10^ puntata - ''Hombre, che parmigiano!''
Hombre, che parmigiano!
“Il parmigiano non nasce dal latte, ma dalla terra. Perchè è da lì che arriva tutto. A partire dall’alimentazione degli animali.” Umberto Panini
“Mio padre Umberto ha lavorato con impegno e passione per fare un Parmigiano Reggiano di qualità. Per me è un onore potervi raccontare della mia famiglia e della nostra azienda agricola”.
Ecco come ci accoglie Matteo Panini. È mattina presto, ma lui è pronto per farci visitare l’allevamento e la produzione del Parmigiano Reggiano a marchio BioHombre. L’azienda porta il soprannome che Umberto si guadagnò in Sudamerica, e precisamente in Venezuela, quando negli anni ‘50 vi emigrò come operaio di una compagnia petrolifera.
Dal grande cancello d’ingresso un viale alberato conduce all’azienda; si respira un’aria da fattoria emiliana di una volta, con ampie costruzioni tipiche della zona e spazi aperti a vista d’occhio. Trecento ettari, di cui duecentoventi in corpo unico. Le colture sono scelte in base al fabbisogno del bestiame da latte.
La rotazione agraria è semplice e basata su poche coltivazioni; la principale è la foraggiera per eccellenza, l’erba medica, che assorbe il 50% dell’estensione terriera. Per il resto si coltivano cereali e leguminose come orzo e pisello. La mandria è composta da 640 vacche, di cui 240 in mungitura. Le razze sono Frisona Italiana e la famosa Pezzata Rossa che, grazie alla caratteristica di rusticità, migliora la qualità organolettica del latte destinato alla trasformazione in Parmigiano Reggiano. Le mucche sono libere di muoversi al pascolo e, quando serve, sono curate con prodotti veterinari omeopatici per garantire l’assenza di residui farmacologici nel latte. L’azienda si è sviluppata nei primi anni ‘80, ma già nel 1986 era a ciclo chiuso autoproducendo il foraggio per le vacche che davano il latte, lavorato nello stesso posto, appena munto.
“La famiglia Panini viene dalla campagna di Maranello” riprende Matteo. “Da una parte c’erano i proprietari e dall’altra i mezzadri o conduttori di terreni come i Panini. Tutta l’economia di questa zona era basata su questa divisione gerarchica. Quando ha avuto la possibilità, a mio padre è sembrato giusto comperare della terra e un po’ di animali, perchè la natura è sempre stata la sua passione.
Una vacca ha 9 mesi di gestazione, il Parmigiano necessita di 2 anni di stagionatura. Tutto il processo è governato dalla natura e dal tempo; tu come uomo non lo puoi controllare o modificare.
L’agricoltura biologica l’abbiamo iniziata al principio degli anni ‘90. Per noi è stato un passaggio relativamente semplice, perchè avevamo la forza dei terreni nostri, con cui potevamo produrre fieno e cereali biologici.
Perciò, nel 1992 abbiamo certificato biologica la terra, poi abbiamo cominciato ad alimentare gli animali con ciò che producevamo, fino a che, nel 1996, abbiamo prodotto il primo Parmigiano Reggiano 100% biologico. Abbiamo una filiera garantita, perchè siamo quasi completamente autosufficienti. D’altra parte, questa voglia d’indipendenza è sempre stata nel percorso imprenditoriale di mio padre.
Lui diceva sempre: io voglio essere sicuro che i miei animali abbiano una razione alimentare perfetta e questo lo posso garantire solo io. Oggi noi siamo in campagna, ma la città si muove nella nostra direzione, con tutti i problemi e le complessità che porta. Non dimentichiamo che siamo nel cuore dell’Emilia e in una zona in cui ci sono moltissime DOP: il Lambrusco, l’Aceto balsamico, il Parmigiano… Quindi noi agricoltori e allevatori che produciamo DOP siamo anche custodi, difensori del nostro territorio e delle nostre tradizioni. Il biologico in più mantiene intatto il paesaggio. Il 10% dei nostri 310 ettari per esempio non è coltivato, ma è fatto di boschi, siepi, alberi. Hai un piccolo mondo e lo devi difendere dalla cementificazione.
Io sono l’ultimo di 4 fratelli. Gli altri hanno preso altre strade, come per esempio la Panini editore (quella delle figurine famose in tutto il mondo n.d.r.). Io sono l’unico che si occupa attivamente del caseificio Hombre; mio padre viene ancora, ma non tutti i giorni. Anche se ci vuole tanta dedizione, impegno, costanza e pazienza, sono molto soddisfatto. Ma certi giorni è dura. Perchè tu puoi lavorare bene, avere un buon latte, un bravo Casaro e fare tutto quello che c’è da fare e che hai sempre fatto per produrre un ottimo parmigiano. Ma questo lo sai dopo due anni di stagionatura; quando viene quello del Consorzio del Parmigiano a verificare se il tuo prodotto va bene o no. Anche se tu non hai cambiato niente perchè bisogna considerare altre condizioni, molte variabili e non controllabili dall’uomo! L’anno scorso abbiamo avuto 75 tra controlli e ispezioni varie. Io dico sempre, come battuta, che se fossero un album di figurine, noi l’avremmo completato! Finora non abbiamo mai avuto grossi problemi, anche se a me piace essere criticato perchè così ho la possibilità di migliorare. Ricordatevi che ci vogliono 310 ettari di terreno, 500 vacche e 15 collaboratori per fare 12 forme di parmigiano al giorno, che in un anno fa circa 4380. Mica bruscolini!”
26/09/2013
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