Il termine rancore evoca l’idea di un’energia negativa trattenuta, di un’aggressività latente che cova da tempo, della possibilità di un’esplosione improvvisa di rabbia.
Il circolo vizioso. “Il rancore produce uno stato di tensione interiore più o meno costante, che aumenta quando si ha a che fare con la persona che ci ha recato ingiustizia od offesa (vera o presunta)”.
Tale tensione si riflette sulle modalità comunicative: rispetto alla persona stessa si può diventare acidi, ipercritici, spesso sarcastici. Pur sopportando la situazione, non ci si trattiene dal punzecchiare con frecciate che non fanno altro che peggiorare la qualità del rapporto. L’interlocutore molte volte non si spiega il perchè di tanta acredine e tanto meno di un eventuale accesso d’ira. Perciò anch’egli percepisce una tensione inspiegabile che riduce progressivamente la sua spontaneità. Così si arriva nel tempo a un punto nel quale o non c’è più dialogo, oppure ci sono continui battibecchi, non privi di cattiveria, che non chiariscono per niente la situazione. Il rancore può insorgere in tutti i tipi di relazione, più spesso nella coppia, tra amici e sul lavoro, situazioni nelle quali si mettono in gioco parti profonde di sè. Ma esiste anche un rancore più generico verso tutto ciò che incarna l’autorità: forze dell’ordine, Stato, docenti e, in generale, verso chi ha un potere. Ciò rivela un problema irrisolto con la figura paterna troppo autoritaria, con la capacità di affermarsi e con il concetto di libertà.
La personalità rancorosa. “La persona non perde occasione per offendersi e per sentirsi vittima di un’ingiustizia, spesso interpretando normali comportamenti altrui come attacchi verso di lei”.
A volte il rancore diventa uno dei tratti dominanti della personalità. Alla base di questo c’è una spiccata permalosità e una visione talora persecutoria della vita (“questo ce l’ha con me”, “tutto mi è contro”, “chissà cosa sta tramando”). Tale assetto si traduce in modalità relazionali assai disturbate nelle quali l’altro, a sua insaputa, viene visto come un traditore, un manipolatore, una persona in malafede. Nel rancoroso si possono talora rintracciare tratti di sadismo psicologico e/o di masochismo, come se egli, pur soffrendo, perversamente godesse di questa conflittualità. Il suo mondo relazionale è ridotto perchè pochi rapporti resistono nel tempo a questo stress; c’è un ricambio continuo di amici o partner con improvvise infatuazioni e altrettante cocenti delusioni.
07/10/2014
Importanza della comunicazione e linguaggio del corpo