Emozione caratterizzata da forte avversione e risentimento, maturata e covata nell’animo in seguito a un’offesa ricevuta, e pronta a manifestarsi alla prima occasione di rivalsa che si presenta. La presenza del rancore rende la comunicazione falsata finchè rimane celato, ed eccessivamente aggressiva nel momento della sua manifestazione.
Le parole del rancore. “Basta! Questa è la goccia che fa traboccare il vaso”, “Non ti vedo sereno con me, che cosa ti ho fatto?”, “Stai tirando troppo la corda”, “È arrabbiato con me e non so neanche il perchè”, “Fra voi ci sono rancori di vecchia data”, “Non preoccuparti, quello è astioso con tutti”.
Il rancore richiama la dimensione della rimuginazione: la persona trasmette il suo risentimento con lo sguardo che, seppur attento alla situazione e accompagnato a un’espressione del volto accondiscendente, tradisce la macchinosità dei ragionamenti, un retro pensiero sospettoso e negativo. Anche il tono della voce tenta di nascondere l’emozione celata, diventando eccessivamente cortese, ma quando la persona proprio non ce la fa, mostra nervosismo e stizza. I movimenti possono essere contratti e poco spontanei, a volte sulla difensiva, a volte invece aggressivi.
La persona “rancorosa” sta accumulando risentimento senza comunicare alcunchè alle persone cui esso si riferisce. Ecco dunque nasce da un difetto comunicativo che toglie all’interlocutore la possibilità di prendere atto del malcontento altrui e di modularsi su di esso. L’intento di chi lo prova in molti casi non è maligno, anzi: deriva dalla volontà di adattarsi, di non contrariare nè offendere, di farsi accettare, di mantenere il quieto vivere. È nel tempo che la sopportazione e il “fare la bella faccia” si carica di aggressività fino ad arrivare a una soglia, superata la quale, all’improvviso si approda a gesti sopra le righe.
04/10/2014
Importanza della comunicazione e linguaggio del corpo