RISPARMIO ENERGETICO: per i lavori in condominio a rischio la maggioranza semplice
In condominio, per il risparmio energetico, c’è più tempo. Se la possibilità di portare in detrazione fino al 65% delle spese sostenute per opere che migliorano la performance dell’edificio è prorogata fino al 31 dicembre 2014 per le case e i fabbricati singoli, quando il cantiere viene aperto in un immobile condominiale, allora c’è tempo fino a giugno del 2015 per accedere alle agevolazioni. Un principio che tiene conto dei tempi lunghi che, in genere, in un palazzo suddiviso in più proprietà servono a mettere tutti (o quasi) d’accordo e a permettere all’assemblea di decidere.
Il quorum per deliberare
Secondo la formulazione del Decreto destinazione Italia (Dl 145/2013) attualmente in vigore, per deliberare le opere finalizzate al risparmio energetico è sufficiente il quorum “semplice”, composto dalla maggioranza dei condomini e almeno un terzo del valore dell’edificio, a patto che si ricorra a una diagnosi energetica oppure ad un attestato di prestazione energetica (legge 10/91). Se il decreto dovesse però essere modificato nella versione licenziata ieri dalle commissioni Finanze e Attività produttive della Camera – il testo passerà da domani all’esame dell’Aula di Montecitorio e dovrà essere convertito in Senato entro il 22 febbraio – si tornerà a quanto previsto dalla riforma del condominio (legge 220/12), che aveva creato molta confusione in materia. La norma infatti prevedeva in un passaggio l’inserimento delle opere finalizzate al risparmio energetico tra le innovazioni (per cui serve la maggioranza qualificata). E in un altro passaggio che era invece possibile la maggioranza semplice, ma solo nei casi in cui venisse effettuata una diagnosi energetica.
La diagnosi energetica
La diagnosi è una sorta di checkup, realizzato a monte, con il compito di valutare lo “stato di salute” del fabbricato, individuarne i problemi sotto l’aspetto delle dispersioni, per dare la ricetta migliore per risparmiare. L’audit può essere effettuato da un professionista, abilitato e iscritto a un ordine o collegio di riferimento, da una società di consulenza specializzata o da una Esco (Energy service company): a differenza di ciò che normalmente accade per gli Ape, la diagnosi può essere effettuata anche da chi ha progettato o costruito in prima battuta la casa. Non occorre rispettare il criterio di terzietà. L’importante, però, è scegliere con estrema cura a chi affidarsi. Il costo va dai 500 fino ai 4mila euro: ma a seconda delle dimensioni dell’edificio o delle condizioni climatiche presenti è bene mettere in conto anche una spesa superiore. Ben sapendo che ci sarà un ritorno.
L’attestato di prestazione energetica
L’Ape, che sostituisce il vecchio attestato di certificazione energetica o Ace, viene redatto secondo le norme nazionali o quelle regionali, a seconda che l’amministrazione locale abbia varato o meno un sistema particolare. È rilasciato da esperti qualificati e indipendenti (in questo caso è fondamentale la terzietà), che non abbiano conflitti di interesse rispetto al fabbricato che devono certificare. Il prezzo varia molto, a seconda anche della serietà di chi lo produce, ma è inferiore a quello di una diagnosi ben fatta. Nella nuova versione, l’Ape non dovrebbe tuttavia tenere solo più conto delle prestazioni della casa per il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitaria, ma anche per la climatizzazione estiva, la ventilazione e, per gli uffici, l’illuminazione naturale. Inoltre il nuovo attestato dovrebbe dettare le raccomandazioni per migliorare la performance, separando la previsione di interventi di ristrutturazione importanti da quelli di riqualificazione al fine di abbattere i consumi. Attualmente, tuttavia, non essendo ancora stati emanati dal ministero i criteri per la compilazione esatta dell’Ape, di fatto il documento – che pur ha cambiato denominazione – continua a essere compilato come un vecchio Ace. Inoltre, nello scegliere la strada del l’Ape è bene tenere conto che il documento vale dieci anni e decade in caso di lavori di miglioramento dell’edificio. Per questo, a priori, è più vantaggioso (oltre che una scelta più saggia anche in termini di visione generale delle opere da effettuare) scegliere la strada della diagnosi energetica. Soprattutto tenendo conto che, non per la sostituzione di una caldaia, ma ad esempio per le coibentazioni o i cappotti termici, l’Ape deve essere prodotto ex novo e per obbligo alla fine dei lavori per ottenere gli incentivi fiscali del 65 per cento.
Come scegliere l’impresa giusta
Creare più danni che benefici, per effetto di cappotti mal eseguiti e valvole termostatiche installate senza competenze, è un rischio concreto. Gli interventi di restyling energetico vanno pensati, progettati ed eseguiti con cura. Ciò significa che cruciale è individuare il consulente adatto a svolgere un’accurata diagnosi energetica (o in alternativa la certificazione). Meglio chiedere, poi, preventivi differenziati per l’esecuzione dei lavori, vagliando bene la “credibilità” dei fornitori: per scegliere, il criterio non deve essere sono quello del prezzo. In tutti i casi, occorre infine porre estrema attenzione a delle clausole di garanzia di prestazione, che non siano solo verifiche cartacee. Un’alternativa al ricorso a progettisti e installatori distinti per l’affidamento dei lavori è un’azienda in grado di fornire un “servizio energia”. Al termine dei lavori, dopo aver pagato l’impresa attraverso bonifici bancari, l’amministratore indicherà la quota imputabile al singolo condomino e rilascerà a ognuno di questi (salvo i morosi) una certificazione della quota spettante in base ai millesimi. Toccherà poi al condomino portare avanti la pratica di detrazione nella sua dichiarazione dei redditi.
Di Silvio Rezzonico e Maria Chiara Voci
Fonte: il Sole 24 Ore
10/02/2014
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