24^ puntata - ''Italiani «ricchi» di abitazioni''
Italiani «ricchi» di abitazioni
La casa come risparmio e, dunque, come bene comune della collettività. Se si approccia con questa filosofia la fotografia dell'Italia immobiliare, salta all'occhio il motivo per cui qualsiasi provvedimento riguardante l'abitazione – da quelli fiscali a quelli normativi, all'accesso ai mutui – venga vissuto nel nostro Paese con un'intensità con pochi uguali al mondo. E come potrebbe essere altrimenti, guardando ai dati sul risparmio immobiliare degli italiani?
Le fonti divergono, in proposito, ma si può affermare che la ricchezza degli italiani in termini di abitazioni oscilli tra i 4.200 miliardi di euro e i 5.400 miliardi: quest'ultima cifra è quella proveniente dal Mef (ministero dell'Economia e delle finanze), che a partire dal 2008 ha creato, insieme all'ex agenzia del Territorio, oggi Entrate, una banca dati unica relativa al patrimonio immobiliare privato. Si tratta di una base di informazioni integrata, che abbina gli archivi dei fabbricati censiti in catasto, quella delle dichiarazioni dei redditi (nelle diverse forme: Unico, 730, Cud) e quella dell'Osservatorio del mercato immobiliare. Secondo i dati della Banca d'Italia, nel supplemento sulla ricchezza delle famiglie italiane del 2010, il totale è invece di 4.841 miliardi di euro, per arrivare ai 4.200 miliardi di euro dell'ultimo lavoro di Banca d'Italia sulla ricchezza immobiliare delle famiglie italiane, del gennaio 2013. «Studi statistici aggiornati dell'agenzia evidenziano come il patrimonio residenziale nazionale ammonti a 6.355 miliardi di euro – precisano dall'Associazione nazionale del notariato – e in media il valore patrimoniale residenziale è stimabile in circa 4,2 volte il Pil nazionale e tre volte il debito pubblico».
Si tratta in ogni caso di un patrimonio che coinvolge oltre 20 milioni di persone fisiche e oltre 60 milioni di unità immobiliari. Le abitazioni rappresentano circa il 52% del totale delle attività degli italiani e l'84% della ricchezza immobiliare. Un dato che fa spiccare il nostro Paese nel panorama internazionale, se è vero che le famiglie italiane presentano un rapporto fra ricchezza immobiliare e reddito disponibile di circa 5,6 volte, contro un valore di 5,1 per la Francia, di 5,1 per il Regno Unito e di 2,1 per gli Stati Uniti (secondo i dati della Banca d'Italia). Tanto che la stessa Banca d'Italia sottolinea, nel suo ultimo paper sull'argomento, che «Disporre di informazioni affidabili sulla dimensione e sulla distribuzione della ricchezza abitativa è rilevante sotto molti profili: ai fini, ad esempio, di comprendere i comportamenti di consumo, di valutare le condizioni di povertà, di stimare i rischi di sostenibilità dei loro debiti, o di valutare l'impatto di provvedimenti fiscali». Un tema, quest'ultimo, quanto mai delicato e di attualità.
«Il risparmio immobiliare è anche un bene comune nazionale, che in Italia gode di particolari tutele», sottolinea lo studio "Il risparmio immobiliare privato come bene-comune-ricchezza" commissionato dal Consiglio nazionale del Notariato. «La sicurezza del governo del risparmio privato immobiliare italiano mostra il comportamento virtuoso di un "bene comune" un terzo genere fra privato e pubblico il cui funzionamento è governato dalle regole dell'accesso. In Italia siamo oggi dotati in questo settore di un apparato istituzionale in sostanziale equilibrio in cui la componente "privata", ossia quella motivata dal profitto, svolge un ruolo sussidiario rispetto al fondamentale bene comune costituito dalla certezza delle relazioni giuridiche. In effetti, è un delicato sistema di checks and balances fra un numero limitato di soggetti altamente qualificati e controllati quello che governa l'accesso al bene comune immobiliare». Ma l'importanza del risparmio immobiliare sul peso complessivo dell'economia lo rende anche una formidabile leva. Motivo per cui, per esempio, proprio il Consiglio del notariato ha presentato il 22 novembre scorso sei proposte di legge per il rilancio del settore immobiliare e la ripresa economica del Paese (si veda anche in questa pagina). Tra queste, l'introduzione di una disciplina civilistica per il "rent to buy", ossia dei contratti di godimento in funzione della successiva vendita di immobili. «Si tratta di dare disciplina civilistica e tributaria adeguata a una serie di fattispecie contrattuali, oggi prive di regolamentazione specifica – sottolineano dal Notariato – che nella pratica si presentano in modi diversi e che possono contribuire a fare incontrare domanda e offerta in un momento come quello attuale, caratterizzato da una consistente quantità di immobili invenduti a fronte di una richiesta che si scontra con la carenza di liquidità e la difficoltà di accesso al credito».
Di Evelina Marchesini
Fonte: Sole 24 Ore
30/12/2013
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