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I PESCI DEL NOSTRO MARE a cura del Prof. Cosmo Tridente

I PESCI DEL NOSTRO MARE a cura del Prof. Cosmo Tridente


La vocazione marinara di Molfetta sembra marcata nella sua antica ossatura. Infatti, il centro storico, visto dall’alto, pare assomigliare ad un rombo (s’intende il pesce e non la figura geometrica), e come il pesce, è tozzo e solcato da una grande spina mediana (via Morte) e sette vie trasversali, strettissime, con antiche case in pietra a bugnato. La popolazione di Molfetta ha cercato da antica data il suo tozzo di pane principalmente dal prezioso carico che le barche portano con sè dopo una giornata di estenuante lavoro, sotto la protezione della nostra Madonna dei Martiri, la cui immagine non manca in ogni imbarcazione (Mèdonne a pròete, dicevano i vecchi marinai per indicare l’immagine della Madonna fissata sul dritto di prora a devozione e protezione della barca e dei marinai).Un’attestazione di tale patrocinio sono gli ex voto esistenti in Basilica che rappresentano gli interventi prodigiosi operati dalla Madonna in favore della gente di mare che l’ha invocata in momenti difficili in cui l’unica speranza era il suo intervento materno.
Il mestiere di pescatore è infatti duro e rischioso, soggetto ai capricci del tempo, e soprattutto sempre meno redditizio a causa dell'impoverimento della fauna marina, dovuto all’innalzamento della temperatura del mare e degli oceani, alla presenza di sostanze tossiche (iprite, mucillagine, alga tossica, arsenico, mercurio ecc.), nonchè ai metodi di pesca che, se non controllati, sono irrazionali e non rispettano il ciclo di vita del prodotto ittico.
Per un corretto significato, va detto che u varcheceddàre è il pescatore che usa barchette di piccolo cabotaggio, u mèrnère è il pescatore che lavora in barche più grandi, u viatecàre è l’astatore di pesce, u pesciaiùele è il pescivendolo delle piazze, u pèsce de forte è il pesce di scoglio, di sapore forte perchè cresciuto tra le alghe, la buzzètte era un quantitativo di pesce misto che i marinai prima dello sbarco spartivano.
Come si sa, il consumo del pesce fa parte della nostra dieta mediterranea e in tempi passati, quando mancava per le proibitive condizioni del mare, i pizzicagnoli (i più rinomati di un tempo: Giacomo Zanna e Felice Farinola, alias Felesciùdde) venivano incontro ai bisogni alimentari della popolazione con tini di baccalà (merluzzo dei mari nordici seccato e salato) messo in ammollo per renderlo commestibile. Il baccalà era un’alternativa alla classica zuppa di pesce (u cèmbótte), fatta di pesce misto appena pescato, con aglio, prezzemolo, pomodoro, olio di oliva.
In qualsiasi modo preparato, non v’è dubbio che il pesce fresco lascia sul palato un inconfondibile sapore di scogliera, come confermato nel “De piscibus” di ignoto autore provenzale del secolo XVI: Memini me domi edisse frictos in sartagine et saporis esse suavissimi quodque linguam acrimoniaque quadam levi demulceant et gustatum titillent et provocent (Ricordo di averli mangiati in casa fritti in padella e che erano di un sapore gustosissimo e tale che addolcivano la lingua con una leggera asprezza e stuzzicavano e provocavano il palato). Il sapore di mare è altresì comprovato da un noto aforisma napoletano: Treglie e cièfare arrustute siente’o mare mmocc’a te (Triglie e cefali arrostiti senti il mare nella tua bocca). E’ il caso di dire con Dante Alighieri: “ ’ntender no la può chi no la prova” (Vita Nova, XXVI).
Qui di seguito riporto una nomenclatura di pesci, molluschi e crostacei più comuni delle nostre piazze, senza alcuna pretesa di esaurire l’elenco. Accanto al nome in vernacolo molfettese, ho trascritto quello italiano. Per ulteriori approfondimenti rinvio il lettore al mio saggio Lessico e folklore della marineria molfettese, Editore Mezzina, Molfetta, 1996.

Aghestenèdde = è il novellame di triglie di agosto
Alàisce = alice o acciuga
Agùglie = aguglia
Èngelètte = gallinella o cappone
Calèmère = calamaro
Cecàle = canocchia o pannocchia o cicala di mare. Le femmine si distinguono dai maschi per la colorazione biancastra che assumono gli sterniti toracici.
Cèfale = cefalo o muggine. E’ un pesce "povero" nel senso che abbonda nei mari e nelle foci e spesso ha un sentore strano che ha creato qualche pregiudizio.
Cèrnie = cernia o dotto
Cedàiene o càzze de ’rre = donzella zigurella. Viene chiamato con detto appellativo perchè appena nato ha un colore rossastro ed è femmina. A un certo punto della vita cambia colore e sesso: diventa un maschio più grosso… beato tra le femmine.
Éttere = pagello o fragolino. Pesce dal caratteristico colore rosato, da cui il nome fragolino.
Gattòdde = gattuccio. Chiamato così per una qualche rassomiglianza nella testa con il quadrupede.
Gòscele = mormora. L'aspetto di questo pesce è assai tipico a motivo delle bande scure sui fianchi.
Grùenghele = grongo
Gheggióene = ghiozzo. Detto di persona particolarmente rude nei modi e nel parlare.
Lacìerte = lacerto o suro o sugarello
Lecègne = pesce prete o lucerna mediterranea o pesce guarda stelle per via degli occhi posizionati in alto rispetto alla testa.
Meròsche o fragàgghie =. E’ costituita dai neonati (avannotti) di vari pesci che un tempo si consumavano crudi. La fragàgghie è citata a mo’ di scongiuro nella nota filastrocca napoletana: ”aglio e fragaglio fattura ca nun quaglia, corna, bicorna, cape e'alice e cape d'aglio" .Gli avannotti fritti marinati in aceto e olio vengono chiamati in vernacolo molfettese Bi-bribbì.
Mìnele = mènola. A proposito di questo pesce c’è una favola di Esopo intitolata “Il pescatore e la menola”. Un pescatore calò in mare la sua rete e tirò su una mènola. Si trattava di un pesce piccolo e, vista appunto la sua piccolezza, pregava il pescatore di non prenderlo subito, ma di lasciarlo andare. Diceva: "Mi potrai prendere quando sarò cresciuto e diventato un pesce grosso, perchè allora ti renderò anche maggiormente". E il pescatore replicò: "Sarei proprio uno sciocco a lasciarti libero nella speranza di un guadagno futuro più grande, perdendo questo, che per quanto piccolo, è già nelle mie mani".Questa favola mostra che sarebbe irragionevole, nella speranza di qualcosa di meglio, lasciar andare quello che si ha in mano, per la ragione che è poco.
Nùzze= nasello o merluzzo argentato che nei grossi esemplari è chiamato papendùene. A seconda del modo di conservazione, il merluzzo prende il nome di “baccalà” se è decapitato, aperto e conservato sotto sale; “stoccafisso” se è decapitato ma lasciato intero ad essiccare al sole.
Palàte = sogliola. E’ un pesce piatto con corpo ovale e compresso con gli occhi sul lato destro.
Parasàcche = tracina o pesce ragno. E’ un pesce che va maneggiato con precauzione perchè presenta sulla sua pinna dorsale degli aculei (spine) che, penetrando nella pelle, rilasciano un veleno. Subito dopo la puntura, insorge un dolore molto intenso che, se non trattato, può persistere per alcune ore, con conseguenze a volte gravi.
Pelóese = favollo
Pènne = palombo
Pezzecatràiesce = rospo o rana pescatrice
Pìsce fàieche = pesce fico o cappellano o busbana o merluzzetto
Pìsce sbène o nùzze menghiaràiele o pisce càzze = melù o potassolo. E’ uno degli ingredienti della focaccia ripiena (calzòene) che tradizionalmente si mangia il primo giorno di quaresima (mercoledì delle ceneri) e a mezza quaresima (giovedì successivo alla terza domenica di quaresima).
Pùlpe = polpo. Attenzione alla pronuncia: si dice “polpo” e non “polipo” perchè i polipi sono animali acquatici di diversa taglia appartenenti al phylum degli Cnidaria. Esempi di polipi sono le anemoni di mare e le madrepore (i coralli costruttori delle barriere coralline). Si possono trovare due specie: il polpo di scoglio e quello di sabbia. Il primo ha la carne più prelibata e gustosa e si distingue dal secondo per una doppia fila di ventose sui tentacoli. Pulp’a tenèriedde sono polpi che vengono battuti affinchè diventino tenerelli per essere mangiati crudi o a insalata di mare.
Ràsce = raja o razza chiodata. Prende il nome dalle piccole protuberanze dure, senza una forma geometrica ben definita.
Salìpece o zembarìedde = gamberetti o salterelli
Sàrde = sarda o sardina o sardella. Fa parte del cosiddetto “pesce azzurro”. L’aggettivo “azzurro” si riferisce al colore blu del dorso, caratteristica che accomuna tutti i pesci appartenenti a questo
gruppo.
Scaldadèscetere (scalda dita) = sono le sardine che si mangiano appena tolte dal fuoco.
Schèmbe = scampo
Sàrge = sarago o sargo
Scrófene = scorfano
Scrùmme = sgombro o maccarello
Sècce = seppia. “Ossi di seppia” è una raccolta poetica di Eugenio Montale, pubblicata nel 1925, in cui il poeta allude allo scheletro dell'animale marino che può galleggiare serenamente nel mare o essere sbattuto sulla spiaggia come "inutile maceria".
Sparróene = sparaglione
Staffàiele = staffile o nerbo o serpe di mare
Tìeste = cappone gorno
Trègghie = triglia. A seconda della provenienza, si possono trovare: triglie di “sabbia” o di “fango" con muso arrotondato e colore rosato; triglie "di scoglio", con muso appuntito e colore rosso giallo dorato. Assai pregiata è la triglia di scoglio per la sua carne delicata e saporita, anche se ricca di spine, mentre quella di fango, un po’ più grassa, è spesso un'incognita perchè il suo sapore è legato al tipo di nutrimento a disposizione sul fondo del mare.
Tótre = totano. Da non confondere il totano con il calamaro: la differenza è ben riconoscibile dalle 2 "ali" che affiancano il corpo. Mentre nel calamaro sono lunghe ed affusolate ed attaccate lungo quasi tutto il corpo, nel totano hanno forma più piccola, triangolare, e sono attaccate alla parte
posteriore (coda).
Vóepe = boga
Zènghètte = zanchetta o suacia. Diversamente dalle sogliole, le zanchette hanno gli occhi sul lato sinistro.

Come la frutta e la verdura, i prodotti ittici hanno le loro stagioni. Siamo ormai abituati a trovare la maggioranza dei cibi in qualunque periodo e pretendiamo di mangiare questo o quel frutto, questo o quel pesce durante tutto l’anno, senza tenere conto del fatto che la natura lo produce in funzione delle sue esigenze e non di quelle del mercato. La stagione dei pesci dipende dalla fase di riproduzione. Mangiandoli al di fuori di questa fase, consentiamo alle specie di riprodursi ogni anno e agli stock di rinnovarsi.
Oggi, purtroppo, nelle nostre piazze il pesce sta diventando raro per certe specie (sogliole. rombi, astici, scorfani, cefali, rondinelle, cozze penne, menole, aguglie, pesce fico, ghiozzo, ecc.) e il prezzo non è accessibile per tutte le tasche. Hanno un bel gridare i nutrizionisti che lo consigliano almeno due volte la settimana per una dieta equilibrata. Nei centri commerciali possiamo anche trovarlo decongelato, surgelato, importato, confezionato, pulito, deliscato. Ma non ha gli odori forti della nostra scogliera e la “poesia” delle barche quando rientrano al porto dopo una battuta di pesca, attorniate da gabbiani che svolazzano a bassa quota per catturare quegli scarti di pesce che vengono ributtati in mare dai marinai i quali, come ha scritto Fabrizio De Andrè in una sua canzone del 1970, “hanno un solco lungo il viso come una specie di sorriso”.


20/10/2012
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