La “sviolinata”. “Tra le debolezze più diffuse su cui il manipolatore fa leva in questi caso, c’è il bisogno di sentirsi riconosciuti, convalidati nelle proprie idee e scelte, ringraziati, creduti, considerati speciali e affidabili”.
È una delle principali abilità del manipolatore: individuare in tempo record il punto debole del suo interlocutore – quello su cui si sente più indifeso o bisognoso di conforme – per poi far leva su di esso, blandendolo e valorizzandolo, per realizzare i propri scopi. Per mettere in atto questa tattica, egli dispone in genere di una gamma variegata di linguaggi di seduzione o viceversa di aggressione, che mirano a mettere la “preda” con le spalle al muro:
- La lusinga (“Chi meglio di te può sapere cosa fare, tu che non sbagli mai un colpo?”);
- Il ricatto affettivo (“Se hai deciso così è perchè evidentemente non ti interesso più come prima”);
- La falsa modestia (“Io non ho certo la tua preparazione, però penso che…”);
- L’impassibilità e l’ironia di circostanza (“Ma davvero? E magari stai pure parlando sul serio?”).
Di volta in volta egli potrà indossare la maschera del bisognoso d’aiuto, della persona forte e sicura di sè, del genitore o dell’amico protettivo.
La tecnica dell’imbarazzo. “Alcuni sono assai abili nel fare in modo che l’interlocutore si trovi fisicamente e psicologicamente in una posizione di scomodità, così che il disagio ne riduca la determinazione nell’argomentare le proprie idee”.
A tal fine possono utilizzare varie strategie. Tra queste spicca la tendenza ad arrivare tardi ad un incontro, così che l’attesa innervosisca l’altro, facendogli perdere calma e concentrazione. Ma sono frequenti anche dei “movimenti strategici” – perlopiù inconsapevoli o comunque messi in atto in modo automatico – come per esempio, sul luogo di lavoro, l’aspettare seduto alla propria scrivania, osservando con sguardo intenso e giudicante chi entra nella stanza per incontrarlo.
In altri casi invece la persona evita di guardare l’altro dritto negli occhi, mantenendo uno sguardo assente o focalizzato su altre cose, senza alcun cenno d’assenso o di partecipazione, inducendo così nell’altro la sensazione di non sentirsi ascoltato o addirittura di essere “di troppo”.
05/05/2015
Importanza della comunicazione e linguaggio del corpo