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La delibera condominiale per le spese a carico solo di alcuni proprietari

La delibera condominiale per le spese a carico solo di alcuni proprietari



Chi ha il diritto di partecipare e di votare in una assemblea di condominio, quando l'opera o la spesa è a carico solo di alcuni dei proprietari? E' applicabile il principio io decido e voto e tu paghi? oppure, vale il principio vota solo chi paga? Cosa accade se alla votazione partecipano soggetti non interessati alla spesa? cosa accade se la delibera è assunta con il voto determinate di persone che non hanno partecipano alla spesa? chi decide come ripartire la spesa (art. 1123 c.c.)


L’istituto condominiale continua a essere un complesso di norme molto difficile (non solo per la presenza – in assemblea – di diversi modi di vedere le cose oppure, quanto meno, diversi modi di sentire il condominio).
Uno dei problemi che l’assemblea deve affrontare è quello di decidere chi vota in relazione ad ogni tipo di spesa, in teoria il problema potrebbe sembrare di scarsa rilevanza pratica, in realtà se la questione viene studiata da vicino ci si accorge della fondamentale importanza della fattispecie. In modo più chiaro ci si potrebbe chiedere chi vota (e di conseguenza chi paga) per riparare l’ascensore (che serve solo un gruppo di proprietari) oppure chi decide e paga per riparare il tetto (calpestabile o meno) o del lastrico solare che copre solo alcuni dei proprietari oppure la colonna fecale che serve solo una scala. La questione è identica sia se si tratta di spesa ordinaria sia se si tratta di spesa straordinaria.
Inoltre, occorre chiedersi, chi è legittimato ad impugnare la delibera ex art. 1137 c.c. se contrario alla stessa? Di solito è legittimato ad impugnare la delibera (o almeno ha interesse ad impugnare la decisione dell’assemblea coloro che hanno diritto di voto nella stessa.
Il primo problema da superare per rispondere al quesito è quello di valutare se è possibile avere delle delibere in cui votano solo alcuni proprietari, in quanto sono gli unici interessati oppure, detto, in modo diverso, se sono ammissibili delle assemblee limitare solo ad alcuni dei proprietari. In teoria la risposta è positiva sia per il nuovo art. 1117 bis c.c. il quale dispone che le disposizioni del condominio si applicano in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell’articolo 1117.
Superato il primo problema teorico, affermando che se sono possibili assemblee separate (per condominio minimo) è possibile che in una singola assemblea votino solo alcuni dei proprietari.
a) vota solo chi deve pagare, infatti, coloro che non sono obbligati a pagare non sono, neppure, interessati alla votazione, in quanto coloro che non sono obbligati al pagamento non possono decidere su una questione che incide sul portafoglio di altri, sarebbe illogico e irrazionale usare il principio per il quale io voto e io decido, (sull’importo dei lavori, sulla scelta dell’impresa), ma poi solo tu paghi per le scelte che – formalmente – ti ho imposto anche io;
b) l’altra alternativa sarebbe quella di procedere alla decisione ammettendo tutti i proprietari a votare (e, quindi, a decidere) mentre solo alcuni sopportano la spesa, decisa – di fatto – da altri.
Quest’ultima opzione si trova in contrasto, non solo, con il principio che costruisce la legittimazione a votare sull’esclusione dal voto di coloro che non sono destinati a sopportare la spesa, e che, di fatto, limita la legittimazione a decidere e votare ai soggetti destinati a sopportare la spesa. In realtà, adottare questo modus operandi incide, in modo,occulto, anche sui quorum deliberativi dell’assemblea. Infatti, potrebbe accedere che la decisione sul quantum della spesa o sulla scelta della ditta appaltatrice non venga approvata se votassero solo i soggetti destinatari del pagamento (in quanto contrari ad una determinata impresa o contrari ad un determinato importo), mentre se votassero tutti i proprietari, anche quelli non obbligati al pagamento, potrebbe accadere che la spesa potrebbe essere approvata eventualmente con il voto contrario di tutti i soggetti interessati al pagamento. E’ evidente l’intera illogicità e irrazionalità di quest’ultimo sistema che potrebbe anche essere usato per imporre scelte a discapito della “minoranza”.
Inoltre, se si seguisse quest’ultima strada si dovrebbe anche decidere (in modo formale) come ripartire in concreto la spesa, infatti, (difficilmente coloro che votano, poi, vogliono anche pagare) e per evitare, ambiguità, l’assemblea dovrebbe espressamente (anche come mera indicazione all’amministratore) decidere su come ripartire effettivamente la spesa, del resto, se si dovesse seguire almeno un criterio logico, le modalità di voto dovrebbero rispecchiare anche le modalità di pagamento, oppure, detto in modo diverso, dalle modalità di voto si dovrebbe anche individuare coloro che sono obbligati a pagare.
Invece, nel caso concreto la situazione è completamente opposta, perchè il meccanismo di voto è dissociato dal meccanismo di spesa, e coloro che si sono arrogati il diritto di deliberare, poi, trasferiscono gli oneri della (loro) decisione solo su alcuni dei proprietari.
Se non si seguisse questa strada si potrebbe essere contestato (in sede giudiziaria ex art. 1137 c.c.) oltre all’errore sulla votazione (quorum) che determina solo l’annullabilità della delibera, la volontà di modificare i criteri di riparto e una tale decisione darebbe adito alla nullità della delibera.
Quanto sopra esposto è confermato anche dall’art. 1123 c.c. e dall’interpretazione fornita dalla giurisprudenza Cass. civ. sez. II, 12 maggio 2014 n. 10270 “Occorre ricordare che, in tema di condominio negli edifici, le parti dell’edificio che sono destinate ad assolvere una funzione nell’interesse di tutti condomini, rientrano, per la loro funzione, fra le cose comuni, le cui spese di conservazione sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, ai sensi della prima parte dell’art. 1123 cod. civ., non rientrando, per contro, fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri, di cui all’art. 1123, secondo comma e terzo comma cod. civ.. Ed invero la previsione dell’art. 1123, secondo comma, presuppone, in relazione alla natura e alla destinazione, un uso differenziato della cosa comune, per cui la relativa spesa deve essere sopportata dalle proprietà esclusive che ne godono in proporzione del valore relativo, mentre il terzo comma fa riferimento all’ipotesi in cui i beni siano al servizio soltanto di alcune unità immobiliari.
Pertanto, una volta verificato che il muro realizzava l’interesse di tutti condomini, la ripartizione delle spese doveva avvenire in base alla compartecipazione al condominio espressa nei millesimi, essendo irrilevante che lo stesso svolgesse funzioni ed avesse utilità ulteriori : al riguardo, va considerato che, non essendo possibile determinare il diverso grado di utilità, la ripartizione va stabilita in base al valore millesimale.
La deroga ai criteri di cui al primo comma dell’art. 1123 cod. civ. deve avvenire con il consenso di tutti i condomini”.

Questi principi sono tutti da verificare nell’ambito dell’assemblea del supercondominio.

Di Paolo Giuliano
Fonte: Fanpage.it





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