L'acqua migliore per la salute dell'olivo
L’analisi chimica, fisica e biologica consente un corretto apporto irriguo che garantisce sia il rapporto terrenopianta, sia l’efficienza della rete di irrigazione. Alcuni tra i parametri considerati: sali, pH, temperatura e batteri
Le analisi delle acque utilizzate soprattutto nell’irrigazione localizzata, unitamente a quelle del terreno, rappresentano una base di elementi indispensabili per conoscere preventivamente quali sono le correlazioni chimico-fisiche tra l’apporto idrico e la pianta.
I parametri chimici, fisici e biologici che hanno una loro influenza per valutare se l’acqua da destinare all’irrigazione risponde alle esigenze fisiologiche dell’olivo e alla funzionalità dell’impianto irriguo sono: salinità, pH, macro e micro elementi, temperatura, solidi in sospensione e loro dimensione, batteri, alghe, funghi.
La presenza di sali solubili e la loro quantità sono indicatori che consentono di valutare l’idoneità o meno delle acque per uso irriguo, in quanto se vengono superati certi valori si innescano processi di salinizzazione o sodicizzazione dei terreni e fenomeni di tossicità che incidono negativamente sulla fisiologia della pianta nonostante l’olivo sia abbastanza tollerante alla salinità dei terreni.
Oltre a conoscere la quantità di sali presenti nelle acque, è necessario determinare la quantità e il rapporto che ne può derivare in seguito al processo di idrolisi dell’acqua stessa (S.A.R.).
Il valore ottimale del pH dell’acqua irrigua varia da 6,5 a 7,5; con valori superiori del pH a 8,5 i precipitati del Fe e del CaCo3 rimangono insolubilizzati, causando frequenti problemi di intasamento degli erogatori.
I composti formati con il ferro, con i tannini e con le sostanze umiche sono più solubili quando il pH è 6,5.
Il trattamento con cloroderivati (ipoclorito di sodio) impiegati per l’abbattimento della carica microbica non è sostanzialmente influenzabile dal pH.
La presenza di alcuni batteri nelle acque può provocare proliferazioni di melme batteriche che causano intasamenti nell’impianto irriguo, con la conseguenza di non garantire una uniformità nell’erogazione dell’acqua.
I batteri del genere Pseudomonas e Enterobacter sono gli agenti responsabili delle melme che, cementificandosi all’interno delle linee adacquatici, provocano la formazione di aggregati di sabbie fini o di limo.
I batteri filamentosi del genere Gallionella, Leptothrix, Crenothrix e Spareotilus possono causare la precipitazione dell’elemento ferro nelle condotte tramite l’ossidazione del Fe2+ e del Fe3+, mentre i batteri aerobici del genere Beggiatoa e Thiotrix possono produrre melme ossidando H2S a S.
Un parametro fisico di altrettanta importanza, oltre a quelli chimici e biologici, è la temperatura dell’acqua misurata nel punto di prelievo: temperatura che varia a seconda che i bacini acquiferi di rifornimento siano superficiali o situati in profondità; la diversa temperatura può innescare nella fonte primaria dei giacimenti delle acque differenti reazioni chimiche che hanno come effetto lo sviluppo di diversi generi di microrganismi.
Inoltre, valori elevati di temperatura che si possono verificare nell’acqua rimasta nella rete irrigua nell’intervallo fra un’erogazione e quella successiva, causano la trasformazione del bicarbonato in carbonato di calcio insolubile, che rimane tale anche con un abbassamento della temperatura dovuto a repentine e forti escursioni termiche.
Un processo di insolubilizzazione che provoca concrezioni che vanno a ostruire in parte i vari segmenti dell’impianto.
Altro problema che si riscontra nella funzionalità della rete irrigua è dovuto al contenuto di particelle solide in sospensione nell’acqua (sabbia, limo, argilla e altre componenti organiche) che quando supera i 50 mg/l possono causare ostruzioni o parziali intasamenti che condizionano di fatto l’efficienza dei filtri, delle elettrovalvole e degli erogatori.
Per limitare gli effetti negativi causati dalla presenza di solidi in sospensione, di natura inorganica e organica, è consigliabile realizzare vasche di sedimentazione a monte dell’impianto irriguo per favorire la decantazione delle particelle medio-grosse (diametro 270 µm), oppure dotare l’impianto stesso di filtri a vortice per le sabbie grosse, di filtri a rete con maglie di 100 µm e di filtri a sabbia o a graniglia per eliminare le particelle di origine organica.
Una soluzione alternativa per migliorare la qualità delle acque da utilizzare nell’irrigazione, viene data ricorrendo all’aggiunta di alcuni batteri ossidanti (Gallionella ferruginea) che fanno precipitare alcune componenti ferrose insolubili, oppure di cloro o di solfato di rame, avendo però l’avvertenza di aspettare che le sostanze in sospensione si siano depositate prima di utilizzare le acque trattate per l’apporto irriguo.
Ricapitolando, quindi, è opportuno valutare preventivamente la natura chimica, fisica e biologica delle acque da destinare all’irrigazione: acque che devono avere requisiti tali da non vanificare i benefici che l’olivo ottiene da un loro corretto apporto e, nel contempo, garantire la massima efficienza dell’impianto mediante una periodica manutenzione delle diverse componenti impiantistiche.
di Antonio Ricci
Fonte: “Olivo e Olio” Agricoltura24
04/05/2014
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