LE PAROLE “BUONE” PER RITROVARE SPONTANEITÀ E CONSAPEVOLEZZA - 5^ parte
Regole per una comunicazione consapevole
Buttare via le parole inutili
Liberiamoci del superfluo: è una regola aurea nella comunicazione ma anche nella vita, al punto che negli Stati Uniti sono nati gruppi di studio e associazioni sullo space clearing, una vera e propria filosofia che insegna come liberarsi dagli oggetti (ma anche dalle abitudini, dai gesti ripetuti) che intasano e appesantiscono le nostre vite.
Fare pulizia è un gesto fondamentale anche per chi comunica: se le nostre parole, infatti, sono appesantite da mille orpelli o intasano totalmente lo spazio delle relazioni interpersonali, difficilmente voleranno con leggerezza fino all’obiettivo. La comunicazione, per essere efficace, deve essere essenziale.
LA REGOLA. Prima di tutto impariamo a parlare quando è necessario, quando c’è la reale esigenza di condividere, di comunicare: e anche se restiamo in silenzio, cerchiamo di essere sempre consapevoli, sempre in ascolto, sempre pronti a cogliere quello che ci arriva dall’altro.
Parlarsi adosso è un’abitudine meno innocua di quanto sembri: alimenta i circoli viziosi del pensiero, crea confusione, ci allontana dalla sostanza della vita.
LE FRASI CHE CI AIUTANO. “La comunicazione non ha niente a che vedere con il pensiero: il modo in cui noi pensiamo non conta nulla, tanto meno come sentiamo o se siamo d’accordo oppure no”. Samuel Taylor Coleridge, uno dei più grandi poeti anglosassoni, lasciò quarantamila poesie incomplete e ne ultimò solo sette. Questo è un insegnamento da tenere presente: anche l’incompleto ha un suo fascino e un suo valore, anche un pensiero lasciato volutamente a metà può rendere brillante un dialogo.
COME FARE. Impegniamoci a togliere dal nostro linguaggio tutte le parole “in più”: niente incisi, niente introduzioni o conclusioni inutili. Evitiamo domande manipolatorie del tipo “è così?”, “è vero?”. Snelliamo il discorso da frasi fatte, sentenze, modi di dire proverbiali… E, soprattutto, fuggiamo a gambe levate a ripetizione. Così facendo, potremo verificare come, la nostra comunicazione finirà per trasformarsi, acquistando finalmente parole e direzioni inaspettate. Liberiamoci anche dall’eccesso di attributi, aggettivi, esempi, associazioni… Una comunicazione così ridondante è come il proliferare di erbacce intorno a un germoglio: se non le strappiamo, rischieremo di soffocare la piantina nuova. Comunicare dovrebbe invece, essere un modo per farle spazio, nient’altro.
Di Vittorio Caprioglio
25/04/2014
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