LE PAROLE “BUONE” PER RITROVARE SPONTANEITÀ E CONSAPEVOLEZZA - 3^ parte
Regole per una comunicazione consapevole
Collocarsi nel presente, non parlare al passato nè al futuro
Il nuovo è nell’istante, niente si ripete: anche se non ce ne accorgiamo, noi continuiamo a mutare a ogni respiro. La comunicazione, quindi, per cogliere questa incessante trasformazione, deve riuscire a collocarsi “nell’istante”, nel presente. Non deve restare ancorata al passato nè scivolare su proiezioni future: solo così possiamo entrare in relazione con quella componente creativa che è ininterrottamente in azione in noi e nei nostri interlocutori.
LA REGOLA. Per questo motivo, per sentirci (ed essere) davvero il fulcro di una comunicazione che ci appartenga e ci faccia stare bene, dobbiamo collocarci nel presente. Oltretutto, ancorandoci troppo al passato o proiettandoci nel futuro, ci esponiamo al rischio di scivolare in atteggiamenti da depressi (“giochi sono già stati fatti, non si può più fare nulla”) o di diventare ansiosi (“E se poi non andrà come spero?”). Se la comunicazione si colloca nel territorio fluido di ciò che è, non può che stare nell’istante, ossia il luogo della spontaneità e della consapevolezza. Quando si parla, bando ai ricordi o alle ipotesi ancora a venire: la partita si gioca adesso.
LE FRASI CHE CI AIUTANO. Scrive ancora Osho ne Il libro dei segreti: “Il presente non fa parte del tempo. Il presente fa parte dell’eternità. Tempo è ciò che è passato; tempo è ciò che è a venire. Ciò che non è tempo, perchè è sempre. Ora. Questo ora è eterno”.
“Nell’istante c’è solo spazio per la verità, la mente coi suoi trucchi non ha gioco. Ed è ancora e solo nell’istante che ci può essere reale ascolto, perchè, come il presente, anche il silenzio non ha tempo”.
COME FARE. Diciamo basta ai condizionali, ai passati, ai futuri: sono soltanto trame su cui il pensiero tesse con maestria le sue trappole! C’è una grande differenza quando parliamo con il senno di poi: “tratte le debite conclusioni, ti dico che…”. In questo modo, l’immediatezza della percezione finisce, la luce dell’intuizione, improvvisamente, si spegne, la parola diventa pesante. Lo stesso accade quando non ascoltiamo, quando fingiamo soltanto, preparandoci in realtà a ciò che diremo non appena l’altro avrà smesso di parlare. È un virtuosismo verbale reciproco. La comunicazione dell’istante, invece, è sempre fresca e “innocente”: di conseguenza, comunica davvero.
Di Vittorio Caprioglio
11/04/2014
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