La Xylella si cura?
La Xylella si cura?
Prove pratiche di convivenza con il batterio killer
C’è un nuovo futuro per gli olivi salentini attaccati da Xylella fastidiosa. Una strada alternativa agli abbattimenti. L’ha tracciata Marco Scortichini del Crea, Centro di Ricerca per la Frutticoltura, divulgando i primi risultati di una sperimentazione svolta all’interno della zona di eradicazione prevista dall’Ue. «Le prove – testimonia il batteriologo- sono state effettuate su 110 alberi (metà trattati, metà non) in provincia di Lecce (comuni di Veglie, Galatina e Galatone) in oliveti dove è stata rilevata la presenza di Xylella». Le prove hanno verificato l’efficacia di un prodotto, frutto di brevetto internazionale, a base di zinco, rame ed acido citrico, utilizzabile anche in agricoltura biologica. L’applicazione, in primavera, è avvenuta mediante un classico atomizzatore (ma si sta mettendo alla prova anche l’opzione endoterapia). L’efficacia del prodotto è stata verificata sia su alberi non potati che su piante sottoposte ad una energica potatura per rimuovere le branche avvizzite. «I dati fin qui ottenuti – continua Scortichini – hanno evidenziato una notevole riduzione della comparsa dei sintomi in tutti gli oliveti sottoposti a trattamento senza mai riscontrare fitotossicità». Al contrario, in tutti e tre gli oliveti non trattati gli alberi hanno mostrato una notevole progressione del “disseccamento rapido”. Come esempio estremo il ricercatore cita un oliveto con alberi molto colpiti dal patogeno dove si erano scelti come testimone non trattato quelli senza sintomi apparenti, «Ebbene – commenta – anche qui si è assistito ad una netta “inversione” dell’andamento della malattia nel corso della stagione. Infatti, gli alberi che in primavera non mostravano segni di infezione hanno, via via, mostrato sintomi, anche gravi, mentre quelli sottoposti a trattamento, anche dopo l’estate particolarmente calda, non hanno manifestato segni di progressione della malattia».
Evidente anche l’importanza della potatura nel ridurre la comparsa di germogli con sintomi di disseccamento. «Ciò è da imputare alla notevole riduzione di pressione d’inoculo del batterio nell’azienda che ha facilitato l’efficacia dei trattamenti».
«La prova in corso – conclude – necessita di continuità e l’efficacia dovrà essere verificata anche l’anno prossimo. Tuttavia, si iniziano ad intravvedere prospettive differenti dal taglio degli alberi. Va sottolineato che, parimenti al controllo del batterio nell’olivo, devono essere intraprese azioni per contrastare l’insetto-vettore e la diffusione del batterio in altre piante-ospite, coltivate o no». Fino ad oggi nel nostro Paese nessuna misura di lotta obbligatoria è risultata efficace nel contrasto di patogeni di nuova introduzione. Meglio quindi pensare ad una strategia di contenimento complessiva per riuscire a convivere col patogeno, così come successo per altri batteri fitopatogeni altrettanto pericolosi e virulenti (come colpo di fuoco delle pomacee e Psa del kiwi).
Di Lorenzo Tosi
Fonte: Terra e Vita
11/05/2016
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