AMMINISTRATORI E FUNZIONARI DEGLI OSPEDALI CIVILI - 3^ parte
Sul dovere di astensione dalle delibere.
L’art. 25 comma I della legge 17-7-1890 stabilisce: “Chi fa parte della congregazione di carità o dell’amministrazione di ogni altra istituzione pubblica di assistenza e beneficenza, non può intervenire a discussioni o deliberazioni, nè può prender parte ad atti o provvedimenti concernenti interessi suoi o dei parenti od affini sino al 4° grado, o interessi di stabilimenti da lui amministrati, o di corpi morali di cui avesse una rappresentanza, o di persone con le quali fosse legato con vincolo di società in nome collettivo o in accomandita semplice o di associazione in partecipazione”.
L’art. 17 della stessa legge stabilisce inoltre: “I contravventori agli art. 15 e 16 incorrono in una penalità pecuniaria dalle 50 alle 1.000 lire, nella decadenza dall’ufficio di componente la congregazione di carità o di amministratore di altra istituzione di assistenza e beneficienza e nell’obbligo del risarcimento dei danni; salve le maggiori pene quando siavi reato”.
“L’amministrazione ha diritto alla risoluzione del contratto”.
“Ov’ essa non faccia valere o non deduca la nullità, può farla valere o dedurla l’autorità politica”.
Non occorre spendere molte parole per precisare che siffatta astensione obbligatoria non riguarda esclusivamente gli amministratori investiti di voto o di poteri deliberanti (consiglieri o commissari prefettizi straordinari) ma anche coloro che siano investiti dall’obbligo di partecipare al procedimento di formazione e di emanazione degli atti di delibera, come il direttore amministrativo.
L’importante funzione consultiva che questi svolge e la corresponsabilità con gli amministratori sancita dall’art. 32 n. 5 della legge 1890, impongono innegabilmente allo stesso direttore amministrativo il vincolo di astensione, il fondamento del quale riposa sulla necessità di evitare situazioni di conflitto tra gli interessi dell’ente e quello dei suoi organi.
D’altra parte l’ampia dizione della norma, che contempla genericamente “chi fa parte dell’amministrazione”, non autorizza affatto a ritenere esente dall’obbligo predetto il funzionario di grado più elevato dell’amministrazione stessa, per legge obbligato a fornire la sua attività consultiva nelle delibere. Se la norma avesse voluto riferirsi ai soli componenti del consiglio di amministrazione lo avrebbe detto espressamente.
Va però opportunamente precisato che i rilievi in ordine all’astensione obbligatoria, la violazione della quale profila chiaramente il delitto di interesse privato, non esauriscono la problematica inerente a tale reato, la quale involge la valutazione di altri doveri di astensione (astensione cosiddetta “facoltativa”), che si fondano sulla possibilità di conflitto fra gli interessi dell’amministratore e quelli dell’ente di natura diverso da quelli contemplati dal citato art. 15 legge 1890, nonchè sulla volontà del soggetto agente di associare all’atto pubblico un suo interesse privato, anche se questo per avventura non riguardi direttamente la persona dell’amministratore o di un suo congiunto entro il 4° grado.
Dr. Antonio Maralfa
Sostituto Procuratore della Repubblica




20/09/2013