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5^ puntata - ''L’attività creditizia del Monte di Pietà''

5^ puntata - ''L’attività creditizia del Monte di Pietà''


L’attività creditizia del Monte di Pietà

Come s’è detto, la fonte principale delle entrate del Monte è costituita dalle rendite finanziarie dei censi bollari, registrati nella Platea del 1783. I capitali investiti sommano a 10622 ducati e 86 grana e sono frazionati in 111 quote di diversa entità che rendono annualmente duc. 618.28, con una perdita del capitale investito di duc. 1231.04, pari al 10%, e delle rendite di duc. 265.72, pari al 30%, rispetto al 1730 . Le ragioni di un siffatto calo possono spiegarsi con l’effetto prodotto sia dalla ricordata inoperosità dei capitali verificatasi tra Seicento e Settecento sia dalla riduzione dei tassi imposta dalle autorità di governo a partire agli anni settanta del Seicento, ma non è da escludere che possa essere anche l’effetto della più volte denunciata incuria degli amministratori.
Come si può notare dalla tabella n. 4, la gran parte delle quote concesse si colloca tra 1 e 50 ducati, il che significa che l’accesso al credito era reso possibile anche ai ceti meno abbienti, che non potevano consentirsi mutui elevati, a prescindere dai beneficiati dei maritaggi che, lo si è già visto, mutuavano somme limitate a coprire la differenza piccola tra la quota del maritaggio e il valore del bene assegnato in dote. Questo non significa che manchino tra gli acquirenti di censi patrizi e “magnifici”, così come non manca una cospicua schiera di sacerdoti (n. 28), ulteriore conferma della facilità di accesso al credito creata dallo stato clericale, ma è attestata anche la presenza di “civili” e soprattutto di “mastri”, bracciali e foresi, in sostanza un ampio ventaglio della stratificazione sociale molfettese nel Settecento. Va segnalato inoltre che tra i titolari di censi prevalgono alcune famiglie patrizie, come quella dei de Luca, non solo per il numero delle concessioni, ma anche per l’entità delle stesse, tra le quali spicca in modo particolare, per la serie di operazioni a cui dà vita, quella mutuata da Francescantonio de Luca all’inizio del Settecento nella misura di 1000 ducati, restituiti in quote variabili nel corso del secolo.


Tabella n.4 Censi bollari concessi dal Monte

Classi di somme investite (in ducati) - Numero delle quote
1-50 --- 49
51-100 --- 27
101-150 --- 13
151-200 --- 11
201-250 --- 3
251-300 --- 3
Oltre 300 --- 5

Un’indagine relativa ad alcuni titolari di censi registrati nella Platea e nel Catasto onciario del 1753 ci consente di ricavare utili informazioni a questo riguardo. Questo tipo di indagine consente altresì di verificare, lì dove è possibile, quella che potremmo definire l’evoluzione patrimoniale della coppia dotata. Si tratta ovviamente di dati limitati, ma pur sempre significativi. Un esempio può essere chiarificatore. Nel 1720 Lucia Campanelli, andata sposa ad Andrea Carabellese, riceve per maritaggio dal Monte una cortaglia di olive e altri frutti di 30 ordini, che assegnarono in dote alla figlia Isabella, la quale, a sua volta, in unità d’intenti con il marito, vendè la cortaglia di 30 ordini per comprare un giardino di una vigna e mezza .
Non sempre il bene concesso in dote diventa la base di ulteriori acquisizioni nel tempo, come nel caso del bracciale Michele de Ruvo e di Elisabetta Campanale, dotata nel 1749, che vendono la parzogna di olive ottenuta per maritaggio, senza fare contestualmente altri acquisti. Non è tuttavia solo questa la tendenza che emerge dalla lettura dei pochi casi per i quali è stata possibile la comparazione . L’aspetto positivo di questi trasferimenti è che non sempre gli acquirenti appartengono al ceto abbiente, come nel caso di Saverio de Pinto e Angela Sapia Buzzerio, dotata nel 1723, che vendono a Giovanna Capriati e Giuseppe de Bari, lei figlia di molinaro, lui bracciale figlio di bracciale, entrambi appartenenti a fuochi di modestissime condizioni economiche. In linea di massima il bene ottenuto in dote rimane in famiglia per tutto il tempo necessario per essere trasmesso in eredità ai figli .
La comparazione è anche utile per misurare i tentativi di crescita messi in atto dai ceti contadini nella fase espansiva dell’economia molfettese intorno alla metà del Settecento. Tentativi che portarono in qualche caso a fare il passo più lungo della gamba, come accadde a Giacomo Paparella, che con un forte indebitamento volle intraprendere la scalata sociale per divenire, da modesto ortolano quale è raffigurato nell’Onciario, un proprietario di un’ampia azienda agricola, ma dovè fare i conti con la terribile carestia del 1764 . Non dissimile ci appare la vicenda dei bracciali Gaetano e Domenico de Nichilo che, oberati già di 200 ducati di debito, nel 1766 sono costretti a indebitarsi ulteriormente per 100 ducati con il Monte, ipotecando tutti i loro beni, che poi sono costretti a vendere. Altra volta queste vicende si addipanano positivamente e così accade che il modestissimo bracciale quindicenne dell’Onciario ,Vincenzo Cipriano, che vive con altri due fratelli, che non possiedono altro che il lavoro delle loro braccia, nel 1780 ottiene un credito di 50 ducati per acquistare una mezza vigna, attigua a una sua cortaglia su cui accende l’ipoteca . Altrettanto positivo lo svolgimento dell’assetto economico di altri bracciali che, potendo contare su più solide risorse, mantengono salda la loro proprietà, nonostante l’indebitamento a volte considerevole , o di Vito Antico, proprietario di barca peschereccia e di altri beni, che investe i propri risparmi nell’acquisto di una casa, accollandosi un peso di 200 ducati . Quello di accollarsi pesi di notevole entità in rapporto alle risorse del fuoco è un fenomeno abbastanza diffuso e può spiegare la necessità di dover vendere i beni ipotecati per non poter fra fronte al pagamento delle terze e alla restituzione del capitale .
Un altro aspetto meritevole di attenzione che possa essere desunto dall’attività creditizia del Monte riguarda le motivazioni della richiesta del credito. La fonte non è ricca di indicazioni a questo riguardo, ma le segnalazioni registrate confermano quanto già il Palumbo aveva avuto modo di evidenziare nei suoi lavori sull’attività creditizia delle confraternite molfettesi, sottolineando che le concessioni venivano fatte per investimenti produttivi, da quello fondiario a quello edilizio .



27/11/2013
Le origini del Monte di Pietà a cura di Arcangelo Ficco