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La Cornice e la sua Storia: La Cornice Toscana
Non è un caso se, ancora oggi, è la patria del 50% dei capolavori del ‘500 di tutto il mondo: è ovviamente in Toscana che si ha il più vario sviluppo della cornice e dell’arte corniciaia.
Del resto già nel ‘200 si trovano elementi -per quanto sobri- di cornice piatta direttamente applicata ai bordi dei grandi dipinti a fondo oro di Cimabue, Giotto, Duccio da Boninsegna, coi quali condividono la stessa doratura. Nel ‘300 si realizza la forma della cornice a tabernacolo, inventata in Toscana e poi diffusa in tutta Europa. I questo secolo le cornici si sviluppano come elementi strutturali autonomi, ricchi di intagli e trafori, ornati da colonnine tortili con capitelli e gattoni di coronamento. Sono le cornici dei polittici la cui struttura, spesso molto elaborata, ha strette connessioni con l’architettura coeva, specialmente con le edicole e le nicchie che si aprono sulle pareti delle chiese e degli edifici.
Questa struttura si manifesta fino alla metà del secolo XV, ricalcando le varie evoluzioni dell’architettura gotica e il mutamento formale, subìto dalla cornice nel Rinascimento, è ancora legato a quello dello stile architettonico, determinato a Firenze da Filippo Brunelleschi. Alla suddivisione in scomparti si preferisce la composizione pittorica unica, secondo la concezione rinascimentale della visione unitaria, racchiusa da una sola struttura lignea, non più costituita da archi acuti e decorazioni gotiche, ma piuttosto da trabeazioni lineari sorrette da pilastri e ornate da motivi di derivazione classica. La grande fortuna incontrata dai nuovi modelli decorativi fece sì che molti polittici del secolo precedente venissero smembrati ed adattati in nuove cornici.
La più semplice e comune cornice a cassetta, tutt’oggi in uso, compare nella seconda metà del ’400 con il nascere della pittura non più solo religiosa, ma piuttosto di soggetto profano, soprattutto dei ritratti, opere per le quali non era più necessaria una carpenteria sontuosa come quella adottata per collocare i dipinti sugli altari delle chiese. Questa struttura è costituita da un telaio rettangolare, ai bordi del quale sono applicate delle modanature: una interna (detta “alla battuta”) che serve a trattenere il dipinto, e una esterna (detta “al profilo”) che ha solo funzione decorativa. Si tratta di un modello che è rimasto in vita per tutti i secoli successivi, variando nei singoli dettagli e nella decorazione con il variare del gusto e delle mode.
Nel XV secolo in Toscana si ebbe un eccezionale incremento della cornice, quando vennero creati modelli autonomi ed originali che poi fecero scuola. Tutt’oggi la maggior parte dei disegni per cornici che ancora si conservano provengono da questa regione.
Tipico esempio della ricca inventiva degli artigiani d’epoca è l’emergere del cosiddetto “Tondo”, che si sviluppa a partire dalla seconda metà del ‘400. Si tratta di un modello che nasce dagli esempi in terracotta invetriata creati da Luca della Robbia ed è decorato da ricchi festoni di frutta e fiori scolpiti in altorilievo, oppure da semplici baccellature o, ancora, da elementi architettonici posti ai fianchi di una ricorrente treccia centrale, mentre la struttura ha quasi sempre una sezione molto aggettante. Altro esempio tipico è quello della cornice-tabernacolo, di semplice concezione architettonica, che ospita dipinti e rilievi in terracotta.
L’uso del tondo continua anche nel ‘500 ma la sua decorazione diviene più dinamica e plastica, come si può osservare nel mirabile esempio del “Tondo Doni” di Michelangelo agli Uffizi a Firenze. Nella seconda metà del secolo, diviene molto utilizzata la cornice in legno di noce intagliata con motivi che mostrano notevole fantasia, mentre il materiale viene mantenuto naturale e lumeggiato d’oro sui profili più sporgenti, evidente il contatto con la cornice “Sansovina” veneta, che prese il nome dall’architetto e scultore di origine fiorentina Jacopo Tatti, detto “Il Sansovino”, trasferitosi a Venezia nel 1527. E’ un modello di cornice dalle forme forti, in contrasto con le precedenti e prese ispirazione dalle incorniciature in legno o in stucco dei soffitti delle chiese di Venezia e del Palazzo dei Dogi. Le peculiarità della cornice Sansovino sono le robuste volute e i nastri che si evolvono verso il centro e verso i bordi.
Tra il XVII e XVIII secolo s’impose come modello la Salvator Rosa o Maratta, ancora oggi tra le sagome più conosciute ed apprezzate. Deve il nome al pittore napoletano Salvator Rosa, che realizzava di persona l’ornamento di ogni suo quadro. Il profilo si configura come un alternarsi di gole e gole rovesce, spesso arricchite da uno o più ordini d’intaglio con motivi di ovoli, nastri o fogliami e si diffuse soprattutto in Lazio e Campania. La produzione laziale si distingue per intagli eleganti e definiti con dorature molto brillanti; nel napoletano, invece, la finitura veniva realizzata con argento alla “mecca” o “mistura”. L’effetto bicolore di legno-oro si ottiene colorando con terra bolare marrone scuro l’imprimitura in stucco.
Nel ‘600 vengono realizzate cornici fastose, che trovano la loro origine nelle botteghe granducali che realizzano nuovi pezzi per i quadri delle collezioni degli Uffizi e Palazzo Pitti. Questi modelli sono caratterizzati da grandi intagli a cartelle e baccelatture aggrovigliate, con varie decorazioni, soprattutto vegetali. Altri esempi di artigianato granducale sono le cornici in legno di ebano lavorato “guillochè”, con intarsi di pietre policrome. Altri esempi sono in legno di ebano con applicazioni in bronzo dorato. Nel ‘700 le botteghe producono cornici a passepartout intagliate oppure lisce in legno duro con applicazioni bronzee.
12/04/2015
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''Il corniciaio'' a cura di FAC di Domenico de Gennaro in Via Tenente Fiorino,30 |
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