L’obbligo di riscossione degli oneri condominiali a carico dell’amministratore
Gli oneri condominiali (e gli altri crediti) non pagati devono essere recuperati dall'amministratore di condominio entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio (ex art. 1129 c.c.). Solo l'assemblea può esonerare l'amministratore da quest'obbligo, ed è esclusa la possibilità di stipulare piani di rientro con i morosi "finanziati" (coperti) con fondi cassa a carico degli altri proprietari non morosi.
Con l’approvazione dei primi rendiconti successivi alla riforma del condominio, in molti si accorgono dell’obbligo posto a carico dell’amministratore del condominio di recuperare gli importi non pagati (conguagli) previsto dall’art. 1129 comma 9 c.c.
L’art. 1129 comma 9 c.c. prevede che l’amministratore “salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell’articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l’attuazione del presente codice”.
E’ opportuno analizzare il contenuto (quando sussiste e quando non sussiste tale obbligo) e le conseguenze (a carico dell’amministratore e dei proprietari) dell’obbligo di recupero posto a carico dell’amministratore.
La chiusura dell’esercizio. Il legislatore usa una formula ambigua, infatti, la locuzione chiusura dell’esercizio non si identifica con l’approvazione del rendiconto (che forse era nelle intenzioni del legislatore), infatti, la norma non dice che l’amministratore deve agire entro 6 mesi dall’approvazione del rendiconto, ma dice che deve agire entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio e se l’amministratore deve redigere il rendiconto ogni anno (civile) e se l’amministratore del condominio dura in carica un anno (civile) occorre affermare che l’amministratore ha l’obbligo di recuperare i crediti entro 6 mesi dal 31 dicembre.
E’ intuitivo comprendere che in questo modo si aprono dei problemi considerevoli, perchè occorre comprendere in base a quale documento contabile (e piano di riparto) l’amministratore può “recuperare i crediti”. Infatti, se entro 6 mesi dal 31 dicembre l’amministratore convoca l’assemblea e l’assemblea approva il rendiconto (dell’anno precedente) non sussistono problemi perchè l’amministratore potrà agire usando il rendiconto approvato.
Sussistono molti problemi se, invece, non risulta approvato il rendiconto precedente, infatti, dopo il 31 dicembre il preventivo perde valore e non può più essere utilizzato, l’amministratore inoltre, non ha la possibilità, dopo il 31 dicembre, di chiedere il pagamento delle bollette “emesse” ma non pagate, in base al preventivo, in quanto, chiuso l’esercizio, ha solo la possibilità di chiedere il c.d. conguaglio (dato dalla differenza tra le somme riscosse da ogni proprietario e la quota a carico di ogni proprietario delle uscite).
Del resto, anche usando il registro di contabilità queste somme riscosse dopo il 31 dicembre (che non siano conguaglio) non potrebbero figurare nell’esercizio precedente (vedi art. 1130 comma 8 codice civile che regola la formazione del registro di contabilità).
Ecco, che la formula usata dal legislatore crea una incongruenza di fondo, in quanto il legislatore aveva l’intenzione di riferirsi al momento dell’approvazione del rendiconto, mentre la formula usata anticipa l’obbligo di riscossione ad un momento precedente l’approvazione ed ad un momento nel quale mancano i documenti (contabili) per poter procedere alla riscossione del dovuto.
Sul punto è anche opportuno ricordare che l’art. 63 disp att. cc. legittima l’amministratore a richiedere un decreto ingiuntivo presuppone “uno stato di ripartizione approvato dall’assemblea”, quindi, delle due l’una o il legislatore ha creato un nuovo decreto ingiuntivo ex art. 1129 comma 9 c.c. oppure il richiamo all’art. 63 disp. att. c.c. dimostra l’incongruenza della locuzione usata dal legislatore “entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio”
Altra conferma dell’incongruenza del legislatore è fornita anche dalla seconda parte del medesimo articolo 1129 comma 9 c.c. quando il legislatore si riferisce al “credito esigibile”, infatti, il credito è esigibile dopo un piano di riparto approvato dall’assemblea e alla scadenza delle singole rate (mensilità) e tutto questo alla fine dell’esercizio (dopo il 31 dicembre) non esiste, infatti, in assenza del rendiconto e del piano di riparto approvato dall’assemblea il credito (conguaglio) non è ancora certo (figuriamoci se è esigibile).
Quindi, la locuzione entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio deve essere interpretato come obbligo di recupero entro sei mesi dall’approvazione del rendiconto.
Quanto alla natura del credito, in base alla generica formulazione della norma per credito non deve intendersi solo gli oneri condominiali non pagati dai proprietari, ma anche ogni credito vantato dal Condominio verso i terzi.
La mancata attivazione dell’amministratore espone quest’ultimo a responsabilità (apparentemente per inadempimento ai suoi obblighi) verso i proprietari, resta da comprendere cosa si intende per “manata” attivazione, cioè occorre comprendere se il semplice incarico dato ad un avvocato di spedire le c.d. messe in mora per recuperare i crediti è sufficiente per non far sorgere la responsabilità oppure è necessario richiedere un decreto ingiuntivo.
Solo la dispensa dell’assemblea elimina la responsabilità dell’amministratore, ma una tale decisione deve essere espressamente inserita all’ordine del giorno.
Fondi per coprire i buchi prodotti dai morosi. Molto spesso per coprire situazioni di estrema morosità si chiede la possibilità di creare dei fondi, in realtà in questo caso l’uso del fondo è un’arma a doppio taglio, poichè, di fatto, viene chiesto ai proprietari non morosi di “finanziare” il debito dei proprietari morosi, questa attività di “finanziamento” è ancora più evidente se parallelamente alla creazione del fondo si crea un piano di rientro a favore dei morosi (e non si iniziano le procedure del recupero coattivo).
E’ opportuno ricordare in una situazione di questo tipo, non rientrano nei poteri e compiti dell’assemblea l’approvazione di piani di rientro con annesso obbligo a carico degli altri proprietari di “finanziare” (fare credito) ai morosi. Una tale delibera richiederebbe il consenso di tutti i proprietari e la sottoscrizione del documento da parte di tutti i proprietari.
Ovviamente la questione si innesta su altri due aspetti le modalità di pagamento degli oneri condominiali e la ripartizione delle spese condominiali tra vecchio e nuovo proprietario.
Di Paolo Giuliano
Fonte: fanpage.it
04/08/2014
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