ANEDDOTI VERDIANI - 3^ parte
Verdi fu sempre severo con gli interpreti delle sue opere, dai quali esigeva che cantassero senza divismi, al servizio della musica e del personaggio, per raggiungere il più possibile la perfezione. Durante la prova generale del Macbeth pretese che il baritono Varesi e la Barbieri-Nini ripetessero ancora il loro duetto. Varesi, spazientito, esclamò: “Ma l’abbiamo già provato centocinquanta volte, perdio!”. “Non dirai così fra mezz’ora – replicò il musicista – perchè saranno centocinquantuna!”. Verdi fu forse il primo artista milionario, in lire dell’Ottocento.
Per la prima rappresentazione de La Forza del destino, al teatro Imperiale di Pietroburgo, vi furono polemiche poichè ricevette 22.000 rubli (58.666 lire, pari a 17,032 kg di oro fino); un compositore russo ne percepiva soltanto 500. Per confortare il soggiorno in Russia la sua seconda moglie, Giuseppina Strepponi, si procurò 120 bottiglie di Bordeaux, 20 di champagne, riserve di formaggi, salumi, tagliatelle e una scorta di riso; Verdi infatti, oltrechè buongustaio, sapeva preparare un eccellente risotto. Da autentico emiliano, non impegnò i primi guadagni in speculazioni finanziarie, ma confidò nella sicura rendita della terra.
Nel 1848, a Villanova d’Arda presso Busseto, acquistò il fondo di S. Agata, un vasto terreno digradante verso il Po, che amministrò personalmente. La villa ivi ubicata divenne il suo rifugio; vi ritornava per ritemprarsi e trarre nuove ispirazioni. Lo assecondava Giuseppina, che aveva concluso una breve ed altrettanto intensa carriera lirica per diventare la sua compagna, segretaria e consigliera fedele. Dopo un lungo periodo di felice convivenza, si sposarono senza clamore nel 1859 a Collanges-sous-Salère, in Savoia. Il legame sentimentale con Giuseppina era stato aspramente criticato a Busseto.
Verdi, già biasimato per il carattere scontroso e la vita ritirata, dopo l’ennesima lettera anonima regalò ad un amico il palco, assegnatogli a vita, del teatro di Busseto, giurando di non mettervi mai piede. “…nella mente e nella coscienza popolare erasi trasformato, era ormai assurto alla grandezza, alla indeterminatezza, alla eternità del mito […] ognuno di noi perde col grande maestro una parte, la miglior parte di sè, perchè ognuno ha vibrato, ha pianto, ha sorriso all’unisono con lui…”. Così la Domenica del Corriere del 3 febbraio 1901, in un ampio servizio, commemorò la scomparsa di Giuseppe Verdi.
28/10/2014
|