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3^ puntata - ''Dati sull’attività del Monte di Pietà (XVI-XVIII sec.) - 2^ parte''

3^ puntata - ''Dati sull’attività del Monte di Pietà (XVI-XVIII sec.) - 2^ parte''


Spese per la liberazione dei prigionieri dal 1598 al 1673 (I dati sono espressi in ducati e grana)

Anni | Esborsi
1614 | 100
1616 | 100
1619 | 100
1623 | 100
1636 | 100
1649 | 170
1650 | 75
1651 | 25
1659 | 100
1660 | 150
1661 | 210
1663 | 125
1664 | 123.20
1665 | 155.59
1666 | 101.80
1668 | 100

Evidentemente gli esborsi sono direttamente proporzionali al tempo trascorso dalla battaglia di Lepanto, di conseguenza anche una disposizione testamentaria come questa finisce per attribuire significato politico a un elementare atto di carità. A questo proposito va comunque detto, sia pure di passaggio, che non sempre l’intervento dei pii sodalizi e delle autorità del governo cittadino riuscì a liberare di volta in volta i concittadini fatti prigionieri dei “turchi”, giacchè non mancano tracce di molfettesi che non si poterono riscattare per mancanza di denaro, e ciò accadde a chi era completamente privo di mezzi . D’altra parte, quasi a pendant di queste vicende, non vanno sottaciuti i limiti di una cultura e di una morale che non impedivano di fare mercato o di utilizzare schiavi “turchi” a quegli stessi molfettesi che poi si adoperavano per liberare dalla schiavitù i propri concittadini, dando vita a una contraddizione che si può spiegare in termini di contrapposizione ideologico-politica .
Va da sè che l’intensificarsi degli esborsi per il riscatto dei prigionieri, in particolare per le somme cospicue che il Monte dovette esitare nel triennio 1649-51 e nel settennio 1660-66 in occasione di sequestri di gruppi di molfettesi, fa scemare le risorse destinate solitamente agli altri impegni caritativi: nel 1649 le spese per le medicine sono limiate a soli 11 ducati e mancano del tutto nell’anno successivo, mentre tornano a crescere nel 1651 a fronte di una diminuzione delle spese per il riscatto dei prigionieri; allo stesso modo, in corrispondenza del secondo forte esborso per il riscatto di sei molfettesi, a risentirne sono le spese per i “bollettini” ai poveri, che toccano il minimo storico di 6.50 ducati nel 1669, quando, come nel 1666, mancano nuovamente del tutto le spese per medicine.
Evidenti impegni di riequilibrio del bilancio costringono gli amministratori a tagli di spesa, la cui motivazione oggettiva possiamo solo ipotizzare come in questo caso con la necessità di far fronte al rimborso di coloro che hanno anticipato le spese per la liberazione dei prigionieri; in altri casi i tagli risultano inspiegabili, giacchè il fatto che nel triennio 1629-31 non siano registrate spese per gli ammalati non si giustifica ipotizzando l’assenza di malati . In corrispondenza però si nota una considerevole spesa per le elemosine, che comunque è presente anche qualche anno prima, nel 1627, quando sono registrati non limitati esborsi per medicine e ammalati . Come si può notare, è difficile individuare, sulla base della esigua documentazione superstite, la ratio dell’andamento delle spese caritativo-assistenziali del Monte, ma, data l’importanza di questo aspetto, si tenterà un approfondimento di analisi più avanti.
Indubbiamente, i lasciti dei generosi benefattori consentirono di ampliare notevolmente le risorse del sodalizio. Le poche testimonianze superstiti ben ce lo fanno intendere, tuttavia proprio per la loro esiguità e frammentarietà non è possibile tracciare un significativo quadro d’insieme dell’andamento della sua contabilità e, di conseguenza, verificare le accuse di malversazioni rivolte più volte e in tempi diversi agli amministratori . Non mancano comunque indizi sufficienti a tentare di chiarire l’uno e l’altro aspetto.
Prima della dotazione del decurionato e dei donativi dei nobili, le entrate annue del Monte risultano modeste, come si può desumere dalla seguente tabella :

Tab.2 Bilancio del Monte 1561-64 (Dati espressi in ducati e grana)

Anni | Introiti | Esiti | Differenza
1561 | 90.83 | 90.51 | 0.32
1563 | 33.42 | 30.48 | 2.94
1564 | 132.30 | 140.42 | -8.12


Successivamente, nel 1578, qualche anno dopo l’istituzione della Confraternita, le risorse finanziarie crescono a tal punto che in quell’anno gli eletti del Monte, potendo disporre di 350 ducati e avendo bisogno di una chiesa “per servitio di detto S.Monte”, chiedono e ottengono licenza di fruire della chiesa di S.Stefano e di “aggregare” alla chiesa una nuova sede per l’ospedale . Sul finire del Cinquecento, grazie soprattutto al lascito di Claudio Gadaleta, le rendite crescono in modo cospicuo. Nel 1598 esse rendono in censi 550 ducati, tarì uno e grana 15 e servono a coprire le spese del legato, che registrano una modesta somma per l’ospedale . Nei primi anni del Seicento le rendite, sempre frutto di censi bollari, si stabilizzano intorno ai 500 ducati, senza tuttavia crescere ulteriormente nel corso del secolo, giacchè tali risultano sia nella Visita pastorale del Bovio del 1608 sia in quella del De Bellis-Sarnelli del 1696-1700 . A questi introiti bisognerà aggiungere le rendite dovute dall’Università per censi strumentari, pari a duc. 95 e grana 96, e per finanziamento perpetuo dell’ospedale concesso dal momento in cui il Decurionato delegò, a partire dal 1571, la gestione dello stesso ai nobili cittadini raccolti in confraternita, nella misura dell’1% sui dazi e gabelle della città, che nel 1699 risulta pari a 100 ducati e nel 1702 a duc. 117.82 .
Nella Visita ad limina di mons. degli Effetti del 1711 si afferma che il reddito del Monte è di 750 ducati, senza ulteriori precisazioni, e ciò ci induce a ritenere che non sia sostanzialmente variato rispetto al decennio precedente, se si sommano le rendite dei censi bollari con quelle degli strumentari e del finaziamento dell’1% dovute dall’Università . E’ mons. Salerni, con la scrupolosità che lo contraddistingue, a darci nella relazione della sua Visita pastorale del 1715 più precisi ragguagli sulle entrate del Monte: duc. 495 e grana 57 dai censi bollari, duc. 131 e grana 41 dall’1% sui dazi e gabelle cittadine, duc. 67 dagli stabili .
Come si può notare, la situazione finanziaria non è di molto cambiata rispetto alla relazione del degli Effetti, che conferma a sua volta il dato di 50 anni prima, quando l’esigenza del Monte risulta pari a duc.749.30 . La mancata crescita delle risorse dipende anche dal fatto che il Monte continua a vantare crediti nei confronti dell’Università, per il cui recupero pende lite nelle sedi opportune . ed è, questo, un aspetto denunciato dai vescovi anche negli anni precedenti. mons. Sarnelli ci testimonia nel 1699 che i censi strumentari dovuti dall’Università sono in attrasso da diversi anni e che solo nell’anno precedente il Monte ha potuto esigere 30 ducati . Questa situazione si trascinerà probabilmente fino al 1732 quando, come è ricordato nella Platea, l’Università fu costretta “colla forza” al pagamento, ma gli attrassi relativi ai censi strumentari continuarono per l’incuria dei governatori “che ne hanno trascurata l’annua esazione”, così come s’iniziò l’attrasso del finanziamento dell’1% . Di conseguenza le rendite del Monte nel 1783, pari a duc. 757 e grana 47, non si discostano molto da quelle segnalate tanto nel 1660 quanto all’inizio del secolo, con inevitabile erosione della sua base finanziaria, messa in evidenza dalla diminuzione della massa creditizia e dell’entità delle relative terze .
Sembra essere venuto meno il periodo di particolare floridezza che contraddistinse la vita finanziaria del Monte soprattutto nella prima metà del Seicento, allorchè intervenne a sostenere l’Università per far fronte alle sue difficoltà finanziarie, sovvenendola nel 1642-43 con un credito di 1600 ducati al 5%, che si aggiungono a un ulteriore credito di duc. 319 e grana 20, sempre al 5%, ottenuto inizialmente dall’Università negli anni quaranta del Cinquecento da tale Francesco Gualano, detto Pachecco, e da questo passato per donazione al Monte alla sua morte nel 1549, crediti che avrebbero dovuto rendere nell’insieme al sodalizio, come s’è ricordato, duc. 95 e grana 96 annui .
Lo stallo evidente nella situazione finanziaria, oltre che agli attrassi dell’Università, è riconducibile alla crisi economica e finanziaria di fine Seicento, che si protrasse anche nei primi decenni del Settecento e che ebbe come riflesso l’inoperosità di cospicui capitali degli enti ecclesiastici e dei luoghi pii: il Salerni nella relazione della Visita pastorale del 1715 ci riferisce con la solita precisione la somma di duc.1753 e grana 57 appartenenti al Monte e giacenti “sterili” in una cassa del monastero di S. Pietro, non diversamente da vent’anni prima, quando il Sarnelli aveva lamentato che giacevano inoperosi dello stesso ente “quamplurima capitalia, in considerabili summa restituta” .
Ed è questo un aspetto della storia molfettese d’età moderna largamente documentato, che certamente impoverì le entrate degli enti religiosi e che in qualche modo può essere portato a discolpa delle responsabilità degli amministratori del Monte per quanto concerne il depauperamento o la mancata crescita delle risorse. Al riguardo è eloquentissima la testimonianza che già nel 1666 rende il rettore pro tempore dei Gesuiti, convinto dell’opportunità di ridurre il tasso d’interesse dall’otto e mezzo per cento al sette, pur di evitare il rischio dell’inoperosità di ingenti capitali: egli fa riferimento alla “totale difficoltà che corre [in caso di affrancazione di un censo cospicuo] di poter impiegare una somma cossì notabile in compra sicura d’altri annui censi, per non trovarsi persone habili e sicure a posserli pigliare, tanto più che fra gli altri luochi pii restano anco indisposti Docati Seimila di capitale conforme è notorio”.
Quanto delle rendite suddette venisse utilizzato per il conseguimento dell’obiettivo principale per il quale la Confraternita era nata, ovvero il governo dell’Ospedale, non è dato sapere a causa della mancanza di documentazione relativa. Alcuni dati contabili, risalenti al periodo 1598-1673, riguardanti gli esiti annui variabili (elemosine a poveri, medicine e spese per l’Ospedale, riscatto dei prigionieri; cf tabella n. 3) ci consentono di farci un’idea, per quanto parziale, della vita finanziaria del Monte in un arco di tempo abbastanza lungo, sebbene la documentazione, incompleta perchè priva delle indicazioni relative alle entrate, non ci dia la possibilità di valutare l’efficacia e la correttezza dell’amministrazione, bensì solo di analizzare l’andamento delle spese per interventi caritativo-assistenzali e quindi il ruolo di supplenza e collaborazione che il Monte esercitò soprattutto nei momenti più critici della vita cittadina, integrando l’azione dei governanti nel tentativo di lenire le sofferenze dei bisognosi. Gli interventi del Monte infatti non sono esaustivi e si sommano, negli stessi anni, a quelli messi in campo dal governo cittadino, che, tra l’altro, vestiva, curava e offriva pietanze ai regolari della città, in particolare ai Cappuccini .


26/10/2013
Le origini del Monte di Pietà a cura di Arcangelo Ficco