La domotica diventa accessibile
Elettrodomestici e oggetti intelligenti inizieranno presto a dialogare tra loro nelle nostre abitazioni e, quando accadrà, Google vorrà essere al centro della conversazione. Con l'acquisizione per 3,2 miliardi di euro dei termostati e rilevatori di fumo Nest Labs, il gigante di Mountain View vuole entrare nelle nostre case e, mentre cresce il numero di dispositivi domestici intelligenti sul mercato, vuole assicurarsi che tutti in futuro sappiano parlare la lingua di Android, e non iOs o Windows.
Finora il business della "casa connessa" non è mai riuscito a decollare. La domotica viene ancora percepita come un "giochino", per pochi che se lo possono permettere. Ma l'acquisizione di Nest Lab ha riacceso le speranze e, se Google diventerà vero protagonista dell'home automation, è probabile che presto i prodotti smart per la casa diventino più accessibili, economici e facili da usare. La frontiera è quella dell'internet of things, un mondo cioè in cui dal tostapane al bollitore del the, ogni oggetto sarà dotato di un microchip che gli permette di inviare e ricevere informazioni in Rete.
Google non ha ancora rivelato i suoi piani. Ma sono già in tanti ad aspettarsi l'arrivo sul mercato di un'intera linea di prodotti per la casa, connessi a internet. Alcuni potrebbero sfruttare servizi Google già esistenti: ad esempio l'app Google Now, una specie di assistente digitale intelligente che fornisce informazioni su misura all'utente, potrebbe diventare ancora più utile; la mappatura digitale potrebbe studiare il layout della casa e delegare le faccende domestiche ad un robot (vedi la recente acquisizione dell'azienda robotica Boston Dynamics da parte di Google, ndr). Con un occhio sempre attento alla privacy, Mountain View potrebbe così iniziare a raccogliere informazioni tra le mura domestiche, ad esempio controllando i consumi di una lavatrice o del televisore.
Nel frattempo i produttori si tuffano nel business degli elettrodomestici smart. Il mercato è destinato a crescere rapidamente, superando 24 milioni di unità entro il 2017, secondo Abi Research. In questo contesto si inseriscono la serratura intelligente August Smart Lock (199 dollari) che permette di aprire la porta con lo smartphone, senza costose procedure di installazione: la lampadina Hue di Philips; il frigorifero T9000 della Samsung; e così via. Ai singoli prodotti si affiancano gli aggregatori domatici, cioè i sistemi di controllo dell'automazione che consentono di gestire e regolare I dispositivi da remoto. Aziende come Adt o Comcast offrono già applicazioni di questo tipo (Adt Pulse, ad esempio, è l'app presentata all'ultimo Ces di Las Vegas che può controllare luci, termostati, serrature e piccoli elettrodomestici). In Italia dominano il mercato Btcino, Vimar, Giwess, Somfy e altre minori.
Quello che ancora manca, però, è un linguaggio comune adottato da tutti i produttori che consenta ai singoli apparecchi di scambiarsi informazioni tra loro, all'interno di un sistema condiviso, rendendo più semplice e accessibile l'automazione domestica. Da qui nasce il recente accordo stretto tra quattro importanti gruppi mondiali - ABB, Bosh, Cisco e Lg – per cooperare nella definizione di una piattaforma software aperta: tutti gli apparecchi funzionanti con energia elettrica potranno utilizzare uno standard comune per lo scambio di dati. E in attesa di Mountain View, anche le aziende italiane hanno deciso di darsi una mossa: «Se non facciamo niente, tra un po' arriva Google e impone gli standard che gli fanno comodo», ha detto la settimana scorsa Andrea Merloni, presidente del consorzio di imprese Ho me Lab, presentando Open Web Net (vedi scheda in alto a destra), un linguaggio informatico che consente ad un primo gruppo di prodotti made in Italy di dialogare tra loro.
Di Michela Finizio
Fonte: il Sole 24 Ore
26/02/2014
|