Tenebre e Luce - 2^ parte
Mark controllò ancora una volta il proprio equipaggiamento: coltelli da lancio, spada lunga, arco e faretra di cuoio, armatura, mantello, lanterna, pietra focaia e corda. I viveri: frutta secca (solo in caso non ci fosse più nulla di commestibile nel mondo esterno) acqua e liquore dei nani, per le notti fredde.
Sbuffò, irritato. Non riusciva a smettere di pensare al suo viso pallido e terrorizzato. Ricordava benissimo quello sguardo: lo stesso di quando la testa della madre era diventata cenere in sua presenza. Non era stato abbastanza veloce da impedirle di guardare quel corpo smembrato, deforme e putrefatto, e lei aveva pianto per giorni interi. Dopo quello del padre, ucciso dai Vampiri perchè era uscito nelle foreste, stanco di star rinchiuso come un’animale, aveva subito uno shock ulteriore così impossibile da credere. E aveva dieci anni, dieci anni umani.
Già adulto, aveva riempito quella mancanza con la propria ingombrante mole, le proprie maniere sincere e dirette e il proprio ottimismo, ma la lacuna restava sempre: ogni volta che qualcuno moriva nello stesso atroce modo lei si raggomitolava e ridiventava la bambolina impaurita.
Lui sapeva benissimo che ogni commento cinico sulla morte e sul dolore erano solo un modo per allontanarli da sè, per banalizzarli. Aveva inoltre il sospetto che ci fosse del senso di colpa – quello dei sopravvissuti, quello ormai era dominante negli elfi che scoprivano l’inquietudine del restare soli – in ogni ricerca reale o ipotetica di libertà e felicità.
Molto prima che l’arte fosse proibita, lei aveva negato a sè stessa ogni manifestazione di quei sentimenti che si dibattevano in lei come pesci arenati sulla sabbia. Colpa perchè non poteva riabbracciarli, colpa perchè non riusciva a salvare la sua gente, colpa perchè lei era viva, e loro no .
L’ibrido temeva questi sentimenti, tanto quanto temeva il suo pessimismo. Non poteva comprenderla nella sua tristezza, lui non capiva; non poteva capire. Era viva, e non c’era alcuna colpa imputabile a lei. Perchè torturarsi negli ultimi anni, perchè non guardarsi intorno e comprendere che, da quella notte in cui l’aveva consolata per quella prima mancanza, non era passato giorno in cui avesse smesso di prendersi cura di lei? Perchè non si accorgeva di quel legame così puro e intenso tra loro?
- È permesso, Mark? – chiese la sua voce musicale, come quella di tutti gli elfi ma meno controllata.
- Indil … certo. –
La ragazza fece qualche passo verso lo zaino di tela grezza dell’amico. Rovistò, curiosa, meditando sugli oggetti da viaggio in suo possesso.
- Ehm … ascolta … non è che potresti aiutarmi? Non credo di avere il necessario per la nostra “missione” e non so davvero cosa serva. È il mio primo viaggio. –
- Si, ti aiuto …. Certo …. –
- Sei … pensieroso? –
- Penso che sia meglio che tu rimanga qui. –
- Scherzi, dopo aver litigato con il nano isterico dovrei restare qui? Quello mi fa strappare le unghie appena mi distraggo. –
Mark non rise, e Indil colse il suo sguardo preoccupato. Gli passò una mano sul braccio, una carezza che voleva incoraggiarlo e proteggerlo. Incredibile: lei sentiva come necessità quello di consolarlo mentre era lei che stava crollando.
- Cosa c’è che non va? – mormorò cauta, notando l’irrigidimento dei lineamenti marcati del ragazzo.
- Indil. Promettimi una cosa. Qualunque cosa dovesse accadere, tu andrai avanti. Continuerai a vivere smettendo di tormentarti per cose che non dipendono da te. Me lo puoi promettere? –
- Perchè mi dici questo? –
- Perchè ho l’impressione che a volte tu dica sul serio quando parli di suicidio, visto che tiri in ballo l’argomento spesso e volentieri. –
L’elfa guardò verso il pavimento, a disagio. Sì, ci aveva pensato spesso, nonostante venerasse la vita come tutta la sua razza: se non fosse stato per la presenza di quel ragazzone affettuoso al suo fianco avrebbe tradito gli Dei con il più grave peccato. L’atmosfera di angoscia e tensione della Roccaforte alimentava il suo antico dolore. La sofferenza che provava ogni giorno non era per lei! La morte non la terrorizzava in sè ma per il distacco altrui dal mondo. Quando assisteva ad una separazione inevitabile riviveva tutto il senso d’abbandono e impotenza di quella notte lontana: la morte della sua adorata madre.
Temeva solo questo: che i soldati che le facevano da scorta lasciassero soli i propri piccoli e le proprie mogli, che lasciassero l’assenza in un mondo già molto freddo e vuoto.
Avrebbe tanto voluto che ci fosse una soluzione diversa, che escludesse la sofferenza dei suoi fratelli. Ma era impossibile, qualcuno di sicuro avrebbe sofferto. Non lei, forse, perchè il destino l’aveva già torturata abbastanza … forse. Ma il solo pensiero della sofferenza altrui le creava un senso di ripulsa e tormento: non sapeva dare a questo sentimento un nome, forse …. compassione?
E si sentiva responsabile perchè era lei ad aver intrapreso una strada impossibile … andare all’Ovest, solo un suicidio! Avrebbe avuto il coraggio di spaccare a metà le famiglie? Nessuno avrebbe mai dovuto provare quel senso di vuoto e di freddo.
- Perdonami, Mark. A volte il dolore che provo ancora e quello che vedo negli occhi dei nostri fratelli è troppo da sopportare. Temo di provocare la morte di chi mi seguirà, di dividere per sempre chi si ama. E non è giusto che accada solo perchè io sono temeraria! –
- Stupida, piccola altruista! È ovvio che questa azione sia solo disperata e mettiamo il caso che non abbia conseguenze … positive per noi. Stai dando una possibilità a tutti! Questo è quello che farebbe un capo, e tu lo fai a costo della tua vita. Ricorda che chi ci accompagnerà sarà un corpo di guardia volontario, persone che si fidano di te, che come te danno tutto perchè i loro cari sopravvivano. Io non posso capire il dolore che provi per la perdita dei tuoi genitori … però so bene che se perdessi chi amo di più al mondo impazzirei. –
Le accarezzò piano i lunghi capelli castani, scacciando dalla mente quella orrenda immagine della ragazza mutilata dal Morbo che le parole del nano avevano evocato quella mattina.
Indil sentiva che da qualche parte della sua mente ronzava una soluzione che non avrebbe esposto nessuno a rischio tranne sè stessa. Forse avrebbe dovuto sacrificare una sola persona, oltre a lei. Qualcuno che l’avrebbe seguita in ogni luogo, sempre.
25/02/2014
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