14^ puntata - ''Il grande inganno dell'olio extra vergine d'oliva e la speranza dell'Alta Qualità''
I due pilastri su cui poggia il mondo olivicolo-oleario si stanno disfacendo, anche se a velocità diverse. La guerra in corso è frutto di un equilibrio ormai venuto meno per condizioni sociali, economiche e politiche. Occorre rifondare ma il terzo incomodo si fa attendere. Il motto della politica oggi pare essere: non fare oggi quello che puoi rimandare a domani
L'olio extra vergine d'oliva non esiste più. Oggi è solo un grande inganno, una trave traballante e destinata ad abbattersi presto al suolo. Prima di ricostruire la trave occorre però rifondare i due pilastri su cui dovrà poggiare.
Per molti anni il mondo oleario è stato governato, nel bene e nel male, sulla base di un tacito accordo tra olivicoltori e frantoiani da una parte e imbottigliatori e industriali dall'altra.
Olivicoltori e frantoiani godevano di abbondanti sussidi pubblici, arrivando al punto che la compensazione del reddito era persino superiore al reddito stesso. Una droga.
Imbottigliatori e industriali hanno goduto di una “liberalità commerciale” che era costituita non solo da frodi e sosfisticazioni, ma anche da regole molto blande e accomodanti, da controlli depotenziati, da sanzioni leggerissime. Un'immensa zona grigia dove si potevano fare buoni affari. Una droga.
A un certo punto uno dei due pilastri ha cominciato a essere eroso alla base. I contributi pubblici per olivicoltori e frantoiani hanno cominciato a ridursi. Prima le associazioni hanno tentato di attuare una strenua difesa delle prerogative dei loro iscritti, poi hanno cominciato a picconare l'altro pilastro. Muoia Sansone con tutti i Filistei.
Come fu una battaglia di retroguardia quella contro la riduzione dei sussidi, oggi lo è quella di una parte del mondo industriale contro la demolizione della “liberalità commerciale” di cui hanno goduto e stanno, in parte, ancora godendo.
Non ci sono infatti solo olivicoltori e frantoiani a picconare quel pilastro. Molti altri si stanno aggiungendo. Non è un caso se si stanno moltiplicando scandali internazionali su frodi e sofisticazioni: dagli Usa al Giappone, a Taiwan. La reputazione del sistema oleario non è mai stata tanto bassa, come dimostrano i recenti avvenimenti in Cina, dove persino le evidenze scientifiche a tutela delle aziende europee sono state cestinate. Non ci credono più.
La battaglia di retroguardia condotta da una parte del mondo industriale e commerciale è destinata a fallire ma far sopravvivere quel sistema per qualche anno ancora, significano milioni di euro. E' per questa ragione che a picconate hanno cominciato a rispondere con picconate.
Ne è scaturita una guerra che dura ancora oggi. Una guerra che non avrà vincitori nè vinti se gli attori non decideranno, finalmente, di demolire definitivamente i due pilastri traballanti su cui poggia la trave dell'extra vergine, costruendone di nuovi.
L'Alta Qualità, in questa prospettiva, rappresenta una chance.
Il modello di certificazione costruito, il disciplinare, i parametri. E' tutto imperfetto, frutto di compromessi, spesso al ribasso. Ci si potrebbe scrivere un libro sulle magagne e le aberrazioni dell'Alta Qualità. Qualcuno magari lo farà.
Resta comunque un'opportunità, per entrambi gli attori della filiera: partire dall'Alta Qualità per costruire una nuova casa per il mondo oleario. Nuove fondamenta e un nuovo equilibrio che parta dal mercato, anzi dai mercati.
L'Alta Qualità ha infatti in sè un difetto originario. E' ancora un'area grigia tra gli artigiani e gli industriali. Gli uni e gli altri possono utilizzarla. Il come farà la differenza.
Se ciascuno dei due cercherà di piegarla ai propri interessi, il tutto si tradurrà nell'ennesima battaglia campale senza vincitori nè vinti. L'ennesimo marchio, l'ennesimo sperpero di soldi pubblici.
Le denominazioni d'origine ne sono il lapalissiano esempio, purtroppo. Strette tra le deficienze di olivicoltori e frantoiani che non vi hanno costruito sopra un mercato e le furbizie di industriali e imbottigliatori che le hanno utilizzate come traino e grimaldello a favore dei loro prodotti standard.
Se accadrà lo stesso, l'Alta Qualità fallirà e potrebbero essere i colpi decisivi ai due pilastri, facendo rovinosamente cadere la trave dell'extra vergine.
Se, invece, ciascuno dei due prenderà spunto dall'Alta Qualità per separare il mercato dell'olio artigianale da quello dell'olio industriale, allora forse c'è una speranza.
L'Alta Qualità è un nuovo campo di gioco dove speriamo non varranno le vecchie regole, sempre che la politica, terzo incomodo, si decida a occuparsi del tema.
Oggi sta solo perdendo e prendendo tempo, in attesa e nella vana speranza che il comparto si risani da sè, per poi porre il sigillo sul compromesso raggiunto.
L'Alta Qualità è oggetto di continue e inutili riunioni che producono documenti smentiti nel giro di pochi giorni, se non di poche ore. Il motto è decidere di non decidere. Sia mai che venga fatto oggi quello che può essere rimandato a domani.
di Alberto Grimelli
fonte:Teatro Naturale
21/01/2014
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