Manifestare sofferenza, dolore, disagio o rammarico in modo ripetuto è spesso inutile e inopportuno. Il lamento è l’espressione della propria scontentezza e insoddisfazione mediante frasi e toni improntati a sconforto, delusione, rassegnazione, ma a volte esterna anche un vivace risentimento. Esso porta nei dialoghi un’atmosfera pessimistica e toglie qualsiasi forma di costruttività.
Le parole del lamentarsi: “Sono così stufo, ma così stufo…” “Ne ho sempre una: finisce un problema e subito ne arriva un altro” “Sono sfortunato. Mai che me ne vada bene mezza” “Ne sopporto di cose io…” “Uffa! È sempre la solita storia!” “Non per lamentarmi, però…” “Perchè è sempre tutto così difficile?”
La persona che si lamenta trasmette globalmente una sensazione di passività e di scarsa energia. Il tono della sua voce tende a essere piatto e monotonale, oppure assume la cadenza di una nenia o di una cantilena. Può farsi a volte infantile a volte più serio e grave. Le parole e le frasi vengono scelte tra quelle più negative. Talora sono iperboliche e/o paradossali, tendenti a una visione assoluta e pessimistica. Il volto può essere insofferente, con la fronte corrucciata così come il mento, a simulare l’inizio di un pianto o di un’espressione da “magone”. Lo sguardo può essere assente, lontano e non indirizzato all’interlocutore; oppure, al contrario, può essere rivolto a chi ascolta con insistenza, alla ricerca spasmodica di aiuto e di comprensione. Il corpo tende in genere a ripiegarsi su se stesso: le spalle cadenti, le braccia conserte, la testa inclinata da un lato e verso il basso come in segno di resa, oppure scossa lateralmente come a dire “proprio non va”.
22/07/2014
Importanza della comunicazione e linguaggio del corpo