Il mattone finanziario raggiunge i 2mila miliardi di euro nel mondo
Duemila miliardi di euro di patrimonio. E' questo il valore complessivo degli investimenti degli strumenti dedicati ai mercati immobiliari nel mondo, misurato a giugno 2014. Di questi, 750 miliardi di euro si riferiscono a fondi e veicoli europei, mentre l'Italia si colloca a 57 miliardi di patrimonio, includendo fondi quotati, fondi riservati agli investitori istituzionali, Siiq e società immobiliari quotate in Borsa. Questi i dati elaborati da Scenari Immobiliari e che vengono presentati proprio questa mattina, nel report elaborato semestralmente dalla società di ricerche indipendente presieduta da Mario Breglia.
Certo l'industria immobiliare brillava come un diamante negli anni 2006-2007, prima di cadere sotto i colpi dell'accetta della crisi dei subprime, prima, ed economica, successivamente. Da allora, sono stati tempi bui per il real estate in tutto il mondo, ma in questo 2014 si vedono notevoli segnali di ripresa quasi ovunque: manca solo l'Italia, dove il ruolo della “bella addormentata” viene sopito solo dagli investimenti dei protagonisti esteri, che finora però si sono presentati nella veste di investitori speculativi, più che di lungo termine. Sul Sole 24 Ore di domani, tutti i particolari relativi all'industria dei fondi immobiliari italiani e alla loro evoluzione, ma la prima presentazione del report mette in evidenza un dato importante per il sistema economico globale.
Più finanza nel mattone. Grazie a un'elaborazione che Scenari Immobiliari riserva in esclusiva al Sole 24 Ore, si evidenzia un fenomeno altrimenti trascurato dai dati di giornata, sempre più pressanti e sempre meno con una visione di lungo periodo. L'elaborazione prende in considerazione il peso del patrimonio (al netto delle quote di residenziale) dei fondi e dei Reits (real estate investment funds) o delle Sicaf in Francia, sul totale del patrimonio non residenziale nei principali Paesi europei: un dato calcolato sul valore, e non sulle dimensioni. Si nota così come questi strumenti abbiano un peso sempre più importante nelle economie europee, Italia inclusa: dieci anni fa la percentuale era del 15%, oggi più del doppio, a testimoniare i grandi cambiamenti dei mercati. Il mercato in cui il peso degli strumenti finanziari di investimento immobiliare è oggi più forte è la Francia, con una percentuale del 75% , seguita dall'Olanda e, a sorpresa, dall'Italia, con il 32 per cento. La media europea è del 34% e Germania e Regno Unito si collocano dietro alla Penisola, con percentuali di finanziarizzazione del mercato immobiliare rispettivamente del 29 e del 16 per cento. Ultima in Europa la Spagna, con il 4 per cento. spiega Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari. E aggiunge: .
In Italia peccano i rendimenti. I fondi immobiliari italiani erano nati, con grande entusiasmo, agli inizi degli anni Duemila per il pubblico dei risparmiatori e, da allora, ci si attendeva un boom di questi strumenti. In realtà, a quasi 15 anni di distanza, complice da un lato la crisi e dall'altro una regolamentazione comunque penalizzante in termini di liquidità dell'investimento, i fondi retail (per i risparmiatori) sono divenuti via via meno importante, per lasciare molto più spazio agli strumenti dedicati agli investitori istituzionali. Dei 26 fondi retail oggi operativi in Italia, secondo l'analisi di Scenari Immobiliari, solo otto hanno distribuito dividendi nel 2014 e, andando a esaminare il rapporto tra i dividendi ditribuiti e il valore della quota sottoscritta dai risparmiatori, si nota che tale yield è dell'1,3% al giugno 2014 per i fondi specializzati in uffici, contro un yield del 3% negli Stati Uniti, e del 2,9% per i fondi misti, contro il 4,2% degli Stati Uniti. E le previsioni sono di una sempre minore importanza di questi strumenti, a favore dei veicoli dedicati ai grandi investitori.
L'Europa. Negli otto Paesi europei considerati nel dettaglio da Scenari Immobiiari il 2014 si dovrebbe chiudere con un patrimonio di quasi 388 miliardi di euro, che significa un aumento di circa il 2,4 per cento rispetto all'anno precedente e la cifra più elevata mai raggiunta. La crescita più modesta rispetto all'anno scorso è imputabile alla flessione del valore del patrimonio nel Regno Unito e in Germania.
L'Inghilterra. Nonostante uno scenario immobiliare positivo, i fondi immobiliari inglesi hanno visto un ridimensionamento in quanto i processi di fusione e ristrutturazioni societarie hanno comportato un calo del numero di società operative e, di conseguenza, del valore del patrimonio. Il rendimento è in aumento e si conferma la tendenza verso una maggiore omogeneità, visto che nessuna società registra rendimenti particolarmente elevati, ma non sono presenti neppure performance negative.
La Svizzera. Prosegue il trend brillante dei fondi svizzeri, che dovrebbero chiudere l'anno con un aumento del valore patrimoniale superiore al 16 per cento. Sebbene nessun fondo mostri rendimenti particolarmente brillanti, la performance complessiva è in lieve aumento rispetto al semestre precedente e tra le più elevate in Europa.
La Francia. I fondi immobiliari francesi non quotati rappresentano un modello virtuoso, visto che prosegue da molti anni il trend ascendente, nonostante il peggioramento dello scenario economico e del mercato immobiliare nazionale. Il patrimonio gestito dalle Scpi ha superato 31 miliardi di euro, in aumento di quasi 5% rispetto all'anno precedente, con l'ingresso sul mercato di nuove società ogni anno. Oltre venti gruppi hanno portato avanti un aumento di capitale e la raccolta ha segnato una crescita vicina al 15% rispetto al 2013 e superiore del 40% rispetto al biennio 2008-2009. Prosegue il boom delle Opci che in sette anni hanno visto la creazione di 230 società e un aumento del valore del patrimonio medio annuo del 50 per cento. Nel 2014 il Nav complessivo ha raggiunto 35 miliardi di euro, superando per la prima volta quello delle Scpi. In aumento anche la raccolta, dopo il ridimensionamento del 2013. Nel primo semestre 2014 Scpi e Opci hanno concentrato oltre il 35% del volume totale di investimenti effettuati in Francia dagli investitori istituzionali, dieci punti percentuali in più rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso.
La Germania. I fondi aperti tedeschi continuano ad avere un andamento disomogeneo. Il valore del patrimonio ha registrato una flessione marginale, intorno all'1%, in quanto la progressiva dismissione dei patrimoni dei fondi in liquidazione è compensata dall'attività di investimento portata avanti dai 20 fondi regolarmente operativi. Il problema principale è rappresentato dal calo dei prezzi, che ha obbligato i fondi aperti ad affrontare perdite sempre più consistenti. Nel primo semestre 2014 si calcola uno sconto medio del 21%, contro il 3% dei beni venduti nel 2012 e il 15% nel 2013. In costante crescita il settore dei fondi riservati, che rispondono meglio alle esigenze degli investitori istituzionali. Nella prima parte del 2014 sono entrate sul mercato alcune nuove società e il patrimonio gestito ha registrato una crescita del 13,5 per cento.
La Spagna. Prosegue la liquidazione dei fondi spagnoli, sebbene il processo sia lungo e complesso e il fondo Santander, gestito dalla Banca Sabadell, detenga ancora un patrimonio di dimensioni significative. Permane l'incertezza sul futuro dei fondi spagnoli, i cui problemi principali sono rappresentati dalle commissioni di gestione troppo elevate e da una scarsa liquidità. Fino a poco tempo fa prevaleva l'idea di abolire lo strumento, una volta portato a termine il processo di liquidazione, mentre recentemente il governo sta pensando di mantenerlo, apportando alcune modifiche legislative, quali un abbassamento della percentuale di patrimonio da destinare a immobili, attualmente pari al 70%, o l'abolizione dell'obbligo di investire la metà del patrimonio immobiliare in residenze. Tutte le proposte sono finalizzate a garantire maggiore flessibilità ai fondi.
L'Olanda. I fondi olandesi continuano a risentire dello scenario immobiliare ancora incerto e della concorrenza da parte dei Reit. Il 2014 si dovrebbe chiudere con un aumento marginale del valore del patrimonio, intorno all'1,2%, a fronte di un crollo del 30% rispetto alle punte del 2007. Anche per il 2015 le attese sono di una crescita modesta e non si prevede uno sviluppo consistente a medio termine. Si tratta di un settore stagnante e, nonostante i fondi olandesi siano ancora al secondo posto in Europa per quanto riguarda il valore del patrimonio grazie alle dimensioni elevate delle società operative, perdono gradualmente terreno dal punto di vista del dinamismo e delle potenzialità nel panorama competitivo europeo.
Il Lussemburgo. Dopo una battuta d'arresto nel biennio 2009-2010, i fondi lussemburghesi hanno ricominciato a crescere, sia per numero che per patrimonio gestito. Entro la fine del 2014 dovrebbe essere raggiunto l'obiettivo di trenta miliardi, in larga parte detenuti dai fondi istituzionali, con un ritmo di crescita nettamente superiore alla media europea.
L'asset allocation. A livello europeo, è in aumento la percentuale del residenziale, che per un buon numero di società rappresenta l'asset class più interessante, soprattutto nell'Europa centrale e orientale. Il valore del patrimonio abitativo è destinato a crescere nel prossimo futuro, non solo per i nuovi investimenti ma anche per la probabile rivalutazione degli asset in portafoglio grazie alla ripresa del mercato nella maggior parte dei Paesi. E' in aumento anche l'attività di ristrutturazione e valorizzazione dei patrimoni. L'alienazione dei patrimoni da parte dei fondi in liquidazione ha comportato un calo della percentuale di uffici. Sarà il settore di investimento trainante nel prossimo biennio, dal momento che i fondi tedeschi immetteranno sul mercato immobili per un valore di circa 14 miliardi di euro nel prossimo triennio, rappresentati in larga maggioranza da uffici situati in Germania, Francia, Belgio e Olanda, che verranno venduti con percentuali di sconto comprese tra zero e 20 per cento. Nel retail i nuovi investimenti sono concentrati sugli spazi innovativi e su quelli legati all'e-commerce, mentre sono considerati scarsamente strategici gli immobili commerciali tradizionali, soprattutto nelle zone secondarie, che subiscono gli effetti del peso crescente del commercio online, in particolare in alcuni Paesi come Belgio, Germania e Austria. In lieve aumento l'industriale, in quanto il processo di alienazione degli immobili distributivi e produttivi tradizionali ha subito un rallentamento ed è ampiamente compensato dall'acquisto di immobili logistici di alto livello.
di Evelina Marchesini
Fonte: Il sole 24 ore
03/12/2014
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