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Parte 3 L’importanza della mediazione a seguito del decreto 28/2010
La conciliazione endoprocessuale
Ai sensi dell’art. 5 dello stesso decreto, il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell'istruzione e il comportamento delle parti, può invitare le stesse a procedere alla mediazione. L'invito dovrà essere rivolto alle parti prima dell'udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa. Se le parti aderiscono all'invito, il giudice fisserà la successiva udienza dopo 4 mesi e, quando la mediazione non e' già stata avviata, assegnerà contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Si tratta della mediazione sollecitata dal giudice nel corso del processo, prevista anche dalla direttiva comunitaria n. 2008/52/Ce e che si affianca, senza sostituirla, alla conciliazione giudiziale.
Il giudice di merito, di primo o secondo grado, valuta se formulare l’invito in base allo stato del processo, alla natura della causa e al comportamento delle parti, onde non favorire dilazioni. Se le parti aderiscono all’invito del giudice, questi provvede ai sensi del comma 1, fissando una nuova udienza dopo la scadenza del termine per la mediazione. L’adesione delle parti è stata prevista onde evitare che esse debbano soggiacere a un’iniziativa del giudice, senza essere convinte della possibilità di comporre la controversia in via stragiudiziale.
Si auspica che l’indicazione di tentare la conciliazione sia utilizzata da un giudice dopo che si è letto gli atti introduttivi e le memorie ex art. 183, sesto comma, cod. proc. civ. e che dia alle parti un minimo indirizzo per la fase conciliativa. La sollecitazione del giudice dovrebbe intervenire nell’ambito di controversie nella quali le parti avranno già dato mostra di disponibilità transattive.
Pertanto sarebbe auspicabile che nella prassi se ne faccia un uso “ragionato”, anche per evitare che si trasformi in un semplice rinvio nel calendario del processo e di una ” forzata quanto inutile pausa” del processo. La Relazione Ministeriale precisa che il giudice può individuare nuovi spazi di composizione della controversia e invitare le parti a esplorarli anche nell’ipotesi di precedente fallimento di una “mediazione”.
Si fissa in quattro mesi il termine massimo di durata del procedimento di mediazione, decorrente dal deposito della domanda, o, nell’ipotesi di mediazione demandata dal giudice, dal termine fissato da quest’ultimo per il menzionato deposito.
L’articolo 7 del decreto sottrae il periodo di sospensione dal computo del termine oltre il quale la durata del processo è da considerarsi irragionevole ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89. La Relazione Ministeriale precisa che non si tratta di termine perentorio e che per tale ragione non si applica allo stesso la sospensione feriale di cui alla legge 7 ottobre 1969 n. 742.
La conciliazione prevista contrattualmente
Necessita tenere presente che l’obbligo conciliativo potrebbe essere contenuto anche in atti privati anteriori al sorgere della lite: nulla vieta, infatti, di inserire clausole di obbligatoria conciliazione preventiva nell’ambito di contratti, atto costituivo di un ente o statuti societari.
Ai sensi dello stesso art. 5 se il contratto, lo statuto ovvero l'atto costitutivo dell'ente che sia parte della vertenza prevedano una clausola di mediazione o conciliazione ed il tentativo non risulti esperito, il giudice o l'arbitro, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione e fissa la successiva udienza dopo 4 mesi. Allo stesso modo il giudice o l’arbitro fissa la successiva udienza quando la mediazione o il tentativo di conciliazione sono iniziati, ma non conclusi.
Abrogazioni e Disposizioni transitorie
Sono abrogati gli articoli da 38 a 40 del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, sulla conciliazione societaria e si stabilisce che i rinvii operati dalla legge a tali articoli si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del presente decreto.
Viene fatta salvezza delle disposizioni che prevedono procedimenti obbligatori di conciliazione e mediazione, comunque denominati (410 ss. del codice di procedura civile o dall’articolo 46 della legge 3 maggio 1982, n. 203).
L’articolo 5, comma 1, non tocca le materie attualmente soggette a condizione di procedibilità in base ad altre normative.
24/10/2012
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