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4^ puntata - ''Alba'' 2^ parte

4^ puntata - ''Alba'' 2^ parte




Mark saltò sul ramo più basso, riempiendo l’aria del rumore del cuoio borchiato della sua armatura mentre piegava le articolazioni. Quando la raggiunse le si sedette accanto, mettendole un braccio sulla spalla e avvicinandola. Conosceva quell’espressione: man mano che l’ Età del Lume portava via da lei le passioni passava sempre più tempo in riflessioni melanconiche e erranti alla ricerca di un senso di quel modo di esistere. Mark non sapeva se quell’umore fosse determinato dal Morbo o solo dalla naturale inclinazione alla riflessione degli elfi puri ma non riusciva ad accettare il suo pessimismo così radicale.
- Sei nervosa perchè oggi è stato convocato il Consiglio? Non devi preoccuparti. Sarà come al solito, no? Un paio d’ore in cui guarderai il nano che si ubriaca come un animale e l’umano che parla delle facezie che solo chi vive così poco può apprezzare. Qualsiasi tua proposta sarà messa ai voti e loro voteranno contro, forse alzeranno le tasse per il nostro soggiorno nella fortezza, visto che da due anni dobbiamo solo dare due terzi del ricavato del nostro lavoro …. che sarà mai? Ah, e probabilmente ci negheranno anche di scriverle, le poesie, avendo già vietato le declamazioni pubbliche. Forse sarà proibito anche il giardinaggio solo decorativo … non so se li hai visti storcere il naso davanti ai nostri cespugli di rose … e dire che, in quella smorfia penosa, forse il loro grugno barbuto ne acquista in bellezza. –
Indil sorrise, appoggiando la testa contro la spalla muscolosa di lui. L’odore virile di Mark era famigliare quanto quello della foresta.
Si era accorta del suo impegno per cancellare i cattivi pensieri, purtroppo non pienamente riuscito. Sì, se c’era qualcosa che davvero non riusciva a sopportare era quella libertà d’espressione di facciata: gli elfi ormai erano solo schiavi nelle miniere, pagavano da ormai cento anni la colpa di essere il cibo preferito degli Abomini. E quei dannati nani lo sapevano che non avrebbero mai potuto vivere fuori, in quel mondo ormai sotto le ali di una malvagia stirpe di creature immortali. E quindi continuavano a chiedere, a chiedere, a chiedere …. l’unico limite imposto era di non indurli alla morte, visto che ogni loro forma di piacere e di espressione veniva metodicamente vietata fino a scardinare le loro attitudini naturali. L’arte figurativa e la meditazione, i due passatempi tutti intellettuali che gli elfi coltivavano, erano state proibite con l’obbligo di cedere tutte le creazioni agli umani. Le perle ai porci. E loro? No, loro sarebbero diventati, alla fine, solo dei muli da soma incapaci di pensare.
Eppure ancora figurava come primo articolo del Codice delle Tre Razze, redatto circa cento anni prima, l’uguaglianza e la libera espressione nei limiti del rispetto delle altre due razze. Evidentemente la musica causava disagio ai barbuti, ma solo la musica elfica. Le produzioni poetiche elfiche, improntate sulla bellezza della natura e della vita, erano solo vaneggiamenti di pazzi. Quelle umane, quelle che prospettavano un futuro di vendetta sui “Vampiri” (L’equivalente degli Abomini per gli elfi e dei Bevitori di Sangue per i nani) quelle invece potevano liberamente circolare e anzi erano lette pubblicamente: un susseguirsi di insulti ai mostri e di vanagloriosi eroi che sarebbero giunti a liberare gli uomini, senza alcuna grazia o figura retorica nell’esposizione. Anche la lingua elfica era stata proibita, tranne che nelle poche zone di giurisdizione solo di quel popolo. Erano stati obbligati a distruggere ogni pergamena o manufatto magico, perdendo l’unica arte che avrebbe potuto salvarli dall’estinzione.
Eppure, sulla pergamena affissa nella Sala del Consiglio c’era ancora come presupposto dell’alleanza quella doppia calunnia: uguaglianza e libertà. Indil avrebbe tanto voluto correggere quelle due parole insignificanti con sudditanza e schiavitù.
- Mark … - disse, dopo aver controllato l’impostazione della voce, temendo di sibilare la propria rabbia per il susseguirsi di ingiustizie nei confronti della loro gente che aveva appena riportato alla memoria – Quello che mi turba è l’inutilità e la falsità di ogni assemblea. Non voglio più partecipare a tutto questo. Voglio tirarmene fuori, visto che non ho molto da vivere. –
L’ibrido fu preso dalla tristezza udendo quelle parole. La ragazza era stata praticamente cresciuta da lui, lei era l’elemento essenziale di ogni suo giorno. Era il capitano delle sue guardie personali, il suo consigliere, il suo migliore amico, il suo unico punto di riferimento. Ma in realtà era lei a sostenerlo con il suo calore. Un mondo senza di lei sarebbe stato colmo solo di freddezza e estraneità, anche solo immaginarlo per pochi istanti gli mozzava il respiro per la sofferenza. Lei sarebbe morta di lì a cento anni e nulla poteva privare questo evento della sua inevitabilità. Lui l’avrebbe seguita, semplicemente, perchè senza di lei avrebbe perso il senso di quella esistenza in trappola. Il significato di ogni giorno che viveva lo ritrovava solo nel proteggerla.
- Non … non dire così. Hai ancora molto da vivere. E poi non puoi tirartene fuori, l’Assemblea dei Pari è soddisfatta di te e non ti destituirà. Finchè proveremo a usare la nostra voce, anche se non sarà ascoltata quasi mai, potremo dire che siamo vivi. Quindi assolvi il tuo compito, così come tutti si stanno adeguando a questo modo di vivere, perchè l’alternativa è il suicidio.-
- Che io continuo a considerare l’alternativa migliore, almeno per me. – borbottò la ragazza a mezza bocca, sperando che non la sentisse.
- Layana Indil Seamoon, che razza di sciocchezze vai farneticando?!- gli occhi d’ambra emanavano una luce irata e pericolosa – Non ti sono stato accanto tutti questi anni per udire queste bestemmie! Ti stai comportando da umana: un vero elfo non si rassegna, non accoglie in sè la demolizione della sua essenza di spontanea volontà, non chiama a gran voce la Morte! Con tutto il perire del corpo che vedi in centinaia dei nostri fratelli, tu osi pensare al suicidio! Pensa a Nimiel, che non ha più le gambe e che per il dolore piange ininterrottamente, e tu invece godi di salute e ne hai ancora per anni di giorni in cui potresti essere felice e camminare, e lottare strenuamente … vorresti sprecare il Dono che gli Dei ti hanno fatto?! –
Mark strinse le sue piccole spalle con le mani e la scosse, più con enfasi che con forza, sperando che la smettesse di minacciare una sua dipartita prematura.
- Io non credo che gli Dei calchino ancora i sentieri di questa terra maledetta …. comunque sia, perdona la mia leggerezza. Temo che gli elfi giovani si lascino trasportare dal pessimismo e da una prospettiva egoistica, prima di rinsavire nell’ Età del Lume. Peccato che essa segni inesorabilmente l’inizio della fine.-
- Certo che di primo mattino sei così … simpatica. Ne parli come se non ti riguardasse, ma scommetto che di notte abbracci il cuscino, consapevole che ogni giorno ti avvicini al tuo destino. E scommetto che guardi l’alba perchè sai che non ne vedrai molte. –
Layana mostrò il suo sorriso pieno, che non si estese agli occhi: segno inequivocabile che era nervosa perchè Mark aveva indovinato.
Sul suo viso ritornò l’espressione malinconica, addolcita da un sorriso appena accennato.
- Ogni alba è meravigliosa perchè mi permette di sperare. Forse un giorno i Vampiri moriranno, magari il loro mago pazzo farà esplodere la sua dimora e li cucinerà tutti, oppure l’incantesimo che permane sulla Culla della Decadenza all’improvviso si dissolverà e i cari Bevitori si ridurranno in cenere. Oppure uno degli Elfi Longevi è sopravvissuto e sconfiggerà il mago in un duello nell’Arte. Ci sono tante di quelle possibilità, no? –
- Esatto. E noi dobbiamo concederci di sperare, sempre. Non c’è rimasto altro: lottare per quel poco di libertà e sperare che gli Abomini si estinguano.-
- Hai dimenticato: ed annoiarsi perchè siamo costretti a interminabili riunioni con il Barbuto e quel Fantoccio di Rudiger il Sapiente.-
Mark scoppiò a ridere. Finalmente quell’alone di oppressione e di mestizia era svanito. Indil era di nuovo sè stessa, di nuovo la luce delle sue giornate.
- Andiamo, signor Capo Eletto. Devi preparare almeno una proposta da esporre al Sacro Consiglio della Disuguaglianza Mascherata –
Ridendo, scesero dall’acero e si incamminarono verso la porta perfettamente mimetizzata nella montagna della Roccaforte. Nessuno dei due si accorse della presenza di un osservatore acquattato nell’ombra dei rami di una quercia.


30/12/2013
Rubrica a cura della scrittrice Rossella Modugno