5^ puntata - ''Tenue Speranza'' - 1^ parte
Tenue Speranza
La Sala del Consiglio era di forma triangolare, così come il massiccio tavolo di pietra che faceva bella mostra di sè al centro esatto della stanza. Un triangolo isoscele, per chiarire la posizione di sudditanza degli alleati dei nani. Al vertice, ormai da una ventina d’anni, sedeva Wilhelm Ath Thomak.
Nato per essere re, aveva ereditato dal padre una inclinazione al calcolo delle possibilità di sfruttamento dell’altrui fatica fuori dal comune per un nano. Non solo, la sua smania di controllo e di guadagno era andata oltre quella paterna.
Prima del fin troppo manovrabile Rudiger e del suo predecessore Cassius (della stessa pasta) la Sala aveva conosciuto uno dei pochi saggi umani riconosciuti come valido esempio di virtù dagli elfi.
Il suo nome era Proteus e aveva appena compiuto cinquanta anni quando era stato scelto come Sapiente. La sua carica, a differenza delle altre due, aveva un termine stabilito: dieci anni. Il termine era stato deciso nel Codice in base alla brevità della vita umana e al diritto dell’uomo anziano di godere dell’ozio e della ricerca del senso e della verità nel mondo: nessun Sapiente avrebbe potuto continuare nell’impegno politico oltre i sessanta anni, anche se fosse stato meritevole di tale carica.
Proteus era un uomo fin troppo saggio: aveva compreso subito le mire di Baruk, il padre di Wilhelm, e ad ogni votazione si alleava con gli elfi per difendere la libertà di culto e espressione. Non c’era soluzione a tale impasse e Baruk vedeva sistematicamente ogni suo progetto di discriminazione nei confronti delle orecchie a punta andare in fumo.
Fu Wilhelm a trovare la soluzione: avvelenò Proteus, lasciando che la colpa ricadesse sul proprio genitore. La legge dei nani era molto severa sul tradimento: Baruk fu condannato ad una barbara morte ad opera dei suoi oppositori nanici e il figlio fu lieto di prendere il suo posto. Pilotando la scelta dei due Sapienti successivi aveva garantito al progetto del padre di divenire legge nel giro di qualche anno, estendendo poi i divieti fin quasi a costringere gli elfi a preferire la morte ad una esistenza così umiliante.
Ma l’orgoglio di quei dannati folletti era poco rispetto alla loro quasi maniacale voglia di vivere, nonostante tutto. Wilhelm sapeva che sarebbe bastato un secolo alla loro morte perchè la vecchia generazione, quella detta dei Longevi, gli ultimi la cui vita aveva sfiorato il millennio, era estinta da molto e quella nuova non superava i duecento anni. Oltre la metà di quelle poche centinaia di superstiti era ormai affetta dal Morbo, il resto si sarebbe ammalato nel giro di pochi lustri.
Ancora nessuno era riuscito a spiegare la causa di quella malattia che si era presentata colpendo prima gli elfi anziani. Era cominciato tutto con la perdita del tipico chiarore lunare della loro pelle che man mano si era fatta nera, poi cominciarono a cadere i capelli, le dita, le orecchie.
Alla fine, grazie agli ultimi incantesimi di cura che ancora qualcuno di loro conosceva, gli elfi sopravvivevano solo con il tronco del corpo, finchè non si staccava la testa, e le spoglie emanavano un intenso e rivoltante olezzo di putrefazione.
Wilhelm pensava fosse giusto che la loro razza si estinguesse. Dopotutto, i Bevitori avevano subito mostrato la loro preferenza per il sangue elfico e in qualche modo tutti i nani sospettavano che il mago che, si diceva, fosse il Capostipite della Stirpe Dannata, avesse usato le conoscenze magiche che gli elfi coltivavano per dare origine alla razza.
Certo, gli elfi non avevano previsto quest’uso della magia ma se non avessero cercato di andare oltre la manipolazione semplice e materiale del mondo, se non avessero desiderato di possedere il potere che solo gli Dei hanno, non sarebbe accaduto nulla.
Proprio una buona cosa, l’arrivo dei Vampiri. Avevano sterminato la razza dei loro più stretti collaboratori, gli orchi, ma in compenso stavano anche distruggendo quella dei loro nemici.
Così diversi, dotati di una bellezza aliena e di una mente volta verso il trascendente, esperti in tutte le arti belle, gli elfi erano il loro esatto contrario e se non fossero stati così arroganti sia gli umani che i nani li avrebbero venerati come Dei. Ma loro erano come le stelle, distanti e gelidi, e a nessuno servono stelle che non illuminano il cammino.
- Che crepino pure, mentre si rimirano allo specchio della loro vanità. A cosa è servita l’arte se non vi salva dalla fisicità della morte? A cosa i discorsi forbiti? Con chi sarete gelidi adesso, con la Trista Mietitrice? - disse Wilhelm ad alta voce, mentre attendeva di essere chiamato per partecipare al Consiglio , una pura formalità. Nessun suo disegno sarebbe rimasto solo un progetto, era il monarca assoluto di uno stato multirazziale.
Anche Rudiger il Sapiente attendeva in un’altra sala che cominciasse la riunione. Si preparava a ore di silenzio per non contraddire il Re dei Nani, malgrado provasse compassione per l’esistenza piena di limitazioni degli elfi e per la malattia che li stava sterminando. Rimuginando tra sè, mormorò:
-Se foste stati meno pieni di voi, forse vi avremmo amati. Nessuno avrebbe rifiutato tale bellezza, se fosse stata accompagnata da un buon carattere. Purtroppo gli Dei non disposero un’armonia tra le razze o non avrebbero creato tali insolubili rancori e pregiudizi tra noi. E se la disarmonia è per natura, lasciamo che essa domini, per quanto mi addolori vedervi soccombere.-
Continua nella prossima puntata
13/01/2014
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