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Esuberi indolore negli enti locali

Esuberi indolore negli enti locali


Esuberi senza «macelleria sociale» negli enti locali. I 13 mila dipendenti di troppo che andranno sfoltiti dagli organici di regioni, comuni e province saranno per gran parte («oltre la metà») individuati tra coloro che stanno per maturare i requisiti per il prepensionamento. I conti comunque si faranno a fine anno, quando il governo con dpcm individuerà il «giusto» livello medio delle dotazioni organiche degli enti territoriali e chiederà alle amministrazioni che si pongono al di sopra di questa asticella di virtuosità di non assumere più personale (se lo sforamento supera il 20%) o dare corso ai tagli (se lo sforamento supera il 40%).

In attesa di conoscere come verranno spalmati i 24 mila esuberi preventivati dall'esecutivo per tutto il pubblico impiego, il consiglio ai comuni è di «limitare il più possibile le assunzioni, soprattutto quelle fatte in modo surrettizio attraverso le partecipate». La reale tenuta dei bilanci locali preoccupa, e non poco, il sottosegretario all'economia, Gianfranco Polillo, secondo cui la ricetta per accendere i riflettori su alcune «gestioni allegre al limite del default» è solo una: istituire un organismo indipendente di certificazione dei bilanci. Perchè l'idea, lanciata in un'intervista a ItaliaOggi (il 13 luglio scorso) dal presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino, di ripristinare i controlli preventivi di legittimità, pur essendo «sacrosanta», è di difficile attuazione «in quanto richiederebbe una modifica costituzionale». Mentre un freno va posto subito visto che «molti enti locali sono diventati la Grecia d'Italia».

Domanda. Sottosegretario, partiamo proprio da questa sua definizione. Non è un po' allarmistica? O davvero i bilanci degli enti locali sono una bomba pronta a esplodere?

Risposta. La situazione è molto variegata, ma al tempo stesso piuttosto oscura. A tutt'oggi i conti degli enti locali non parlano un linguaggio comune, nonostante il decreto sull'armonizzazione dei bilanci (varato dal governo Berlusconi come corollario attuativo del federalismo fiscale, ndr) che però entrerà in vigore dal 2013. E così, accanto a enti virtuosi che hanno ben amministrato e rispettato il Patto e oggi si trovano in difficoltà per questo, c'è chi ha fatto il furbo mascherando situazioni di default occultate dietro gestioni apparentemente irreprensibili. Ma ora i nodi stanno venendo al pettine anche grazie agli ultimi interventi del governo Monti che ha imposto una stretta sulle partecipate, il mezzo attraverso cui si compie la maggior parte di questi falsi contabili, e una immediata pulizia dei bilanci. E mi riferisco al giro di vite sui residui attivi, ossia i vecchi crediti tributari non riscossi, e spesso non riscuotibili, ma messi lo stesso a bilancio. Il problema, tuttavia, rimane perchè al momento non c'è nessuno che controlli efficacemente i conti pubblici. Lo dimostra quanto accaduto in Campania, dove il governatore Stefano Caldoro si è affidato ai tecnici della Ragioneria dello stato per districarsi tra le poste del bilancio regionale. E ha scoperto che l'ente era sull'orlo del fallimento.

D. Crede anche lei che la panacea possa essere il ritorno ai controlli preventivi di legittimità? Il presidente della Corte conti, Luigi Giampaolino, la ritiene un'esigenza irrinunciabile perchè, dice, i magistrati contabili hanno armi spuntate per realizzare un'efficace verifica delle gestioni dei comuni.

R. È una proposta sacrosanta, ma di difficile attuazione perchè bisognerebbe cambiare il Titolo V della Costituzione. Nella legge che ha introdotto l'obbligo del pareggio di bilancio abbiamo previsto l'istituzione di un'Authority per il controllo dei conti pubblici. Un organismo indipendente (sul modello del Congressional budget office americano ndr) con compiti di analisi, verifica e valutazione in materia di finanza pubblica (si veda ItaliaOggi del 30/11/2011 ndr). L'Authority debutterà nel 2013 e credo che sia questa la strada per realizzare una rendicontazione realistica e trasparente dei conti pubblici. L'entrata a regime dei fabbisogni standard poi ci darà una mano nel tenere sotto controllo la spesa degli enti locali.

D. Insomma, lei dice che i comuni spendono e spandono. I diretti interessati invece ribadiscono, citando la Corte dei conti, la loro virtuosità e da settembre promettono battaglia contro i tagli della spending review. È una fotografia troppo ottimistica quella dei giudici contabili che riconoscono il ruolo svolto dai sindaci nel miglioramento degli obiettivi di finanza pubblica?

R. La Corte dei conti fotografa quel che vede. Noi, su richiesta del presidente della Conferenza delle regioni, Vasco Errani, abbiamo chiesto all'Istat di fornirci un quadro della spesa corrente al netto dei costi per previdenza, interessi e trasferimenti. E il risultato è stato che dal '95 ad oggi le pubbliche amministrazioni centrali hanno ridotto le spese del 10%, mentre gli enti locali le hanno aumentate dello stesso importo con la conseguenza che ora generano più del 50% della spesa pubblica totale. Non si può pensare di mettere sotto controllo i conti pubblici senza passare al setaccio la spesa comunale che ad oggi cresce più di quella di regioni e province. Certo, molti dei costi sostenuti dai sindaci sono serviti a pagare i servizi erogati ai cittadini, ma l'oscurità dei conti ci impedisce di calcolare se vi sia stata o meno inefficienza sul fronte delle uscite.

D. In realtà i dati del dossier depositato da Enrico Bondi in senato sembrerebbero certificare queste inefficienze. Ai comuni vengono attribuiti 7,8 miliardi di spese in più (di cui 4,6 nelle città con più di 100 mila abitanti), molto meno a regioni e province: 2,5 e 2,3 miliardi. Le regioni, in particolare, con i tagli della spending review riuscirebbero a coprire la spesa extra per consumi intermedi. Più difficile sembra essere il compito dei comuni che per recuperare 7,8 miliardi di spese inefficienti andranno incontro a un futuro non proprio roseo (500 milioni di tagli quest'anno, 2 miliardi nel 2013 e nel 2014 e 2,1 miliardi dal 2015, ndr). Si rischia il conflitto istituzionale, non crede?

R. La spending review non è una manovra ma un work in progress, un'indicazione di metodo che necessiterà in futuro di continue verifiche. È chiaro che non si possono tagliare subito 7,8 miliardi agli enti locali, altrimenti la maggior parte delle amministrazioni andrebbe in default. Ma bisogna cominciare a scavare per cercare di razionalizzare al massimo la spesa. Oggi noi non abbiamo strumenti analitici di indagine, ma le notizie degli sprechi sono all'ordine del giorno. Basti pensare ai contributi erogati dai consigli regionali ai partiti, pari a circa 300 milioni di euro. Dal 2013 i bilanci pubblici dovranno parlare una sola lingua e quindi saranno confrontabili. L'istituzione di un organismo centralizzato di controllo sui conti consentirà di capire dove si annidano gli sprechi.

D. Nel 2013 però voi non sarete più al governo. L'azione dell'esecutivo sarà inevitabilmente condizionata dalla durata di questi ultimi scampoli di legislatura. Teme che, se il «rompete le righe» da parte del presidente Napolitano dovesse arrivare prima del previsto, ci sia il rischio che alcune riforme su cui il governo Monti ha puntato molto restino delle incompiute? Cosa ne sarà del riordino delle province? Se, come sembra ormai certo, non potrà che avvenire con un disegno di legge, difficilmente entrerà in vigore in questa legislatura. E nel passaggio da un governo all'altro potrebbero inserirsi pericolosi tentativi di dietrofront. Cosa ne pensa?

R. In effetti, penso anch'io che qualche problema ce l'avremo. Noi però abbiamo la coscienza a posto. Ribadisco, il governo Monti ha indicato una strada, quella del riordino, che dovrebbe portare a razionalizzare la governance degli enti di area vasta. Sarà compito del prossimo governo continuare l'opera e non credo che si possa tornare indietro. Ma non sarà una battaglia semplice.

D. Come non sarà semplice la battaglia sugli esuberi. Ne avete individuati 13 mila solo negli enti locali, ma il dpcm che fisserà i livelli di spesa media per il personale arriverà a fine anno. Avete già fatto i conti allora?

R. Diciamo che le previsioni sono quelle che lei ha citato. Abbiamo riscontrato che in linea di massima le piante organiche sono sovradimensionate rispetto alle necessità degli enti. Ma non vogliamo nessuna «macelleria sociale». I tagli si concentreranno per lo più su coloro che matureranno a breve i requisiti per la pensione. Più che esuberi dunque saranno prepensionamenti. Intanto però anche gli enti sono chiamati a fare la loro parte collaborando col governo in questi mesi che ci separano dall'emanazione del dpcm. Nuove assunzioni dovranno essere autorizzate con molta cautela perchè potrebbero correre il rischio di finire successivamente sotto la ghigliottina della spending review. Per non parlare poi delle assunzioni surrettizie effettuate scaricando i costi sulle partecipate.


29/08/2012
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