nella gamma dell'azzurro, del verde e del rosa-rosso, sfere che sfumano una dopo l'altra: «Trentaquattro colori che colpiti da cinque tipi di illuminazione, diversa in base alle ore della giornata, si modificano dando luogo a una palette variegata», spiega. Dimostrando quanto un colore possa essere «instabile» alla luce. E forse al nostro umore. Colori acidi, il verde: quest'anno ? sulla scia della moda ? dilagano anche nell'arredo. «C'è voglia di detox, disintossicarsi dal troppo, degli eccessi. Si cerca la freschezza dei toni fluorescenti, quasi da Supernova», argomenta Giulio Ridolfo, designer tessile e consulente del colore per firme dell'arredo come Kvadrat e Moroso. Poltrone da esterno che oscillano tra il giallo limone e verde mela, cariche ma non aggressive: «Anzi tranquillizzano, perchè rimandano a qualcosa a noi già noto», spiega Ridolfo. «Non ci soffermiamo mai a riflettere quanto il colore sia presente nella vita di tutti i giorni: basta solo guardare la frutta e la verdura che teniamo in cucina. Tinte vivide, che traggono vantaggio nell'essere accostate una all'altra». Giungla, savana, tropicalismi, in molti progetti di arredo il colore si intreccia a suggestioni lontane. «Colori selvatici alla Rousseau», li definisce Ridolfo che sottolinea un serpeggiare di atmosfere dal mondo della moda e dell'arte: «Tinte trasparenti, quasi acquatiche che ricordano le collezioni estive di Kenzo o le velature alla Klee». Certo, non è cosa nuova che la contaminazione con i paesi ai nostri antipodi ? primo fra tutti il Brasile ? sia un processo in atto: «Realtà biologiche naturali come una sorta di classificazione alla Linneo: una ricerca cromatica derivata da mondi che esploriamo con modalità culturali diverse dalle nostre», sintetizza Morace. Ma qui il colore si innesta con i materiali - semplici, a volte persino poveri o da riciclo - cui riesce a dare spessore e a volte persino nobiltà. Ed ecco il cristallo di Baccarat che quest'anno, nella collezione di lampade Fusion create dal duo brasiliano Fernando e Humberto Campana, diventa turchese e si mischia ad elementi vegetali «da riuso» come il bambù o la rafia. Ma c'è anche il sofisticato marchio Sawaya & Moroni, questa volta autore di una collezione di panche-sedute in lamiera piegata, rese vive e nobili dal colore che affiora dal motivo a bolli. Arredi dal colore ben usato: fine dell'impero dei bianchi, naturali e grigi? «Le tinte bon ton restano ma sfumano nei toni burro e rosa carne "bombardati" dai toni accesi», afferma Ridolfo. D'accordo anche Morace: «Vince il contrappunto, che non significa conflitto ma progressione ed evoluzione. Sicuramente è tramontata l'era delle presenze definitive». Insomma, colore vuol dire cambiamento. E, forse, un invito a sapersi proiettare nel futuro.
Di Nani Silvia
Fonte: Corriere della Sera
02/07/2013
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