LO STEMMA DELLA REPUBBLICA ITALIANA - 3^ parte
Il 28 gennaio la Commissione designò all’unanimità il bozzetto vincitore; all’apertura della busta con il nome dell’autore risultò ancora vincente Paschetto, che aveva sostituito la cinta di mura con l’ingrandimento della stella sovrapponendolo ad una ruota dentata. Il 31 gennaio, senza altro indugio, l’Assemblea Costituente approvò in via definitiva il nuovo stemma. Ma la lunga e complessa vicenda non era ancora giunta all’epilogo. I due rami annodati dal nastro con la legenda “Repubblica Italiana” erano, nelle intenzioni dell’autore, uno di ulivo (a sinistra) come simbolo di pace e l’altro di quercia quale richiamo dell’antica gloria nazionale. Quando si giunse all’ultimo adempimento formale, la descrizione araldica dello stemma, il Cancelliere della Consulta Araldica, conte Tosi, fece rilevare che, risultando in una rappresentazione grafica le foglie di ulivo simili a quelle dell’alloro, era preferibile menzionare nella definizione l’alloro e la quercia, entrambi simboli di gloria imperitura, poichè la corona di ulivo e di quercia avrebbe potuto comportare il significato funerario di pace eterna. Ma si decise di soprassedere a questa osservazione, optando per la conferma del ramo d’ulivo.
L’8 aprile 1948 il Consiglio dei Ministri approvò finalmente il nuovo stemma ed il 5 maggio il Presidente della Repubblica Enrico De Nicola ne promulgò il decreto legislativo. Così è ivi descritto nella sua esatta terminologia araldica: “…composto di una stella a cinque raggi di bianco, accollata agli assi di una ruota di acciaio dentata, tra due rami di olivo e di quercia, legati da un nastro di rosso, con la scritta di bianco in carattere capitale Repubblica Italiana”. La stella è da sempre associata alla personificazione dell’Italia, sul cui capo risplende. Così fu rappresentata nell’iconografia risorgimentale e similmente comparve, fino al 1890, nel grande stemma del Regno unitario. Connotò in epoca successiva anche la prima onorificenza repubblicana della ricostruzione, la Stella della Solidarietà Italiana; attualmente indica l’appartenenza alle Forze Armate. La ruota dentata d’acciaio, simbolo dell’attività lavorativa, traduce in immagine il primo articolo della Costituzione: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. Il ramo d’ulivo rappresenta la volontà di pace della Nazione, sia nel senso della concordia interna che della fratellanza internazionale, mentre la quercia identifica la forza e la dignità del popolo italiano.
Accettato dalla Costituente senza troppa convinzione e mai veramente amato, lo “stellone”, com’è popolarmente definito, rischiò anni dopo un’ingloriosa sostituzione. Venne infatti costituita un’apposita Commissione di nove esperti, presieduta da Emilio Rubbi e comprendente personalità quali il pittore Aligi Sassu, il cartellonista Armando Testa e lo scrittore Umberto Eco, che il 31 dicembre 1987 presentò al Presidente del Consiglio Giovanni Goria la relazione definitiva, accompagnata dai due bozzetti vincitori tra i dodici presentati per “l’innovazione dell’emblema della Repubblica italiana”. Poichè i lavori prescelti non risultarono convincenti, alcuni commissari verbalizzarono le loro opinioni. Armando Testa propose di incaricare, in base a quell’esperienza, un ristretto numero di professionisti, Dino Basili di indirizzarsi anche su un’area di simbologia storica quale ad esempio gli stemmi delle antiche Repubbliche marinare, Aligi Sassu di operare nel solco della tradizione. Una tale discordanza di pareri evitò che lo “stellone” di Paschetto, testimonianza storica evidente dell’avvento della Repubblica, venisse meschinamente accantonato.
21/04/2015
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