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I porti di Puglia dal XVI al XVIII secolo: La situazione dei porti alla fine del Settecento

I porti di Puglia dal XVI al XVIII secolo: La situazione dei porti alla fine del Settecento



In merito alle opere realizzate nel corso del secolo, appare particolarmente significativo che, a fronte di un enorme impegno umano, finanziario e tecnico, impiegato per rendere efficienti i porti, gli esiti degli interventi furono assai modesti, ed anzi, secondo i tecnici dell’Ottocento, in alcuni casi essi contribuirono a peggiorarne lo stato. Pertanto, la condizione dei porti, nonostante gli interventi, alla fine del secolo mutò in sostanza ben poco rispetto a quella dei primi anni della monarchia borbonica.
Ciò, non vi è dubbio, è da attribuire anche alla scarsa conoscenza che avevano i tecnici del tempo della progettazione degli impianti portuali.
Le prime conferme vennero dal porto di Trani. Dopo che le opere più importanti erano state completate, il bacino tornò progressivamente ad interrirsi. Stessa sorte toccò ai porti di Bisceglie e Bari. A Bisceglie le torbide trasportate nel bacino dalle correnti settentrionali e da due canali situati lungo le mura urbane, che sfociavano proprio nell’ansa naturale, stante il maggior freno offerto dal molo allora costruito, depositavano quantità crescenti di fango sul fondale. A Bari, gli effetti positivi degli interventi, completati probabilmente nel corso degli anni ‘60, dovettero durare molto poco se già nel 1777 i mercanti decisero di sottoporsi ad una imposta sulle merci di esportazione per migliorare la sua utilizzazione.
Anche nel porto di Barletta il bacino si interrì, proprio in corri¬spondenza del molo che era stato costruito per ampliarlo. Nel 1793 infatti, quando esso non era stato ancora ultimato, l’ingegnere Dome¬nico Mangarelli, direttore dei lavori, notava la necessità di eseguire ogni anno opere di scavo per consentire l’accesso ai bastimenti mer¬cantili.
Ma, tra tutti gli interventi, gli esiti più disastrosi si ebbero nel caso del porto di Brindisi che, dal 1790, quando furono ripresi i lavori, fino quasi alla fine del secolo, fu mantenuto efficiente solo con costosi cavamenti, i quali, una volta sospesi, avrebbero vanificato in pochi anni tutto il lavoro fino ad allora eseguito.
Alla fine del secolo gli unici porti in grado di accogliere i bastimen¬ti mercantili dovevano essere quelli di Taranto e di Barletta.
Bisogna però rilevare alcuni aspetti importanti degli interventi settecenteschi. Nel corso del secolo, come visto, il periodo di più intensa attività progettuale e di più estesi interventi sembra essere stato quello compreso fra i primi degli anni ‘40 e la fine degli anni ‘50, durante il regno di Carlo III. L’interesse del governo, però, non fu rivolto a tutti i porti, ma solo a quelli “granari”, benchè non siano mancate insistenti richieste per la sistemazione di altri analogamente importanti, come quello di Bari (dove le opere eseguite, tuttavia, non furono neppure paragonabili a quelle degli altri porti). Si rileva, in definitiva che le attenzioni del governo per la sistemazione dei ponti pugliesi erano funzionale alle esigenze di approvvigionamento della capitale. E’ significativo infatti che, contemporaneamente alla loro sistemazione, Carlo III fece intraprendere i lavori di miglioramento di scali “granari” situati anche in altre parti del regno, come a Crotone e a Girgenti.
Nell’ultimo ventennio del secolo, invece, le attenzioni del governo si concentrarono sostanzialmente solo sul porto di Brindisi, nonostan¬te le continue richieste per l’attuazione di interventi a Gallipoli e a Mola, dove, per tutto il secolo non si realizzò praticamente nessuna opera .
Eppure, come noto, questi porti, e più in generale quelli prevalen¬temente destinati all’esportazione olearia, in considerazione delle ele¬vate imposte che gravavano su tale prodotto, rivestivano una grande importanza per l’economia del regno.
L’interesse del sovrano a ristrutturare Brindisi si giustificava, soprattutto in base ad esigenze di ordine militane, inizial¬mente avvertite a partire dalla metà degli anni ‘70, e divenute più impellenti dal 1790, a causa della pressante minaccia di invasione francese. I costosi interventi attuati in questo porto nell’ultimo decennio s¬ecolo, (i lavori diretti dal Pollio costarono 100.000 ducati) sicuramente rientravano nel programma di potenziamento delle strutture¬ difensive del regno, avviato in tale circostanza .
Alla fine del secolo, l’interesse delle università e del governo centrale per la sistemazione dei vari porti venne meno. La grave crisi finanziaria ed economica che colpì, come noto, il Paese, non mancô di riflettersi in modo pesante anche sull’economia delle singole città, condizionando negativamente il settore delle opere portuali .


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