18^ puntata - ''LE PAROLE DALLE QUALI TENERSI ALLA LARGA - 1^ parte''
LE PAROLE DALLE QUALI TENERSI ALLA LARGA - 1^ parte
Tramite le infinite diramazioni nervose di questo percorso fisico-chimico, dunque, la parola “si fa carne”: penetra in noi, circola insieme al sangue e alla linfa e ci fa feconda, plasmandoci a… sua immagine e somiglianza! Attraverso il cervello e i visceri, la parola diventa parte integrante di ciò che siamo e contribuisce a formare ciò che saremo.
Per questo, lo ripetiamo ancora una volta: le parole sono importanti. Dobbiamo sceglierle con estrema cura. Le parole sbagliate, infatti, sono causa di tutta una serie di effetti collaterali, più o meno spiacevoli e dannosi (nei prossimi capitoli ne esamineremo alcuni). A questo punto, però, qualcuno potrebbe giustamente domandarsi quali sono, in definitiva, queste “parole sbagliate” così pericolose. Per cominciare possiamo individuarne cinque tipi.
1. Le parole che qualificano e condannano. Una parola, una frase, un modo di dire (e di descrivere) ripetuti continuamente in riferimento a qualcuno hanno lo stesso significato di una “condanna”.
Pensiamo, per esempi, agli epiteti o soprannomi affibbiati spesso dai genitori ai figli piccoli, del tipo “la mia cicciottella” detto a una bambina non magrissima, o “il mio piccolo pauroso”, ripetuto a ogni piè sospinto a un bimbo timido, sono una sorta di marchio indelebile di cui la personalità dei figli, crescendo, non riesce più a liberarsi.
La “condanna”, in pratica, attraverso l’etichetta verbale si inscrive nel presente per sancire il futuro del piccolo secondo un meccanismo di imprinting che agisce in profondità.
In che modo? Vediamo un caso tipico: vi sono bambini che non amano farsi baciare dagli adulti. I genitori, automaticamente, ritengono di doverli “giustificare ” in pubblico, magari dicendo che sono “molto scontrosi”. I bambini, a loro volta, a furia di sentirselo ripetere, finiranno per convincersi di esserlo e, se ancora “molto scontrosi” non sono (come di fatto è probabile che sia), lo diventeranno senz’altro: ossia, assumeranno la “forma” che è stata loro imposta attraverso il bombardamento di parole.
Il consiglio. Soprattutto con i bambini, evitiamo di usare le parole come sprone per cambiare, in particolare quando siamo in pubblico. È una tattica che non funziona, perchè ogni parola che li qualifica, nel bene o nel male, li allontana dalla loro vera essenza. Lo stesso meccanismo vale anche con gli adulti, che tuttavia – a differenza dei più piccini – hanno qualche strumento in più per difendersi. Tuttavia, come vedremo, soprattutto nei rapporti di lavoro, usare ripetutamente nomignoli (“Sei il fantozzi del nostro ufficio”) o fare rimproveri plateali (“Anche questa volta non hai capito nulla!”) ha per effetto una diminuzione dell’autostima.
Di Vittorio Caprioglio
20/10/2013
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