PER LA CANONIZZAZIONE DI GIOVANNI XXIII - 2^ parte
Il 26 dicembre 1958 si recò a visitare i detenuti nel carcere romano di “Regina Coeli”, intrattenendosi a lungo in conversazione. Questa imprevedibile iniziativa, che rimandava agli albori del Cristianesimo, e le visite agli ospedali denotarono subito il carattere restauratore, e insieme innovatore, del suo pontificato. “Dicono che esco troppo durante il giorno. Ebbene! Uscirò di notte”, replicò alle immancabili e immotivate critiche. Il 25 gennaio 1959, nella basilica di S. Paolo fuori le Mura, al termine della Settimana di preghiera per l’Unità della Chiesa, annunciò sorprendentemente la convocazione di un concilio ecumenico “di aggiornamento”, una “nuova Pentecoste”.
“La Chiesa è un giardino da coltivare e non un museo di antiquariato”, sarebbe stata la sua risposta agli allibiti porporati presenti ed avrebbe inoltre richiesto l’aiuto di tutti coloro che la componevano, restituendo voce ai vescovi, decaduti dall’epoca del Concilio Ecumenico Vaticano I (1869-1870) a semplici comparse. Perchè “Capo della Chiesa e Cristo e non il papa” e inoltre “la Chiesa è di tutti, ma soprattutto dei poveri”. Il 4 ottobre 1962, prima del Concilio, compì un pellegrinaggio in treno a Loreto ed Assisi, atto di umiltà e devozione. Fu il primo viaggio di un pontefice dopo il 1870; percorse da pastore universale le regioni di cui i suoi predecessori fino a Pio IX, l’ultimo “papa-re” (è stato beatificato il 3 settembre 2000 insieme a Giovanni XXIII), erano stati sovrani.
Nel santuario mariano di Loreto affermò che la Chiesa “oggi è in cammino verso una dominazione spirituale”. Il medesimo distacco dal potere, in qualunque forma, lo ribadì sulla tomba di S. Francesco, il santo di “Madonna Povertà”: “è la sola via della riforma della Chiesa”. L’11 ottobre 1962, “nella sicurezza di una seminagione che fiorirà a tempo opportuno”, come gli eventi hanno poi dimostrato, inaugurò solennemente il Concilio Ecumenico Vaticano II, il ventunesimo nella storia della Chiesa. Quella sera in piazza S. Pietro i fedeli festeggiarono l’importante evento formando con innumerevoli fiaccole una suggestiva croce luminosa al cui centro si ergeva l’imponente obelisco egizio fatto ivi traslare nel 1586 da Sisto V. Papa Giovanni era visibilmente esausto. Alla fatica della lunga e fastosa cerimonia si univano infatti i segni del male che lo stava minando; ritenne pertanto non opportuno affacciarsi alla finestra da cui i pontefici si rivolgono “Urbi et Orbi” (a Roma e al mondo).
17/03/2015
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