PER LA CANONIZZAZIONE DI GIOVANNI XXIII - 3^ parte
Fu mons. Loris Capovilla, il segretario particolare e poi più fedele custode della sua memoria, ad indicargli l'immensa folla in attesa.
Fatta aprire la finestra, papa Giovanni pronunciò, con la voce un po' roca e tono quasi confidenziale, un discorso rimasto memorabile.
Vide la Luna e la indicò ai presenti, a cui affidò un compito toccante: “...tornando a casa, troverete dei bambini, date loro una carezza e dite: 'questa è la carezza del Papa'.”. Ancora una volta si rivelava il prete umile delle origini.
“Facendomi sacerdote io non intesi, come tutti noi,che di essere pastore d'anime, modesto e semplice come un parroco di campagna...”. All'inizio del 1963 già circolavano voci non rassicuranti circa la sua salute, ma la notizia di una grave malattia fu comunicata solo in primavera.
Uscì l'ultima volta dal Vaticano sabato 11 maggio. Dopo aver ricevuto il giorno precedente in S. Pietro il “Premio Balzan” per la pace, visitò al Quirinale il presidente della Repubblica Antonio Segni. Nascondendo sotto il sorriso le gravi sofferenze, tenne il suo ultimo discorso pubblico, pronunciando infine un'accorata invocazione alla pace e alla concordia.
Nell'accomiatarsi, abbracciò Segni: fu il suo addio all'Italia. Domenica 26 maggio, per la prima volta, la finestra del suo appartamento rimase purtroppo chiusa.
Il mondo intero si raccolse trepidante in preghiera. Sentendosi ormai prossimo alla fine, riassunse il senso del suo pontificato dettando al segretario di Stato questo messaggio testamentario: “Ora più che mai, certo più che nei secoli passati, siamo intesi a servire l'uomo in quanto tale, e non solo i cattolici, a difendere ovunque e anzitutto i diritti della persona umana e non solamente quelli della Chiesa Cattolica. Non è il Vangelo che cambia, siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio. Č questo il momento di riconoscere i segni dei tempi, di coglierne le opportunità e di guardare lontano”.
Nel suo magistero, in scritti che abbracciano 68 anni, il termine “misericordia” ricorre ben 590 volte, “condanna” appena sei. Durante il pontificato non menzionò mai la parola “inferno”, ma anche prima l'aveva citata solo raramente.
L'idea di S. Agostino che bisogna “uccidere gli errori, ma amare gli erranti” compare nei suoi discorsi fin dal 1953, in piena epoca di “guerra fredda” tra le due superpotenze.
Scomparve, dopo penose sofferenze, il 3 giugno 1963.
Unanime fu il cordoglio, anche di non credenti e agnostici, per l'“apostolo della bontà” che aveva saputo rivolgere al mondo nuovi messaggi di speranza, ponendo faticosamente giorno dopo giorno le basi di una convivenza più serena.
Sepolto nelle Grotte Vaticane, è stato poi traslato nella basilica di S. Pietro, dove è esposto alla venerazione universale.
24/03/2015
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