Come funzionano i primi occhiali per daltonici
Un’azienda americana ha sviluppato un sistema che consente alle persone affette da daltonismo di visualizzare porzioni dello spettro cromatico che non hanno mai conosciuto
Opie Hughes è nel vialetto della sua casa in Pennsylvania, i suoi due figli aspettano irrequieti mentre lui scarta un pacco regalo che sua sorella gli ha appena dato. È lei quella che regge la telecamera, e anche lei è nervosa, si capisce da come l’inquadratura fatica a rimanere stabile. L’unico tranquillo è lui, Opie, almeno fino a quando non finisce di scartare il pacco e inforca il paio di occhiali che ci trova dentro. A quel punto il suo sorriso si spegne e l’uomo deve sedersi. Per un po’ si guarda attorno spaesato, poi comincia a piangere.
Opie Hughes è affetto da protanomalia, un tipo di daltonismo piuttosto diffuso caratterizzato da una sostanziale insensibilità alla luce rossa; gli occhiali invece sono dotati di lenti filtrate chiamate EnChroma, sviluppate appositamente per correggere la cecità ai colori.
In pratica: per la prima volta sta vedendo il mondo in tutta la sua complessità cromatica; o quasi.
Il daltonismo ha spesso un’origine genetica ed è più diffuso tra gli uomini (5-8%) che tra le donne (1%).
Si tratta di un’anomalia che interessa i coni, cellule fotorecettrici presenti nella retina deputate al riconoscimento dei colori.
In una retina, in media, ci sono 6 milioni di coni suddivisi in tre tipologie: i coni L (che assorbono prevalentemente luce rossa), S (blu) e M (verde). In un individuo daltonico una di queste tipologie di coni è assente, oppure funziona in maniera anomala; nel caso di Opie Hughes, ad esempio, i coni-L assorbono troppa luce verde, andando così a sovrapporsi in maniera eccessiva allo spettro di assorbimento dei coni-M, creando confusione tra rosso e verde.
EnChroma ha studiato un sistema che lavora su questo tipo di sovrapposizione di banda per consentire al paziente daltonico di ottenere una visualizzazione dei colori il più possibile vicina alla normalità.
Per fare ciò l’azienda americana ha sviluppato un modello computazionale per simulare la visione cromatica dei vari tipi di daltonismo e successivamente hanno utilizzato la programmazione lineare per scrivere un algoritmo che consentisse di testare in un ambiente virtuale l’efficacia di diverse tipologie di lenti filtrate.
Il risultato sono lenti che vanno a “tagliare” alcuni intervalli di frequenza controbilanciando così l’effetto della sovrapposizione sopracitata.
Naturalmente, non si tratta del primo tentativo di risolvere il problema con accessori correttivi. Da tempo esistono lenti a contatto e occhiali creati appositamente per compensare i difetti cromatici, inoltre sono disponibili una serie di app per smartphone e tablet che possono risultare utili. Fino ad oggi, però, nessuna di queste opzioni si era rivelata veramente funzionale.
Gli occhiali EnChroma costano dai 349,95 ai 599,95 dollari, a seconda del tipo di montatura, e sebbene non rappresentino una soluzione definitiva al daltonismo (ad esempio non possono funzionare nei casi in cui al paziente daltonico manchi del tutto una tipologia di cono), sono per ora lo strumento più efficace per correggere i difetti cromatici risultanti dal daltonismo.
Nel frattempo, la ricerca medica in questo settore sta facendo passi importanti.
Pochi mesi fa, dopo dieci anni di lavoro, un gruppo di scienziati dell’Università di Washington è riuscito a correggere il daltonismo in alcuni esemplari di saimiri (dette anche “scimmie scoiattolo”), sfruttando una terapia genica che prevede l’inoculazione di DNA direttamente nell’occhio attraverso un vettore virale.
Ottica CASSANO / Molfetta.
25/08/2015
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