LO STEMMA DELLA REPUBBLICA ITALIANA - 2^ parte
Frattanto l’uso nella corrispondenza ufficiale degli stampati preesistenti (dalla maggior parte dei sigilli erano stati asportati grossolanamente a scalpello lo stemma sabaudo e il fascio) stava causando inconvenienti anche seri.
Dalla fine del conflitto l’Italia era sotto l’“amministrazione controllata” degli Alleati; il capo della Commissione di Controllo, l’ammiraglio statunitense Ellery W. Stone, era rimasto allibito nel ricevere, alla fine del 1946, due telegrammi del presidente del Consiglio ancora con gli stemmi della Casa Reale e del Partito fascista.
In un’accesa lettera a De Gasperi elevò addirittura l’accaduto al livello formale di violazione dell’armistizio, ancorchè dovuta a trascuratezza.
Nella seduta del 13 gennaio 1947 la Commissione Bonomi prescelse, tra i cinque finalisti, il disegno realizzato da Paolo Paschetto, già autore dei bozzetti di alcuni francobolli.
Nato a Torre Pellice (Torino) il 1885, aveva studiato presso l’Istituto di Belle Arti di Roma; per il talento dimostrato venne ivi assunto nel 1914, appena diplomatosi, come professore di ornato, detenendo la cattedra fino al 1948; scomparve nel 1963.
Il suo bozzetto rappresentava, in una visione prospettica “a volo d’aquila”, una città medievale dalle mura circolari intervallate da sei torri con alte merlature; sulla costruzione, che sembrava affiorare dal mare grazie ad alcune linee ondulate alla base, splendeva la stella a cinque punte; ai lati, su due rami d’ulivo con frutti che la cingevano, vi erano le diciture “Unità” a sinistra e “Libertà” a destra.
La Commissione tuttavia invitò Paschetto ad apportare qualche modifica; pertanto le torri divennero otto, ma senza merlatura, e le legende furono trasferite in due cartigli alla base dei rami di ulivo.
Il problema sembrava risolto ma alla presentazione ufficiale, in occasione di una mostra appositamente organizzata presso l’Associazione Artistica Internazionale di Roma, la stampa fu impietosa, giudicando quella raffigurazione “ottocentescamente retorica” e definendola addirittura “la tinozza”.
La decisione finale fu demandata all’Assemblea Costituente, che il 19 gennaio 1948 invalidò l’esito del concorso istituendo nel contempo una nuova Commissione. Due giorni dopo fu bandito un nuovo concorso; in una settimana pervennero 196 disegni, di 96 artisti.
08/04/2015
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