«Accelerano» le commissioni tributarie provinciali della Puglia. I ricorsi pendenti scendono da 33.337 a 26.206. Aumentano quelli pendenti presso la commissione regionale
Giustizia/Ecco tutti i dati sul contenzioso in Puglia
Bari, 01/09/2015 – «Accelerano» le commissioni tributarie provinciali della Puglia. I ricorsi pendenti, infatti, scendono da 33.337 a 26.206. Arretra, invece, la commissione regionale, dove le istanze in attesa di giudizio salgono da 9.295 a 12.917. È quanto emerge dalla terza indagine sul contenzioso tributario, realizzata dal Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia.
In particolare, nella commissione provinciale di Bari risultano ancora pendenti 5.732 ricorsi, in quella di Brindisi 1.289, in quella di Foggia 6.941, in quella di Lecce 8.151 e in quella di Taranto 4.093. Per un totale di 26.206 istanze. Più altre 12.917 in commissione regionale.
Guardando all’ente impositore, ben 12.453 contestazioni (pari al 47,5 per cento) riguardano l’Agenzia delle entrate, 3.161 (pari al 12,1 per cento) quelle presentate contro l’Agenzia del territorio, 296 (pari all’1,1 per cento) contro l’Agenzia delle dogane e monopoli, 2.751 (pari al 10,5 per cento) contro Equitalia, 5.402 (pari al 20,6 per cento) contro enti locali e 2.143 (pari all’8,2 per cento) contro altri enti.
Nel corso del 2014, nelle commissioni provinciali della Puglia, sono stati definiti 18.058 ricorsi. Le istanze dei contribuenti sono state accolte nel 40 per cento dei casi (7.216 sentenze). Nel 38 per cento dei casi (6.920 controversie), l’esito è stato favorevole all’ufficio. Un giudizio intermedio è stato emesso per 1.626 ricorsi (pari al 9 per cento). Irrilevanti le conciliazioni (75 pareri, pari allo 0,4 per cento), mentre gli «altri esiti», come il condono, sono stati pronunciati 2.221 volte (pari al 12,3 per cento del totale).
A Bari occorrono 545 giorni per definire un ricorso. A Brindisi ce ne vogliono più di 690, a Foggia 1.106, a Lecce 693 e a Taranto 1.036. Un ricorso, infatti, può essere discusso in una o più udienze.
Riguardo al contenzioso in commissione tributaria regionale, i ricorsi pendenti sono 12.917. Nel corso del 2013 ne sono pervenuti 6.639 e ne sono stati definiti 3.017, cioè 3.622 pratiche in più in attesa di sentenza.
«Quello dei tempi della giustizia civile - spiega Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia - è un problema molto sentito dai cittadini, ma ancor di più dalle imprese, specie se di piccole dimensioni.
Sono loro, infatti, a pagare più di tutte il peso dell’incertezza giuridica, soprattutto in questo periodo storico. I dati elaborati dal nostro Centro Studi - aggiunge Sgherza – evidenziano come nell’ambito del contenzioso tributario i tempi della giustizia siano ancora ben lontani da quelli fisiologici in uno Stato di diritto.
Paradossale è che addirittura nel 40% dei casi il contenzioso si risolva in favore del ricorrente: la complessità della legislazione tributaria non di rado conduce gli uffici ad interpretazioni errate e ciò costringe i contribuenti ad imbarcarsi in cause pluriennali per veder riconosciuta la correttezza della propria posizione. Si tratta di un dispendio enorme di risorse economiche tanto pubbliche quanto private, e non è infrequente che pur di evitare un tale salasso, il cittadino così come l’impresa opti per il pagamento delle sanzioni piuttosto che per il riconoscimento delle proprie ragioni.
L’incremento dei ricorsi di secondo grado ancora pendenti presso la Commissione Regionale è probabilmente attribuibile al depotenziamento delle sedi distaccate, e ciò rilancia con forza il tema della dotazione sia umana che materiale degli uffici giudiziari.
Al di là di questo, è più che mai urgente procedere ad una riforma complessiva della fiscalità che, attraverso una legislazione chiara e lineare, conduca ad una deflazione naturale del contenzioso tributario. Sono questi - conclude Sgherza - i provvedimenti che interessano alle imprese».
Materia e oggetto del ricorso. Ci si rivolge alle commissioni tributarie per risolvere le controversie che hanno per oggetto accertamenti d’imposta, revoche di agevolazioni e condoni, imposizioni di misure cautelari, applicazioni di sanzioni amministrative, interessi e ogni altro onere accessorio. In particolare, sono oggetto del ricorso:
TRIBUTI ERARIALI
Irpef: imposta sul reddito delle persone fisiche
Iva: imposta sul valore aggiunto
Irap: imposta regionale sulle attività produttive
Ires (ex Irpeg): imposta sul reddito delle società
imposta di registro
imposte ipotecarie e catastali
altri tributi erariali
TRIBUTI LOCALI
Ici, oggi Imu: imposta sugli immobili
tassa per lo smaltimento dei rifiuti (Tarsu, poi Tares, oggi Tari)
Tosap: tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche
Cosap: canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche
Pubblicità
tasse automobilistiche
Spese del giudizio. Quasi sempre finisce in «pareggio». Nel 70-80 per cento dei casi, infatti, le spese del giudizio sono «compensate». Mai, o quasi mai, dette spese sono a carico dell’ufficio. L’articolo 15 del decreto legislativo 546 del 1992, dispone che «la parte soccombente è condannata a rimborsare le spese di giudizio che sono liquidate con sentenza».
La Commissione tributaria può dichiarare le spese compensate in tutto o in parte, ai sensi dell’articolo 92 del codice di procedura civile, ove ricorrano dei giusti motivi, rimessi ad una valutazione discrezionale del giudice. La compensazione può essere inoltre dichiarata se vi sia soccombenza parziale o reciproca. Con il principio della compensazione delle spese per giusti motivi (equità, convenienza, merito), il legislatore ha inteso mitigare il rigore della condanna alle spese, in presenza di particolari circostanze e di evidente buona fede del soccombente. La legge numero 263 del 28 dicembre 2005 ha poi «riformulato» il secondo comma dell’articolo 92 del codice di procedura civile, disponendo che «se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti».
01/09/2015
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