Sant’Achille, ecco il tempio. Le parole del vescovo
Sono gli occhi di don Raffaele commossi, gioiosi e orgogliosi, lo specchio di una comunità, di un quartiere che ha creduto sino in fondo nella costruzione della nuova chiesa di Sant’Achille. Di una comunità in festa, di una comunità partecipe che ha vissuto intensamente e con entusiasmo le fasi della costruzione.
I rito della dedicazione della chiesa di Sant’Achille è stato una grande festa per la comunità parrocchiale, per il quartiere, per la città e per la diocesi, alla presenza delle autorità religiose, civili e militari. Dopo 37 anni e dopo tanto peregrinare, gli abitanti di un quartiere giovane ed in forte espansione riescono ad avere un luogo di culto consono alle proprie esigenze.
Bene si armonizza la nuova struttura con il precedente complesso, sembra una sua naturale prosecuzione. Luce, splendore e immensità sono le caratteristiche della nuova casa del Signore, una casa che potrà ospitare 600 fedeli sino ad un massimo di mille. Il progetto è stato realizzato dall’architetto Antonio Grasso e dall’ingegnere Enzo Balducci.
E’ il vescovo, mons. Luigi Martella, a spiegare a MolfettaLive.it il significato che questa nuova Chiesa avrà per la città e per la comunità religiosa: «Per la comunità può significare un segno di attenzione verso il luogo di culto. E’ un edificio sacro che si inserisce in maniera armonica nel contesto di un quartiere recente. Una chiesa, un edificio sacro, un tempio, casa tra le case, questo è stato il principio ispiratore del progetto, quindi la città che si ingrandisce, si allarga e che contestualmente a questa espansione della città cresce anche il segno del sacro, della fede».
Continua il vescovo: «Per quanto riguarda la comunità, trova in questo luogo la sua vera identità in quanto fraternità, popolo di Dio. La chiesa è solo un segno, perchè la vera Chiesa sono le persone credenti, però il luogo, il tempio, a partire da Davide in poi,è stato il luogo dove il Signore ha abitato. ma il Signore non può essere circoscritto dalle mura, come ha detto Gesù: “Lì dove c’è un popolo radunato nel mio nome, lì ci sono io”. In questo senso c’è sempre la presenza del Signore lì dove c’è un popolo che prega, un popolo che adora, un popolo che invoca».
Infine mons. Martella ci dice: «Durante la fase di costruzione dell’edificio ho notato la corrispondenza di un popolo, di una comunità che ha vissuto intensamente questa graduale crescita dell’edificio materiale, ma è stata anche una crescita di entusiasmo, di partecipazione, di condivisione, un coinvolgimento generale che ha dato tanta soddisfazione e gratificazione e questo è anche segno di fede e di speranza».
Segni, gesti, riti perchè un edificio si trasformi in luogo di culto, in “casa del Signore”. La consegna delle chiavi da parte dell’architetto al vescovo il primo di questi gesti, semplici, ma dal grande significato, l’uomo che si affida al Signore.
La vera consacrazione dell’edificio è passata attraverso alcuni riti come l’aspersione delle mura con acqua benedetta, l’inserire all’interno dell’altare le reliquie di San Corrado, San Pio, San Giovanni Bosco e San Domenico Savio, santi protettori insieme a Sant’Achille della comunità religiosa. Ancora gesti evocativi, come il cospargere l’altare con olio crismale, lo stesso olio con cui don Raffaele ha unto e benedetto le quattro croci, simboli dei quattro punti cardinali.
Con la preghiera di dedicazione il vescovo ha consacrato la nuova Chiesa, infine incensando l’altare e i fedeli.
Simboli, gesti, riti che hanno dato una nuova speranza ai fedeli e un nuovo luogo di culto alla città.
Nelle parole di don Raffaele Tatulli, parroco della Chiesa Sant’Achille l’orgoglio dell’opera appena portata a termine: «E’ un’emozione particolare, perchè è una creatura che ho visto crescere dalle fondamenta sino all’ultimo particolare. Ma accanto alla costruzione materiale mi sono sentito circondato da tutta la comunità che mi ha sostenuto, ha voluto contribuire in modo partecipe perchè desiderava avere una chiesa degna di una comunità giovane, vivace, che ha partecipato sia dal punto di vista spirituale ma anche da un punto di vista di ubicazione, perchè quella che oramai si definisce la “chiesa vecchia” non riusciva a contenere tutta la presenza della comunità.
Quindi questo nuovo tempio diventa il punto di arrivo di una comunità, che ha avuto in 37 anni varie fasi di locazione, sino a raggiungere questa meta che è motivo di orgoglio per tutta la comunità, ma anche per la comunità diocesana e per l’intera città di Molfetta, che si arricchisce di un monumento, di un luogo di culto dove la gente potrà vivere l’incontro con il Signore, la partecipazione ai sacramenti e anche il momento di preghiera personale».
fonte: Molfettalive.it
26/03/2012
|