20^ puntata - ''LE PAROLE DALLE QUALI TENERSI ALLA LARGA - (3^ parte)''
LE PAROLE DALLE QUALI TENERSI ALLA LARGA - (3^ parte)
Le parole non dette. Afferma Pavel Florenskij che “la parola è il massimo che una persona può dare quando è matura, ed essa non può far altro che sciogliersi verso l’esterno. Se si scioglie verso l’interno e non indirizza la sua forza a ciò cui è destinata, allora questa può risultare rovinosa”. In effetti, le parole non dette sono tutte quelle parole che avremmo voluto dire, un giorno, a qualcuno, senza essere mai riusciti a farlo. Questi “non detti” continuano ad agire dentro di noi attraverso il meccanismo del rimpianto, una forza distruttiva che ci mantiene ancorati al passato e al senso di colpa, per non aver avuto il coraggio di fare quella certa affermazione o di dire un bel “no”. Possono essere parole di rabbia, di odio, di passione, di paura, oppure di desiderio: suoni che sono rimasti sepolti dentro di noi, senza trovare uno sbocco per uscire.
Di qualunque natura esse siano, queste parole possono risultare rovinose: alla lunga, infatti, ritornano per colpirci trasformandosi in veri e propri concentrati energetici, che esplodono in noi provocando disturbi psicosomatici.
Insomma: i sentimenti e le emozioni contenuti nelle parole non dette, non potendo emergere in altro modo, probabilmente usciranno allo scoperto sotto forma di “oscuri” malesseri del corpo: come acidità di stomaco e macchie rosse e brucianti sulla pelle, segni di un “fuoco” che, non visto e non detto, continua a bruciare dentro di noi.
Il consiglio. Se abbiamo qualcosa sullo stomaco, una frase che preme per uscire, anche una parolaccia che risulterebbe liberatoria, facciamola uscire adesso, subito. Rimandare o negarsi l’emozione di esprimersi, in ossequio alle regole della buona educazione o per motivi di opportunità, nuoce gravemente alla salute: la parola indigesta è, infatti, un boccone mal digerito che va a pesare sullo stomaco. Come eliminarla? Se anche dopo molto tempo continua a tornarci in mente, buttiamola fuori: facciamolo da soli, in un luogo tranquillo, e portiamola all’esterno. Pensiamo al vecchio fidanzato che ci ha abbandonato senza motivo e – magari davanti a una sua foto – sfoghiamo la rabbia che non abbiamo saputo esprimere al momento opportuno; indirizziamo al capo (assente!) quell’infilata di parolacce che avremmo voluto dirgli quando ci ha ridotto i giorni di ferie, e così via. Al termine di questa sorta di rito purificatorio, ci sentiremo liberi e alleggeriti.
Di Vittorio Caprioglio
09/11/2013
|