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''I porti di Puglia dal V al X secolo: Dall’antichità al Medioevo'' - 2^ parte

''I porti di Puglia dal V al X secolo: Dall’antichità al Medioevo'' - 2^ parte


Nel 568 scendono in Italia i Longobardi e da Benevento muovono alla conquista dellApulia. I Greci mantengono soltanto Otranto e Gallipoli. Un nuovo pericolo minaccia i paesi longobardi. Dalle coste africane gli Arabi, ormai padroni della Sicilia, si spingono sulla costa pugliese. Nell’838 una flotta musulmana entra nel porto di Brindisi. Gli Arabi saccheggiano la città e si ritirano dopo aver imbarcato sulle loro navi centinaia di giovani destinati ai loro mercanti di schiavi. Ma i Longobardi, che nel 663 hanno resistito alle armate bizantine che hanno seguito Costante, l’imperatore greco sbarcato a Taranto per riconquistare l’Italia, questa volta non sono in grado di far fronte agli Arabi.
Nell’847 il berbero Kalfun entra in Bari. Bari è ora capitale di un emirato e al suo emiro presta giuramento di fedeltà e di vassallaggio il duca di Benevento .
Monaci non baresi, venuti a Bari, e mercanti baresi ottennero dal terzo emiro Sawdân lettere credenziali commendatizie e passaporti per l’emiro capo, o meglio califfo di El Cairo d’Egitto, per cui i Baresi indirizzarono le loro navi verso l’Egitto, dove in tal modo per la prima volta entrarono in diretta relazione con il grosso della navigazione e del commercio del mondo arabo. Ma ciò non poteva improvvisarsi, bensì doveva essere il seguito di una preesistente attiva tradizione di navigazione mercantile in piena efficienza anche durante il periodo buio dal secolo VI al secolo IX .
Più protagonista delle altre è indubbiamente Bari. Al primato nella regione di Taranto come splendida regina della Magna Grecia e di Brindisi come porto romano segue, in questo periodo, quello di Bari musulmana prima e bizantina poi. La città diviene caput Apulia, centro militare, amministrativo e commerciale. Dapprima sede di un gastaldo, poi di un emiro, quindi di uno stratego e di un catapano, diviene capoluogo di tutti i dominii bizantini in Italia meridionale. Certo è che all’alba del nuovo millennio Bari, pur col¬pita da tante lotte, è ormai divenuta la città ed il porto più impor¬tanti della regione. La presenza di «grandi famiglie» bizantine, di contingenti militari, di marinai e di mercanti ed il primato ammi¬nistrativo favoriscono una intensa vita politica che trova espressione nelle numerose rivolte antibizantine .
I Bizantini si installano a Bari cade nell’871, e riescono a divenire, di fatto, signori del territorio tolto agli Arabi.
I musulmani sono ancora a Taranto: la perdono nell’880, ma la riprendono nel 927 e la terranno sino al 967.
Coinvolte nelle lotte tra Longobardi, Bizantini e Franchi per il predomino in Italia meridionale, le città pugliesi, cambiano spesso padrone e subiscono ripetuti saccheggi.
Bari si ribella ai Bizantini nell’888; poi nel 935 è costretta ad accoglier i funzionari dell’Impero d’Oriente .
Un quadro quasi completo dei porti e degli scali esistenti all’inizio del V secolo in Italia è offerto dalla Ta¬bula Peutingeriana. Sebbene non si tratti di una carta nautica essa riporta lungo gli itinerari costieri il nome e la situazione geografica degli scali marittimi allora funzionanti . Ne deriva che il suo raffronto con le fonti geografiche altomedievali posteriori (in particolare con la Cosmografia dell’Anonimo Ravennato e con la Geografia di Guidone) e con i primi documenti nautici medievali a noi giunti (es. il «Compasso de Navigare» e la «Carta del Mediterraneo», detta Pisana) consente di determinare con sufficiente approssimazione gli scali scomparsi e quelli sorti durante l’alto Medioevo. Molto più arduo è invece tentar di ricostruire le caratteristiche delle strutture portuali e dei bacini allora utilizzati. Non sempre si hanno dati archeologici o notizie storiche che possano far luce in proposito e rari sono gli esempi di bacini sopravvissuti in maniera integrale.

A Taranto, in età altomedievale venne utilizzato, come in età classica, il bacino del cosid¬detto Mar piccolo, in cui le banchine portuali si stendevano fra il fossato e la rientranza di S. Lucia e sono state rinve¬nute strutture di magazzini portuali di varia epoca. Proco¬pio (B.G. III, 23) dice che nel dicembre del 546 «Giovanni, trovandola assai vasta e non potendola difendere tutta, separò dal resto della città la parte dell’istmo e la fortificò dall’uno all’altro lato del mare con un muro e vi scavò attorno una fossa profonda. Quindi vi raccolse i Taran¬tini e gli abitanti dei luoghi vicini e ripartì lasciandovi un forte presidio». Ma, queste fortificazioni non riuscirono ad impedire che Totila, come ricorda Procopio (B.G. III, 37) la riprendesse nell’autunno del 549 e che Pacuvio, comandante bizantino di Otranto, se ne impadronisse nuovamente nell’autunno del 552 dopo aver sconfitto in battaglia aperta Ragnasi (Procopio, B.G. IV, 34), allora comandante dei Goti di Taranto. Non conosciamo le condizioni del porto in età longobarda, ma sappiamo che dopo essere stato ripreso da Costante II nel 663 II duca Romualdo lo riconquistò e quindi ricadde sotto il domi¬nio dei Bizantini (803) . Caduto nell’ 846 in mano saracena venne liberato nell’864 dalle navi veneziane del Pa¬trizio Ugo, poi ripreso ancora dai Saraceni e quindi libe¬rato nell’880 da una flotta bizantina comandata da Nasar ed inviata da Basilio I il Macedone . Nel 926 – 27 venne ancora distrutta dai Saraceni . Infine nel 967, dopo 40 anni, risorse per opera dell’imperatore Niceforo II Foca. Questa data, secondo il Palumbo, non è attestata da fonti ma da cronisti. Il Merodio scrive che «un Nice-foro, per ordine dell’omonimo sovrano, restrinse la città nella superficie e la cinse di solide mura. In questa occasione sembra che venissero anche restaurate le strutture por¬tuali del Mar piccolo. L’entrata a questo bacino presenta alcune difficoltà perchè è preceduta dalla vasta inse¬natura del Mare Grande, davanti alla quale si stendono fra Capo Rondinella e Capo S. Vito varie secche ed i due isolotti di S. Pietro (detto prima Isola Grande) e di S. Paolo. Il Compasso offre una particolareggiata descrizione della rotta da seguire per giungere al Mar piccolo: «Taranto è bom porto, et à II isole en mare V millara per scirocco ver meczo dì... E podete entrare entre l’isola (S. Paolo) ed‘1 capo (S. Vito) appresso dell’isola entorno III prodesi». Avverte inoltre che all’isola maiore (isola di S. Pietro) à bono ponedore a tucti venti, davanti al mo¬nastero ch’ede en meczo dell’isola sopra dicta da maestro …se volete gire al porto de Taranto, mettete l’isola peticta (S. Paolo) ch’è da greco per mecza poppa, e ‘1 capo della città ch’è da garbino per mecza proda, e cos’ entrarete necto, per uno tuvolo (canale) che è en quella parte del golfo sopre dicto. Et onora la ponta de la città meczo prodese. Se podete afferrare e serrete en no porto (Mar Piccolo), et à fondo de VI passi. All’isola de ver la città e fondo sorgitore e scampa¬tore per canale.


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