REGOLE - 1^ parte
Ci riferiamo qui al concetto di norma da seguire, di valori di riferimento, di principi a cui ispirarsi. Le regole quasi sempre non sono in se stesse buone o cattive, ma lo diventano in seguito all’atteggiamento che noi teniamo verso di esse quando le incontriamo o vi cresciamo dentro. Le tante sfumature con cui ciò può avvenire fa di esse un aspetto assai delicato e controverso sia nel rapporto con se stessi sia in quello con gli altri.
Le parole delle regole. “È una questione di principio”, “Non posso cambiare, va contro i miei valori”, “Bisogna dare delle regole ai figli”, “Le regole sono fatte per essere trasgredite”, “C’è sempre un eccezione alla regola”, “Hai calpestato i miei principi”, “Io sono fatto così: prendere o lasciare”.
Il concetto di regola richiama il tema della durezza e della rigidità e, in effetti, il corpo si esprime in tal senso. Chi è dominato da forti regole interiori ha di solito postura e movimenti molto controllati, talora frutto di una rigidità muscolare che non raramente predispone a disturbi fisici, come artrosi, mialgie, artriti, cefalea, cervicale. Chi vuole esprimere – o imporre – una norma, assume atteggiamenti tipici: a uno sguardo fermo e serio, a un’espressione decisa (talora intimidatoria) si associano movimenti delle mani con l’indice rigidamente sollevato a indicare la giustezza e la perentorietà della richiesta. Lo stesso vale per gli atteggiamenti di avvertimento.
Il bambino piccolo ha bisogno di norme da rispettare e a cui riferirsi per conoscere il mondo e rappresentarsi a esso senza sottoporsi a pericoli eccessivi. Allo stesso modo le tribù primitive e qualsiasi società in stato nascente avevano bisogno di leggi attraverso cui regolare la vita del gruppo. Le regole si configurano dunque nella loro essenza come uno strumento che cerca di farci diventare quel che ancora non siamo, di stimolare in noi il raggiungimento di un modo di essere che vada bene per noi nel rispetto degli altri. È impossibile in questa sede soffermarsi sull’immensa quantità di regole educative, morali, religiose e sociali che fanno parte delle diverse culture. Ci riferiamo qui alle cosiddette norme di comportamento che con maggior frequenza scandiscono la nostra vita quotidiana.
Il Super-io. “Alcuni di noi, sottoposti da piccoli a un eccesso di “regolamentazione”, sviluppano un super-io molto più esigente di altri, e questo condiziona pesantemente il proprio giudizio su di sè e sul mondo esterno”.
In teoria la regola – che si suppone essere valida e non violenta e non violenta – proposta dall’educazione al bambino e poi al ragazzo dovrebbe essere da lui percepita prima come ostacolo e in seguito integrata dentro di sè, senza più sentirne la fatica. Per esempio la norma morale “non rubare” da bambini può essere difficile da rispettare quando si desidera il gioco di un amico e glielo si può sottrarre senza essere visti; ma con il tempo se ne percepisce il valore etico, ed essa diventa un naturale principio interiore che non si fa di solito nessuna fatica a rispettare. Spesso tuttavia le regole educative sono contraddittorie o si ispirano a modelli superati o sbagliati: così vengono proposte da genitori e famiglia in modo troppo rigido o, al contrario, troppo elastico, oppure inducono il figlio a snaturare la propria indole con pessime conseguenze per il suo futuro. In particolare molte delle norme acquisite con l’educazione – e il modo in cui vengono trasmesse – portano con sè anche l’idea del giudizio negativo e dell’eventuale condanna nel momento in cui esse dovessero essere disattese. Tutto ciò va a creare e a nutrire quella funzione psichica chiamata Super-Io, cioè il nostro “giudizio interiore” che, almeno per tutta la prima metà della vita ci detta le regole a cui dobbiamo fare assoluto riferimento.
26/01/2015
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