MALATTIA - 2^ parte
In molti casi la malattia, anche quando la causa è visibilmente organica, porta con sè un messaggio, richiama un senso che la psicosomatica può aiutarci a comprendere…
L’eccessiva sintomaticità. “Troppi sintomi esprimono di solito un vuoto da riempire, un’energia non vissuta, un forte squilibrio tra corpo e mente, una vita centrata su falsi ideali…”.
Mentre per ogni specifica malattia rimandiamo ai testi specializzati (vedi ad esempio Il Dizionario di Psicosomatica delle Edizioni Riza), ci occupiamo ora del significato dell’eccesiva frequenza di sintomi. Ci sono infatti persone che, pur non essendo malate, presentano continui piccoli disturbi che, nel loro insieme, non lasciano tregua. Per esempio, il mal di testa del mattino lascia il posto al bruciore di stomaco prima di pranzo, che cede il passo a una lentezza digestiva, poi scalzata da una lieve colite; una breve pausa, ma poi ecco un dolorino ai muscoli del collo, seguito da un senso di debolezza, con la giornata che si conclude, beffardamente, in una difficoltà ad addormentarsi. Non si tratta, però di ipocondria: i sintomi ci sono davvero. Il soggetto è stanco, saturo, a volte rassegnato, a volte poco combattivo. Ma se si affida ai farmaci, passa un sintomo e se ne presenta subito un altro. Se ricorre a rimedi naturali, prima che facciano effetto i sintomi sono già cambiati ecc. tutto ciò comunica sia alla persona che a chi sta intorno, una forte disarmonia interiore. Questa sintomaticità esprime di solito una o più delle seguenti problematiche:
- Un vuoto esistenziale da riempire: mancano veri interessi e passioni;
- Un’energia (sessuale, creativa…) non vissuta o mai convogliata;
- Un forte squilibrio tra attività mentale/emotiva e attività fisica;
- Una vita centrata su falsi ideali e/o tesa a soddisfare i bisogni degli altri;
- Una cronica disorganizzazione mentale e pratica.
Il potere del sintomo. “Ci sono sintomi che scattano proprio quando un parente deve partire per una vacanza, quando un partner manifesta delle contrarietà, quando di fronte a una diffocltà si vorrebbe ottenere uno sguardo clemente…”. In questi, la comparsa del sintomo permette di tenere l’altro sotto controllo, comunicandogli l’ idea che possa accadere qualcosa da un momento all’altro. È un meccanismo che, quando funziona – e funziona spesso – fa leva sul senso di colpa: “dato che io non sto bene, tu non puoi divertirti, ma non puoi divertirti, ma non puoi neanche criticarmi, partire, aprire una crisi, lasciarmi, fare quello che vuoi”. Per questo la persona “ha sempre qualcosa”: un lieve mal di testa vale, sul piatto della relazione, quanto una patologia più seria. Ma chi fa così non raggiunge davvero quello che vuole, ottenendo al contrario che l’altro provi preoccupazione, ansia, noia, ma non che stia con lui con piacere. Le conseguenze sulle relazioni sono: provare invidia per chi sta bene ed è felice; non essere creduti quando si sta male davvero; ottenere un’attenzione annoiata o pietistica da parte degli altri; indurre in essi rabbia e rancore per la libertà non concessa e per la mancanza di serenità; essere in generale poco considerati.
12/12/2014
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