I nuovi ascensori abbattono i consumi elettrici, ma è la frequenza di utilizzo a fare la differenza
L'ultimo nato è della multinazionale Otis. Modello Gen2 Switch. Ma sono più di una le case produttrici che si stanno affacciando su questa tipologia di prodotto. L'ascensore, come un qualsiasi elettrodomestico di casa, non ha più bisogno di una linea elettrica dedicata, da 380 Volt trifase, ma può attaccarsi a una comune presa da 230/220 Volt monofase. «Il risultato – spiegano dalla Otis – è che si abbattono al minimo i consumi di energia. Per funzionare, infatti, il sistema che abbiamo appena lanciato richiede una potenza di appena 500 Watt. In più la macchina può essere allacciata con apparati di produzione di energia rinnovabile e quando staziona al piano, si posiziona in stand-by, spegne le luci di cabina e i circuiti non necessari, fino alla successiva chiamata. Anche in caso di black-out, l'apparecchio funziona, garantendo fino a un massimo di 100 corse».
Come la Otis, anche altri produttori si stanno testando sugli ascensori alimentati dalla corrente "casalinga". Ad esempio, fra le ditte produttrici c'è la Sele, che nella serie "Tree", propone un sistema di controllo che consente all'impianto elettrico di funzionare con il semplice allacciamento 220 Volt monofase con contratto per le utenze condominiali (3 kW) e con l'ausilio di fonti energetiche gratuite e pulite come quella fotovoltaica. Così anche la Bremi ascensori, che presenta il prodotto 2GLift.
Si tratta di evoluzioni importanti di mercato. Che tuttavia, prima di essere scelte, devono essere ben soppesate. Infatti, come mette in luce la Anacam, l'Associazione nazionale imprese di costruzione e manutenzione ascensori, all'interno di un fabbricato abitativo «l'incidenza di un ascensore sui consumi elettrici generali è relativa». Discorso diverso, invece, se l'impianto è installato in un immobile - come una palazzina per uffici, un ospedale o anche un grande condominio - dove effettivamente la media delle corse supera (a volte anche di gran lunga) quello delle 100 giornaliere. In questo caso, allora, scommettere su un impianto a basso consumo, affrontando gli eventuali extra-costi sul prezzo, significa davvero risparmiare in bolletta.
Non solo. Come spiega Giuseppe Iotti, esperto tecnico di Anacam, per ciò che riguarda gli ascensori alimentati a 220 Volt è necessario anche valutare bene altri aspetti, come costi e durata delle batterie: «Può infatti accadere – specifica Iotti – che la trasformazione da corrente alternata in continua e l'uso di batterie, che consumano anche quando l'ascensore è fermo, facciano sì che l'effettivo consumo energetico alla fine risulti superiori a quelli di un impianto con tecnologia tradizionale. Al di là della classificazione energetica, che viene assegnata al prodotto». Certo meccanismi come lo stand-by o la possibilità di integrare l'alimentazione prodotta da fonti rinnovabili costituiscono punti aggiuntivi non indifferenti. «Tuttavia – conclude Iotti – è fisiologico che dopo un certo tempo di funzionamento le batterie debbano essere sostituite. Il che costituisce un costo, oltre che un impatto ambientale di cui tenere conto».
di Maria Chiara Voci
fonte: il sole 24 ore
19/07/2014
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