Nell’accezione più frequente indica una capacità fuori dal comune, una dote perlopiù innata in uno o più ambiti che possono andare da quelli artistico, musicale o letterario a quelli sportivo, economico e comunicativo. A volte equivale al concetto di inclinazione o predisposizione verso particolari attività, pratiche o mentali. In questa sede tuttavia ci si riferisce a esso come alla propria natura interiore nella sua unicità e nella sua tendenza a manifestarsi. Il talento, per potersi dispiegare, ha spesso bisogno di essere sostenuto da un’adeguata capacità di comunicazione.
Le parole del talento. “È sprecato a fare quel lavoro, con il talento che ha”, “Ha la grande capacità di essere sempre se stesso”, “È un vero peccato che non sfrutti le tue doti”, “Si vede quando una cosa è fatta da lui”, “Ho rinunciato al mio talento per dedicarmi alla famiglia”.
Il concetto di talento richiama la piena espressione di sè, ciò significa che quando una persona riesce a esprimerlo o a esprimersi nel modo giusto, tutta la sua fisicità ne risente positivamente: i movimenti sono armoniosi, lo sguardo e il volto sono luminosi e vivaci, la voce è decisa, c’è un generale atteggiamento di apertura.
Il fatto che il talento nell’antica Grecia fosse un’unità di misura di peso e che in Palestina, ai tempi di Gesù, fosse una moneta, rimanda subito all’idea che questa parola descriva un valore intrinseco, una qualità precisa. Così anche se nell’odierna civiltà dell’immagine, in cui il narcisismo spesso prevale, esso viene considerato come una capacità da esibire e attraverso la quale fare soldi, in una visione olistica dell’uomo il suo significato può essere ricondotto al concetto di “natura personale”, di indole capace di svilupparsi. Non tanto dunque il saper fare molto bene qualcosa e avere successo, ma la capacità di mettere l’interiorità nella condizione di dispiegarsi al meglio.
21/10/2014
Importanza della comunicazione e linguaggio del corpo