TASSAZIONE SULLE RENDITE FINANZIARIE: I lavoratori già tassati alla fonte, lo saranno ancor di più nella loro veste di risparmiatori.
Ma andiamo per ordine.
Già il nome è sbagliato “tassazione sulle rendite finanziarie”.
Parliamo del giro di vite fiscale così denominato dal governo che dal prossimo luglio colpirà con una aliquota salita dal 20% al 26% conti correnti, depositi, dividenti e capital gain su azioni e obbligazioni, quote di fondi comuni, gestioni patrimoniali, prodotti assicurativi ed altro.
Tutti questi sono “investimenti finanziari” degli italiani e non “rendite”-La rendita finanziaria, infatti, è definibile come una successione di importi, chiamata “rate”, da riscuotere in epoche differenti, chiamate “scadenze”, a intervalli di tempo determinati.
L’errore di definizione, di per sè, è poca cosa; il vero rischio che corre la manovra di Palazzo Chigi è di pensare che con l’innalzamento dell’aliquota si colpiscano finalmente i grandi patrimoni dei paperoni che, invece, se sono ancora in Italia, restano ben al sicuro dietro lo schermo di meccanismi sofisticati quali i “trust” e le “fondazioni” o se invece hanno varcato il confine sono rappresentati da quei 200 miliardi di euro che i nostri connazionali evasori hanno portato all’estero.
Per recuperare questa massa di denaro, ben superiore al gettito di meno 3 miliardi che la nuova tassa sulle “rendite” garantirà alle casse pubbliche solo nel 2015, stiamo aspettando ancora che il Parlamento si decida a varare un provvedimento che agevoli il rientro dei capitali. Come pure aspettiamo che l’Italia sigli un accordo di doppia imposizione con la Svizzera che metta i nostri Paperoni-evasori con le spalle al muro. O le tasse le pagano in Svizzere o rientrano e le pagano in Italia.
Ma veniamo a noi.
Immaginiamo che i risparmi di una vita di un lavoratore (100.000 euro) siano investiti in un portafoglio così composto: 30.000 euro in Btp; 35.000 in obbligazioni; 15.000 in liquidità e 20.000 in azioni. Applichiamo la nuova aliquota del 26% e arriviamo a 1.550,21 euro di tasse sulle “rendite”. Ma il conto per il piccolo risparmiatore non è finito perchè vanno aggiunti 50 euro di deposito titoli, 200 euro di imposta di bollo e altri 20 euro della Tobin Tax introdotta a inizio del 2013 e non ancora armonizzata nel resto d’Europa.
A conti fatti, con il nuovo regime fiscale, le spese totali su un patrimonio di 100.000 euro saranno di ben 1.820,21 euro, vanificando quindi almeno un terzo del bonus fiscale che l’investitore riceverà come lavoratore dipendente.
Concludendo, i lavoratori già tassati alla fonte, lo saranno ancor di più nella loro veste di risparmiatori e prima o poi arriverà la stangata delle stangate, chiamata “patrimoniale” intanto, i veri evasori resteranno con i loro capitali ben al riparo all’estero, perlopiù in Svizzera.
Cari amici, sperando come sempre, di farvi cosa gradita ed utile, vi porgo i miei più cordiali saluti.
Saverio Minervini.
08/05/2014
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