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5 DRITTE SE VUOI IL TFR IN BUSTA PAGA
Cinque cose da sapere prima di decidere:
CHI NE HA DIRITTO?
Solo i lavoratori e le lavoratrici del settore privato con almeno 6 mesi di anzianità aziendale, esclusi gli agricoli e i domestici. Chi aderisce non potrà cambiare idea fino a giugno 2018, quando terminerà la fase di sperimentazione del provvedimento.
COME SI CHIEDE?
Basta compilare un modulo fornito dal datore di lavoro. Al TFR accantonato finora non accade nulla. L’opzione riguarda solo il denaro maturato a partire da marzo.
QUANTO PUO’ AUMENTARE LO STIPENDIO?
Secondo un’elaborazione del Caf Uil di Roma, la busta paga crescerà in media di 76 euro al mese per chi ha un reddito lordo annuo di 18.000 euro; di 97 euro per chi guadagna 23.000 euro; di 105 euro per 25.000 e 125 euro per 35.000 euro.
SI PAGHERANNO PIU’ TASSE?
Per chi guadagna fino a 18.000 euro l’anno lordi le cose non dovrebbero cambiare. Oltre quella soglia, le tasse crescono. La quota di TFR è soggetta alle stesse aliquote dello stipendio, che sono più alte rispetto a quelle applicate al TFR lasciato in azienda. Per la Fondazione studi dei consulenti del lavoro, chi guadagna 23.000 euro l’anno prenderà quasi 1.200 euro in più di stipendio, ma perderà 330 euro fra tasse più alte e minori detrazioni. Se sale lo stipendio lievita anche l’Isee, (l’indicatore della situazione economica su cui si basano molte tariffe comunali). La conseguenza sarebbe che, un esempio su tutti, l’asilo per i figli costerà di più?
Un consiglio mi sento di darlo, chi è interessato al TFR farebbe bene a chiedere a un patronato o al Caf la simulazione precisa di guadagni e perdite prima di decidere. Inoltre è bene ricordare che da sempre la liquidazione è il salvadanaio di ogni lavoratore dipendente; si accantona automaticamente e quando si va in pensione arriva dritta sul proprio conto corrente.
Un caro saluto a tutti da Saverio Minervini.
25/03/2015
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''Il Fisco'' a cura di Saverio Minervini |
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