8^ puntata - ''Commento dei sutra - parte 3''
LO YOGA, LE EMOZIONI.
Commento dei “sutra”
Sutra 49, II: (quarta tappa)
“Dopo aver padroneggiato l’asana, il pranayama è l’arresto del movimento di inspirazione ed espirazione”.
Quando si è raggiunta la stabilità della “posizione”, si può procedere all’arresto del respiro. Patanjali parla della sospensione della respirazione, ma il realtà il pranayama inizia con il rendere più ampio e ritmico il respiro. L’autore non spiega le innumerevoli tecniche respiratorie e i modi per giungere alla sospensione del respiro (probabilmente le tecniche erano trasmesse oralmente da maestro a discepolo).
Sutra 53, II:
“E l’idoneità della mente per la concentrazione (si sviluppa con il pranayama)”.
Il pranayama rende la mente capace di restare concentrata in un punto. In questo sutra l’intento dell’autore è di chiarire subito che il pranayama non è finalizzato a fornire una migliore ossigenazione del corpo (anche se questo si verifica), ma ad agire sulla mente per renderla concentrata.
Sutra 54, II: (quinta tappa)
“Il pratyahara è, per così dire, l’imitazione della mente da parte dei sensi, ottenuta ritirandoli dai loro rispettivi oggetti”.
Il pratyahara è la capacità di ritirare i sensi dalle stimolazioni esterne; in tale stato di coscienza anche la mente diviene introversa assieme agli organi di senso.
In questo modo, non intervengono distrazioni che disturbano il processo meditativo. Infatti, “quando la mente è in contatto con il mondo esterno non è consapevole degli aspetti più profondi della coscienza”. Il pratyahara è dunque uno stato fondamentale che lo yogi deve sperimentare per conoscere se stesso. Il sutra preso in esame evidenzia che in uno stato di concentrazione non solo si produce l’arresto del turbinio mentale, ma anche dei sensi.
Il pratyahara è uno stato in cui si sperimenta un intenso contatto con se stessi, con la propria essenza, che permette di comprendere in modo diretto come è meglio agire nel proprio cammino.
Sutra 1, III: (sesta tappa)
“La concentrazione (dharana) consiste nel fissare la mente in un posto”.
Si ha concentrazione quando si fissa la mente su un punto esterno (oggetto) o quando si fissa su un punto interno (centro del cuore, punta del naso, centro tra le sopracciglia, ecc.).
Al fine di una migliore comprensione è utile chiarire la distinzione tra le due forme di concentrazione evidenziate da Patanjali: ekagrata e dharana.
L’ekagrata è una forma di concentrazione esterna (ad esempio su un punto) ed ha come obiettivo l’arresto del flusso psicomentale. La dharana è concentrazione interna (ad esempio sul centro del cuore) ed ha come fine la comprensione. Si tratta di riuscire a fermare la mente su quello che si vuole comprendere. Da un punto di vista dell’esperienza, nella concentrazione, “c’è consapevolezza dell’oggetto, interrotta di tanto in tanto nel corso del processo. Questa consapevolezza può essere interrotta da un suono che proviene dall’esterno o da vari pensieri che vengono in mente. Pertanto dharana include la concentrazione della coscienza con delle interruzione”.
02/07/2013
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