Rallenta la caduta del manifatturiero pugliese. Nell’ultimo anno «perse» 466 attività, per una flessione del 2,7%
Bari, 18/03/2015 – Nonostante il 2014 sia stato l’ennesimo annus horribilis, l’artigianato manifatturiero pugliese dimostra di resistere meglio di altri comparti. La domanda interna è ancora debole, la produzione è quasi ferma e molte aziende continuano a chiudere i battenti, eppure sono tanti gli imprenditori che non demordono.
Dalla fine del 2013 alla fine del 2014, in Puglia, si sono «perse» 466 attività manifatturiere, pari ad una flessione del 2,7 per cento. Ce n’erano 17.575. Oggi sono 17.109. Rappresentano il 23,5 per cento della totalità delle imprese artigiane della Puglia (72.924).
E’ quanto emerge dalla seconda indagine congiunturale sull’artigianato manifatturiero, condotta dal Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia su dati Unioncamere-Infocamere.
I cali maggiori si registrano nell'industria del legno: da 1.859 a 1.727 imprese, cioè 132 unità in meno, pari al 7,1 per cento. Il settore comprende imprese che svolgono attività molto diverse tra loro: si tratta, in prevalenza, di produzioni di infissi o altri manufatti di falegnameria destinati all’edilizia a cui si affiancano altre lavorazioni che vanno dal taglio e la piallatura del legno, alla produzione di semilavorati sino alla fabbricazione di imballaggi.
Si sono perse 120 fabbriche di prodotti in metallo, pari ad un tasso negativo del 3,9 per cento (da 3.112 a 2.992). Racchiude, prevalentemente, le unità che operano nella produzione di elementi da costruzione affiancate da lavorazioni di trattamento e rivestimento del metallo; poco significativa la metallurgia.
Le imprese che si occupano di «confezioni di articoli di abbigliamento» sono 1.799, mentre prima erano 1.882; il saldo negativo è di 83 unità, pari al 4,4 per cento.
Stesso calo percentuale per le fabbriche di articoli in pelle (da 316 a 322).
La variazione percentuale maggiore, però, si registra nel settore delle fabbriche dei mezzi di trasporto: meno 12,2 per cento (da 82 a 72 unità). Le fabbriche di mobili sono diminuite del 3,5 per cento (da 663 a 640). Il saldo è negativo di 23 unità. In questo comparto sono comprese numerose attività che rappresentano quasi tutte le tipologie di mobili (soggiorno, letto, cucina, ufficio, materassi, eccetera), con una prevalenza per le poltrone e i divani.
L’industria tessile ha «perso» 27 imprese, con un tasso negativo del 5,1 per cento (da 526 a 499). Le fabbriche di «altri prodotti della lavorazione di minerali» sono diminuite del 3,1 per cento: da 1.142 a 1.107. Ce ne sono 35 in meno.
Le altre industrie manifatturiere si sono contratte, in media, del 2,3 per cento (da 1.831 a 1.789). Questo settore è residuale rispetto ai precedenti e, di onseguenza, è molto variegato: le produzioni più significative sono quelle della lavorazione di minerali non metalliferi (vetro, ceramica, pietre) e della cartotecnica (stampa e lavorazione della carta e del cartone). Da segnalare anche quelle della produzione di attrezzature mediche e dentistiche, delle lavorazioni di gioielleria e oreficeria, dell’installazione, manutenzione e riparazione di macchinari industriali.
Cresce, in controtendenza, il settore alimentare: da 3.233 a 3.288 attività, cioè 55 unità in più che valgono un incremento dell'1,7 per cento.
Altro settore in crescita è quello della «riparazione, manutenzione ed installazione di macchine» che registra una performance del 5,1 per cento, con un saldo attivo di 45 unità (da 881 a 926).
Nel complesso, però, gli indicatori congiunturali più rappresentativi dell’artigianato (produzione, ordinativi e fatturato) evidenziano ancora segni negativi.
Le difficoltà di mercato hanno indotto numerose imprese ad avviare processi di trasformazione orientati verso produzioni a valore aggiunto maggiore.
Negli altri casi, invece, si assiste ad una riduzione dell’attività produttiva in termini di volume della produzione e addetti impiegati.
«Il monitoraggio effettuato dal nostro Centro Studi – commenta Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia – evidenzia come la caduta verticale del manifatturiero iniziata nel lontano 2009 stia progressivamente rallentando. È tuttavia chiaro che i settori in maggiore difficoltà sono ancora quelli che, direttamente o indirettamente, soffrono della situazione del comparto edile,
come le produzioni di infissi e di carpenteria metallica. Le aziende produttrici di mobili, di confezioni e di tutto ciò che riguarda la sfera dei consumi personali – continua il presidente – non sono in una situazione migliore, e ciò per effetto combinato della deflazione e della perdurante stagnazione della domanda interna.
D’altro canto, i dati confermano il trend positivo tanto del settore alimentare, fiore all’occhiello dell’export regionale, quanto del settore delle riparazioni, probabilmente in forza dell’esigua disponibilità di risorse economiche per l’acquisto del nuovo. È più che mai necessario – conclude Sgherza – cogliere al balzo i flebili segnali di ripresa registrati all’inizio del 2015, mettendo le imprese manifatturiere, da sempre spina dorsale dell’economia locale, nelle condizioni di approfittarne fino in fondo».
18/03/2015
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